testo integrale con note e bibliografia

1. Finalità e interferenze dell’applicazione delle tecnologie di intelligenza artificiale in ambito giurisdizionale

L’evoluzione tecnologica sta attraversando una fase di sviluppo senza precedenti, interessando tutti i settori, incluso quello giurisdizionale.
Il rapporto tra l’impiego delle tecnologie più evolute e il settore della giustizia può essere declinato in vario modo, presentando molteplici implicazioni, particolarmente evidenti con riferimento, in specie, al diritto amministrativo.
La Giustizia amministrativa, infatti, è stata la prima a confrontarsi con le problematiche derivanti dall’utilizzo delle nuove tecnologie nei procedimenti amministrativi, fornendo riscontro alle esigenze di tutela degli interessati anche attraverso l’accesso ai codici sorgente e svolgendo analisi che hanno incluso la disamina delle varie tipologie di algoritmi, con approfondimenti estesi anche alle differenze tra quelli deterministici, caratterizzati da una rigida concatenazione causale, gli algoritmi non deterministici, incentrati su logiche probabilistiche e quelli basati su modelli di intelligenza artificiale, i quali operano attraverso processi di apprendimento automatico (machine learning), ulteriormente classificabili a seconda che tale apprendimento sia supervisionato o meno .
Attualmente, l’attenzione si sta focalizzando con crescente intensità sul controllo giurisdizionale, alla luce sia delle coordinate progressivamente tracciate dalla regolazione unionale e nazionale sia del crescente impiego di queste tecnologie nelle amministrazioni pubbliche e da parte degli operatori economici nell’ambito di procedimenti amministrativi, tra i quali, in particolare, le procedure di selezione negli appalti pubblici .
In tale contesto, il giudice amministrativo assume sempre più chiaramente il ruolo di baluardo della riserva di umanità nel processo di osmosi tra impiego delle tecnologie più evolute e diritto e sebbene l’attenzione sia stata sinora prevalentemente concentrata su applicazioni non connotate da un elevato gradiente di rischio, per il ricorso a tecnologie più facilmente governabili, quali ad esempio gli algoritmi di tipo sequenziale o deterministico, questo quadro è in rapida evoluzione e si arricchisce di ulteriori aspetti che coinvolgono anche le soluzioni infrastrutturali adottate dalle amministrazioni pubbliche. Il riferimento è, in specie, alle tecnologie cloud; in conseguenza dell’attuazione del principio cloud first, costituente uno dei pilastri della strategia nazionale di trasformazione digitale, il cloud è divenuto il “luogo” nel quale si svolge attività giuridicamente rilevante, assistendosi, a livello della regolazione nazionale sull’intelligenza artificiale, alla prospettiva di introduzione di vincoli ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla normativa sinora vigente .
All’ambito di analisi sopra sinteticamente descritto se ne aggiunge uno ulteriore, parimenti cruciale, costituito dall’impiego delle tecnologie in esame all’interno del contesto più strettamente giurisdizionale. Anche in questa prospettiva, la Giustizia amministrativa, nel solco di un approccio di apertura all’evoluzione tecnologica che da tempo la pone su di un piano di avanguardia a livello non solo nazionale ma europeo e internazionale, ha realizzato una specifica progettualità che include diverse casistiche applicative, la cui elaborazione, per le modalità di ideazione e attuazione, non solo costituisce un utile modello di riferimento per l’integrazione delle nuove tecnologie (che potrà essere messo a confronto con altri analoghi quando saranno realizzati e illustrati con sufficiente livello di analisi) ma consente anche di evidenziare profili di generale interesse e rilevanza in ordine alle implicazioni che scaturiscono dall’uso delle tecnologie di intelligenza artificiale nel contesto in argomento .
Deve rilevarsi, infatti, che la ragione più immediata che sollecita, in ogni ambito, l’introduzione delle tecnologie in esame è costituita dall’efficientamento dei processi interni, con l’obiettivo di assicurare standard qualitativamente e quantitativamente sempre più elevati dei servizi offerti.
Sarebbe però miope una concezione di impiego delle tecnologie di intelligenza artificiale nel settore giurisdizionale che ponesse al centro solo l’efficienza intesa come più rapido e meno gravoso espletamento dei vari segmenti nei quali si articolano le attività, per l’evidente considerazione che queste tecnologie applicate in tale ambito sono suscettibili di determinare una incidenza, densa di delicate implicazioni, sul sistema delle tutele, imponendosi garanzie di salvaguardia di valori di cruciale rilievo costituzionale che permeano l’esercizio delle funzioni giurisdizionali.
A venire in rilievo è, in primo luogo, il principio dell’indipendenza del giudice che deve pervadere ogni dimensione del suo operare, inclusi i mezzi tecnologici utilizzati, cui strettamente si correlano irrinunciabili garanzie, in grado di assicurare la trasparenza giudiziaria.
Si comprende, dunque, la ragione per la quale il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio UE n. 1689 del 2024, cd. “AI Act”, abbia incluso i sistemi di intelligenza artificiale destinati all’amministrazione della giustizia tra gli impieghi “ad alto rischio”, con esclusione, però, delle “attività amministrative puramente accessorie, che non incidono sull’effettiva amministrazione della giustizia nei singoli casi, quali l'anonimizzazione o la pseudonimizzazione di decisioni, documenti o dati giudiziari, la comunicazione tra il personale, i compiti amministrativi o l’assegnazione delle risorse”, alle quali non si è ritenuto opportuno estendere la classificazione di rischio elevato (considerando 61).
A livello nazionale, inoltre, è in discussione in Parlamento il disegno di legge di iniziativa governativa recante disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale (A.C. 2316), presentato al Senato della Repubblica in data 20 maggio 2024, approvato in prima lettura il 20 marzo 2025 e quindi trasmesso alla Camera dei deputati dove è stato assegnato alle Commissioni riunite IX Trasporti e telecomunicazioni e X Attività produttive. Il testo allo stato disponibile espressamente riserva in via esclusiva al magistrato le decisioni concernenti l’interpretazione e l’applicazione della legge, la valutazione dei fatti e delle prove e l’adozione dei provvedimenti
Su di un piano generale, la disciplina nazionale si pone in linea con l’approccio seguito a livello unionale che considera la particolare delicatezza l’impiego delle tecnologie di intelligenza artificiale in ambito giurisdizionale ma una valutazione adeguata non potrà che essere differita all’approvazione del testo definitivo, potendosi, allo stato, solo rilevare che anche una applicazione circoscritta all’organizzazione dei servizi e alla semplificazione del lavoro è suscettibile di dispiegare una incidenza, a seconda delle modalità concrete con cui può essere attuata, sulle garanzie di indipendenza costituzionalmente garantite.
Non meno rilevante è osservare che la realizzazione dei progetti di intelligenza artificiale nel settore giurisdizionale non può omettere di considerare un ulteriore ed essenziale aspetto costituito dalle opportunità offerte da queste tecnologie in quanto suscettibili di fungere da contrappeso dell’innovazione tecnologica di cui in maniera diversa possono disporre coloro che chiedono giustizia. Si tratta di un profilo che proprio la Giustizia amministrativa ha avuto il merito di aver per prima valorizzato nella considerazione che l’intelligenza artificiale impiegata al proprio interno - sempre con una connotazione esclusivamente strumentale e servente rispetto all’attività di pertinenza esclusiva del giudice -, è a beneficio della comunità in nome della quale il potere deve essere esercitato, in modo eguale, scongiurando che gli esiti del giudizio possano dipendere dalla disparità di forze e da insidiose diseguaglianze, causate da un’asimmetrica disponibilità delle nuove tecnologie .
Il presente contributo si concentra su tale ambito di analisi, restando, invece, estranea l’indagine sul livello di esposizione ai rischi legati all’impiego dell’IA nel settore della giustizia al di fuori di ecosistemi controllati realizzati all’interno delle giurisdizionali, sul modello di quello attuato dalla Giustizia amministrativa.

2. Elaborazione della strategia di impiego concreto delle tecnologie di intelligenza artificiale

L’introduzione di strumenti basati sull’impiego dell’intelligenza artificiale nell’ambito giurisdizionale richiede la definizione preliminare di una strategia complessiva, nella quale siano chiaramente tracciate le direttrici operative e prospettati scenari evolutivi di breve e medio periodo.
Come in precedenza evidenziato, il livello della regolazione si è progressivamente arricchito e dal già richiamato AI Act emergono precise prescrizioni alle quali è necessario dare attuazione; a breve, inoltre, sarà completato l’iter di approvazione della legge nazionale relativa all’intelligenza artificiale, concepita per rispondere all’esigenza di introdurre un sistema di principi di governance e di misure specifiche calibrate sul contesto nazionale per mitigare i rischi connessi all’uso di queste tecnologie e cogliere, al contempo, le opportunità dalle stesse offerte.
L’elaborazione di una strategia di impiego delle tecnologie di intelligenza artificiale risulta, dunque, agevolata dalle coordinate tracciate dalla regolazione, potendosi individuare alcuni punti fermi che non possono essere revocati in discussione, tra i quali: la riserva riferita al processo decisionale che «deve rimanere un’attività a guida umana»; l’espressa esclusione tra le attività ad alto rischio di quelle «amministrative puramente accessorie», che includono l’anonimizzazione delle decisioni, la comunicazione tra il personale, i compiti amministrativi; la inclusione tra i sistemi ad alto rischio di quelli destinati ad essere usati nella «ricerca e nell’interpretazione dei fatti e del diritto», nonché nella «applicazione della legge a una serie concreta di fatti o a essere utilizzati in modo analogo alla risoluzione delle controversie».
Ad emergere è una visione antropocentrica che permea l’impiego di queste tecnologie in modo particolare nel settore della giustizia, come, del resto, imposto, a monte, dai fondamentali principi costituzionali che affidano l’esercizio delle funzioni giurisdizionali al giudice, persona fisica, naturale e precostituito per legge, terzo e imparziale, soggetto solo alle leggi.
Né possono essere trascurati ulteriori principi che trovano fondamento nella Costituzione; il riferimento è, in specie, al principio dello sviluppo sostenibile di cui all’art. 9 Cost., ribadito nell’art. 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, fortemente implicato dall’impiego delle tecnologie in esame e che strettamente si salda con il principio della solidarietà sociale.
Il quadro unionale e nazionale nel quale si inserisce l’integrazione dei processi “tradizionali” con gli sviluppi tecnologici più avanzati, peraltro, risulta pienamente convergente con obiettivi rilevati a livello internazionale. Nel documento “Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2023 per lo sviluppo sostenibile”, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha declinato un’ampia gramma di priorità, specificamente considerando, tra gli altri, la crescita economica inclusiva e sostenibile, la tutela dell’ambiente, l’uguaglianza sociale e di genere, la giustizia e la pace, attribuendo rilevanza alla costruzione di infrastrutture solide per favorire l’innovazione, all’utilizzo responsabile delle risorse, oltre che all’accesso alla giustizia per tutti con istituzioni efficaci, responsabili e solidali; giova precisare, al riguardo, che tutti i 193 Stati membri delle Nazioni unite hanno ratificato l’Agenda 2030, impegnandosi, dunque, a declinare nelle loro politiche detti obiettivi.
La necessità di assicurare la sostenibilità ambientale è strettamente connessa con il non trascurabile profilo costituito dalla sostenibilità sul piano economico, in una congiuntura nella quale gran parte delle amministrazioni pubbliche devono provvedere ad adempiere a numerosi obblighi introdotti, ad invarianza finanziaria, in materia, in specie, di cybersicurezza .
Entro la cornice sinteticamente descritta, permane, comunque, una gamma di scelte che le amministrazioni del settore della giustizia possono effettuare e che dipendono non solo dalle policy di fondo che le singole istituzioni intenderanno perseguire ma anche da altri fattori che incidono sulla loro concreta praticabilità.
È evidente, infatti, che l’avvio delle progettualità di intelligenza artificiale postula la disponibilità di una infrastruttura adeguata e, in relazione a tale aspetto, come in precedenza evidenziato, nella strategia nazionale di trasformazione digitale centralità viene attribuita alle tecnologie cloud, oggetto non solo di nuove previsioni che figurano, come sopra esposto, nel testo del disegno di legge in discussione in Parlamento, ma di ampi dibattiti a livello unionale che afferiscono all’avvertita esigenza di attenuare se non di superare il sostanziale dominio delle grandi aziende americane, le cui tecnologie sono impiegate dallo stesso Polo Strategico Nazionale .
Per molte amministrazioni pubbliche nazionali, la migrazione su cloud ha costituito una ineludibile necessità, avendo dovuto confrontarsi con le esigenze di adeguamento delle proprie infrastrutture alle indicazioni stabilite dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) nei Piani triennali per l’informatica nella pubblica amministrazione; in esito al censimento espletato nel 2019, infatti, è emersa l’inadeguatezza di molti data center, non in grado di assicurare affidabilità e continuità dei servizi, con conseguente preclusione della loro ulteriore implementazione.
Questa tecnologia consente di disporre di un sistema efficiente di continuità operativa, oltre che di un sistema di disaster recovery su cloud, assicurando una sicurezza maggiore rispetto alle infrastrutture di cui le amministrazioni pubbliche hanno potuto disporre nel recente passato, cui si aggiunge una maggiore agilità operativa, con accesso più veloce all’innovazione, dovendosi altresì considerare che lo sviluppo delle progettualità di intelligenza artificiale e le loro successive evoluzioni presuppongono la disponibilità di adeguate risorse computazionali.
I maggiori player mondiali stanno implementando soluzioni attente ai profili ambientali potendo disporre di risorse finanziarie tali da consentire investimenti mirati in tecnologie avanzate per la gestione dell’alimentazione elettrica e del raffreddamento, progettate con criteri di efficienza energetica che permettono di mitigare l’impatto ambientale derivante dall’elevato numero di server gestiti. L’uso di servizi cloud, inoltre, implica l’impiego condiviso di risorse come reti informatiche, macchine computazionali e infrastrutture fisiche ottimizzate per garantire la massima efficienza possibile, limitando gli sprechi e conseguendo considerevoli economie di scala attraverso una migliore gestione delle risorse hardware e un’efficace ottimizzazione dei processi operativi. In tale ottica, l’impiego di fonti energetiche rinnovabili per alimentare le infrastrutture digitali rappresenta un passaggio cruciale, specialmente se integrato con reti intelligenti decentralizzate capaci di gestire e distribuire in maniera flessibile l’energia prodotta da fonti rinnovabili, adeguandosi alle diverse necessità operative.
Nell’elaborazione di una strategia di impiego delle tecnologie di intelligenza artificiale, inoltre, dovranno essere tenuti in debita considerazione ulteriori aspetti, tra i quali il livello della digitalizzazione dei processi interni già raggiunto, essenziale in quanto queste tecnologie richiedono la disponibilità di una consistente quantità di dati sicuri e controllati, oltre che di elevata qualità per il loro impiego nell’addestramento dei modelli.
Carattere preliminare riveste, altresì, l’analisi dello stato delle competenze digitali degli utenti e più in generale la considerazione della «sensibilità» correlata all’impiego di queste tecnologie anche su di un piano etico, non essendo neppure immaginabile l’avvio di progettualità sfidanti quali quelle in esame in presenza di carenze nella alfabetizzazione in materia digitale.
Muovendo, inoltre, dalla considerazione della limitatezza delle risorse economiche disponibili, particolare cura dovrà essere riservata al business planning, con individuazione dei benefici attesi nel breve e nel medio periodo, che devono essere concretamente misurabili, e con la definizione delle priorità mediante la considerazione delle specificità del lavoro del giudice, quale che sia il Plesso nel quale opera.
Le considerazioni sinora svolte sono funzionali a porre le basi per l’elaborazione di una strategia efficace, nella prospettiva della creazione di un ecosistema interno sicuro e supervisionato, connotato da garanzie adeguate alla sensibilità e delicatezza del contesto nel quale queste tecnologie vengono impiegate e nella prospettiva di implementazioni future credibili e sostenibili. In tal modo si traguarda l’obiettivo di una velocizzazione del processo necessario per promuovere approfondimenti consapevoli e critici preservando la stessa integrità delle decisioni, rimesse in via esclusiva al giudice.
Da non trascurare sin dalla fase di elaborazione di una strategia di impiego di queste tecnologie è anche la necessità di una matura consapevolezza in ordine al peso da attribuire all’esternalizzazione. La logica da seguire non può essere quella di una esternalizzazione incontrollata - confidando, illusoriamente, in qualche forma di deresponsabilizzazione - bensì di una governance talmente forte da permettere sviluppi interni plasmati sulle specifiche esigenze da soddisfare, con conseguente imprescindibilità di una precondizione costituita dalla disponibilità al proprio interno sia di risorse tecniche idonee sia di un nucleo di utenti qualificati (giudici in possesso di competenze informatiche adeguate), profilo, questo, sul quale si tornerà nella sviluppo della presente trattazione.

3. Incidenza della strategia adottata sulle scelte operative
La definizione delle specifiche applicazioni concrete di utilizzo dell’intelligenza artificiale, la cui individuazione incide sulle stesse tecnologie utilmente impiegabili, non può che seguire l’elaborazione di una strategia complessiva.
Alla luce dei vincoli derivanti dalla regolazione e tenuto conto del livello di digitalizzazione raggiunto all’interno delle singole amministrazioni, ragionevolmente, in una fase di prima applicazione, le tecnologie in esame potranno rivelarsi preziose per migliorare la gestione nell’organizzazione delle attività, favorire la riduzione dei tempi di esecuzione di attività accessorie, promuovere l’efficientamento di attività amministrative legate all’esercizio delle funzioni giurisdizionali.
Nonostante i rapidi sviluppi ai quali stiamo assistendo, i sistemi di intelligenza artificiale generativa, tra i quali i foundation model, basati su reti neurali addestrate con algoritmi di deep learning, di cui i large language model (LLM) costituiscono l’esempio più diffuso, suscitano diversi interrogativi, in particolare in relazione al principio di trasparenza giudiziaria e alla necessità di garantire la stessa integrità delle decisioni e l’indipendenza del giudice. A differenza di un processo decisionale umano (o di un algoritmo più semplice), non sempre è possibile ricostruire in modo chiaro la logica che conduce a un determinato output, tanto è vero che questi sistemi sono spesso percepiti come “black-box”.
Un nuovo settore di ricerca, denominato Explainable AI, fornisce dei criteri operativi utili al fine di rendere trasparenti i complessi e spesso oscuri algoritmi di apprendimento automatico, con esiti, tuttavia, ancora non pienamente affidabili in specie quanto all’elaborazione di testi e che, in ogni caso, devono essere verificati in concreto, avuto riguardo al contesto nel quale si inseriscono i sistemi di intelligenza artificiale generativa.
A venire in rilievo sono, infatti, sistemi difficili da governare e che possono determinare fenomeni di c.d. di allucinazione, ovvero informazioni inesatte o inventate, oppure anche fenomeni di overfitting, quando il modello si adatta troppo ai dati di addestramento specifici o di overgeneralization, quando il modello, all’opposto, generalizza troppo .
Il problema, dunque, dell’impiego di questi sistemi di intelligenza artificiale per la generazione di testi in ambito giudiziario non è tanto quello della possibilità tecnica quanto quello della affidabilità e conformità a principi fondamentali ai quali deve essere conformato l’esercizio dell’attività giurisdizionale.
Quanto sinteticamente esposto suggerisce di privilegiare, nell’attuale fase, casistiche applicative che non siano in alcun modo suscettibili di intaccare la profondità e la qualità della conoscenza, attraverso il ricorso ad un complesso di guard rail, come tecnicamente vengono definiti i meccanismi e le strategie per preservare un uso responsabile e affidabile delle tecnologie di intelligenza artificiale che consentono di velocizzare il processo necessario per promuovere approfondimenti consapevoli e critici.
Nella descritta direzione, particolare cura deve essere riservata alla selezione dei dati di addestramento dei modelli che dovrebbero essere limitati a quelli interni, sui quali l’amministrazione dovrebbe mantenere un saldo governo, senza contaminazioni con fonti esterne e soprattutto con dati sintetici generati da altri sistemi di intelligenza artificiale .
In relazione alle applicazione concrete da realizzare devono essere selezionate e individuate le tecnologie più adeguate; in linea generale, modelli linguistici meno complessi, tra i quali i named entity recognition (NER) consentono il riconoscimento e la classificazione delle entità all’interno di un testo (ad esempio persone, luoghi, organizzazioni, date), dovendosi, invece, fare ricorso ai LLM per l’esecuzione di compiti più complessi, quali la classificazione e il riconoscimento semantico del testo.
La combinazione di più tecnologie, oltre a soddisfare esigenze di performance, contribuisce a rafforzare la sicurezza, rendendo più difficile la riuscita di eventuali attacchi.
Alla sicurezza, infatti, deve essere riconnesso rilievo by design, tenendo conto delle minacce specifiche rivolte contro le tecnologie di intelligenza artificiale; con la denominazione adversarial machine learning, si identificano le principali tecniche di attacco che possono consistere: nel data poisoning attack, attuato attraverso l’introduzione di una porzione di dati contaminati nel training-set del modello in modo che esso impari nel modo sbagliato; nell’evasion attack, attuato attraverso l’introduzione di impercettibili modifiche degli input originari inducendo il modello ad errori di classificazione; nell’extraction attack, il cui obiettivo è quello di recuperare il training set su cui il modello è stato addestrato.
Particolare cura deve, inoltre, essere riservata all’attività di istruzione dei sistemi di intelligenza artificiale e a quella di addestramento, sia nella fase iniziale sia in quella successiva, essendo da prediligere metodologie di fine tuning supervisionato per un periodo congruo e, comunque, non breve, le quali implicano un intenso lavoro da parte di risorse umane adeguate, aventi diverse competenze e capaci di valutare la correttezza dei feedback e i relativi impatti.
In un contesto in rapida evoluzione, dovrà, altresì, essere preservato un certo livello di flessibilità delle tecnologie utilizzate, con la sperimentazione costante di nuovi modelli e metodi per assicurare agilità operativa, con accesso più veloce all’innovazione; il riferimento è, ad esempio, all’emersione degli small language model (SLM), basati sull’architettura transformer ma con un numero di parametri minore rispetto agli LLM, specializzati in determinati ambiti che, per certi impieghi e sempre che sia disponga di dati di elevata qualità, possono risultare più appropriati e maggiormente sostenibili anche in termini economici; oppure, ancora, si pensi all’ultima frontiera costituita dagli agent, sistemi in grado di operare come un collaboratore virtuale che consentono di superare le esigenze di micro prompting, richiedendo però sempre alta sorveglianza, test e solide procedure di safety.
Si osserva, infine, che perché il cruciale tema della sostenibilità non si risolva in una mera petizione di principio, accanto a scelte infrastrutturali attente a tale aspetto, occorrerà elaborare e impiegare processi che garantiscano forme di minimizzazione. Al riguardo, prezioso può rilevarsi l’impiego di algormi di quantizzazione, che consentono di trasformare dati ad alta dimensionalità in uno spazio compresso senza compromettere significativamente le prestazioni, permettendo minor consumo di energia, occupazione di minori risorse e quindi anche minori costi, minore latenza e maggiore velocità.

4. Centralità del ruolo del giudice nella definizione dell’architettura dei prodotti, nell’istruzione e nell’addestramento: il leading case della Giustizia amministrativa.
Lo sviluppo di tecnologie basate sull’impiego dell’intelligenza artificiale concretamente applicate ai sistemi giudiziari deve confrontarsi con le stratificate garanzie che negli ordinamenti contemporanei circondano l’organizzazione e l’esercizio delle funzioni statuali e, tra di esse, della giurisdizione.
Negli studi più recenti si è osservato come l’innovazione tecnologica sia divenuta un fattore costitutivo dello spazio giuridico entro cui agiscono gli apparati pubblici, così da tradurre, per lo più all’interno di un quadro normativo pressoché invariato, l’innovazione digitale in una caratteristica interna, e ormai essenziale, dell’organizzazione e dell’esercizio dei poteri pubblici .
E’ così emerso anche un nuovo e ulteriore attributo dello Stato che, qualificato come digitale, viene ora guardato come “Stato che regola i processi di digitalizzazione” e “come Stato che digitalizza se stesso” , in modo “da definire una generale proiezione dell’ordinamento verso la sfera digitale e una corrispondente costruzione dello Stato digitale, intesa come dimensione in cui si esplicano i tradizionali poteri” .
Tali effetti risultano oltremodo evidenti nel processo amministrativo. Quest’ultimo, grazie a un’opera di incessante innovazione, ha, infatti, acquisito consistenza e dimensione organizzativa esclusivamente digitale, si è venuto a fondare su automatismi e canali di accesso ai fascicoli integralmente elettronici e appare oggi sostenuto e alimentato da raffinati sistemi di acquisizione e conservazione documentale, senza che, tuttavia, siano state in parallelo apportate modifiche di rilievo a carico della disciplina processuale (ancora risalente al d. lgs. n. 104 del 2010), del sistema ordinamentale e della stessa cornice di principio (di matrice costituzionale ed europea), alla cui osservanza è sempre tenuto a conformarsi il complessivo assetto della Giustizia amministrativa.
La constatata necessità di mantenere, dunque, invariata la cornice di riferimento (processuale, ordinamentale, di principio) permette allora di comprendere come la proiezione di un sistema giurisdizionale nella sfera digitale, benché condotta attraverso lo sviluppo tecnologico e la creazione di un’organizzazione fortemente informatizzata, non possa essere realizzata se non attraverso la contestuale trasposizione all’interno del sistema delle garanzie fondamentali.
Ed è alla luce di questa osservazione che si comprende come, nell’approccio che ha guidato l’elaborazione e l’introduzione di sistemi di intelligenza artificiale dedicati all’ambito della Giustizia amministrativa , un ruolo centrale sia stato affidato al corpo dei magistrati, cui è stato devoluto il governo dell’innovazione allo scopo di assicurare che essa avvenga attraverso la costante armonizzazione del processo di informatizzazione alla cornice di riferimento. Tale devoluzione garantisce che il processo sia sempre connotato dall’interazione umana, che la decisione della controversia costituisca attività dell’uomo per l’uomo, e che – come meglio sarà approfondito più avanti – lo sviluppo tecnologico non venga a ledere la legittimazione del sistema giurisdizionale in quanto tale di fronte alla comunità.
L’ambito dei casi di introduzione dell’intelligenza artificiale da parte della Giustizia amministrativa – che qui viene assunta a modello paradigmatico - non è stato quindi soltanto connotato, in un’ottica cautelativa, dalla previsione di impieghi strutturalmente (e sostanzialmente) estranei all’attività decisoria e per lo più diretti ad agevolare l’organizzazione della politica giudiziaria e la distribuzione di fascicoli (attraverso la ricerca delle similarità e delle connessioni), a semplificare le attività di studio da parte dei magistrati (mediante l’estrazione dei dati giurisprudenziali e normativi indicati dalle parti, nonché la ricerca dei precedenti mediante interrogazioni evolute della banca dati), ovvero a migliorare e standardizzare l’attività di oscuramento dei dati sensibili contenuti nei provvedimenti da parte delle segreterie.
Ulteriore tratto saliente, che si aggiunge a tale approccio cautelativo inteso a garantire il carattere strettamente umano della decisione, è il riconoscimento di un fondamentale ruolo operativo del giudice. Questi, affiancato dalla componente tecnica, è, in effetti, chiamato a guidare l’addestramento e ad amministrare, nel contempo, la risposta (feedback) alle interazioni con l’intelligenza artificiale, e ciò come fattore di garanzia connesso, oltreché alla competenza tecnica, alla funzione intrinseca del corpo magistratuale e all’attitudine di quest’ultimo di veicolare, controllare e adeguare da una posizione di indipendenza il comportamento dei sistemi, assicurandone la tenuta non soltanto rispetto alle regole definite dall’AI Act e dalla disciplina di recepimento, ma, in primo luogo, rispetto alla presupposta cornice di principio che presidia l’esercizio della giurisdizione in quanto tale.
La descritta funzione di garanzia, promossa dall’intervento del corpo magistratuale nel corso delle fasi di addestramento dell’intelligenza artificiale, emerge in modo pressoché esemplare nelle fasi di predisposizione di applicativi utilizzati per agevolare l’oscuramento dei dati sensibili presenti nei provvedimenti giurisdizionali.
Al riguardo non può sfuggire come, nel sistema della privacy giudiziaria , l’esigenza di proteggere la riservatezza degli interessati debba essere posta su un piano di ragionevole equilibrio con il dovere, sancito dall’art. 111 Cost. e dall’art. 6 della Convenzione EDU, e incombente sul giudice , di assicurare la comprensibilità del testo della decisione a tutela della legittimazione dell’ordine giudiziario innanzi alla comunità, preservando, senza alterarla se non attraverso la rimozione delle informazioni sensibili nei limiti dello stretto indispensabile, l’intellegibilità della motivazione posta alla base dei provvedimenti.
È la natura giudiziaria del conflitto tra ri¬serbo individuale e conoscenza collettiva della decisione a imporre, allora, che la sua risoluzione avvenga all’interno del circuito giurisdizionale e sia, quindi, sottoposta al controllo del corpo dei magistrati sin dalla fase di predisposizione degli applicativi e degli automatismi volti a facilitare l’attività di oscuramento.
Detto apporto operativo appare, dunque, riservato alla figura del giudice poiché esso accede, in certo senso, all’esercizio stesso della funzione giurisdizionale, risultando collegato “al fine di salvaguardare l’indipendenza della magistratura nell’adempimento dei suoi compiti giurisdizionali, compreso il processo decisionale” , e compresa anche la fase di esternazione della deci¬sione, da ritenersi cruciale dal momento che da tale fase l’ordine giudiziario trae la propria legittimazione di fronte alla comunità .

5. Interconnessioni tra le policy di gestione dei dati e lo sviluppo dell’impiego delle tecnologie di intelligenza artificiale.
La natura, la qualità e la quantità dei dati utilizzati per alimentare la fase di costruzione e di addestramento dell’intelligenza artificiale costituisce, nell’ambito del settore giudiziario, un fattore essenziale e decisivo.
Ciò in quanto l’utilizzo di set di dati sintetici, ancorché opportunamente elaborati per coprire lo spettro delle questioni afferenti agli ambiti legali, non potrebbe comunque sopperire alla numerosità e all’estrema variabilità delle casistiche reali. Pertanto, nelle fasi di sviluppo, costituisce, come nel caso della Giustizia amministrativa, fattore cruciale nelle fasi di implementazione degli applicativi la presenza di un patrimonio documentale comprendente il contenuto dei fascicoli processuali e il testo delle decisioni, informatizzato e suscettibile, grazie all’impiego di cloud altamente performanti, di interrogazioni sicure - anche sotto il profilo della riservatezza e dell’integrità dei dati -, rapide e flessibili.
L’accesso a una rilevante massa di informazioni e la loro elaborazione pone evidenti criticità in termini utilizzo delle risorse computazionali ed energetiche, le quali, come sembra confermare l’esperienza maturata nell’ambito della Giustizia amministrativa, anche nell’ambito legale sembrano in parte attenuarsi grazie all’implementazione di sofisticate tecniche di embedding (lett. incorporamento): queste, attraverso la conversione delle entità semantiche in coordinate n-dimensionali, permettono di tradurre le parole in vettori di parole tracciati in uno spazio multidimensionale, consentendone l’agevole raggruppamento per sinonimi o affinità sulla base della loro distanza nello spazio.
Tale procedura, in effetti, si rivela particolarmente utile sia nel campo della ricerca giurisprudenziale sia nell’individuazione dei giudizi connessi o semplicemente collegati per materia, oggetto o questioni introdotte dalle, perché capace di individuare significati affini e di quantificare il grado di reciproca similitudine tra le parole e i concetti giuridici (che si esprimono attraverso la connessione delle parole) estratti dagli atti e dal testo delle decisioni.
Un secondo aspetto rilevante, cui si deve dare cenno in chiusura, riguarda il fatto che i dati, e in particolar modo i dati estratti nelle ricerche semantiche eseguite sui precedenti giurisprudenziali, potrebbero però tendere, sulla base dell’approccio appena descritto e in assenza di correttivi, a disporsi secondo una gerarchia guidata dal puro grado di affinità linguistica rispetto all’oggetto dell’interrogazione, conducendo a svalutare elementi significativi, connessi all’intrinseco valore reputazionale (ad es. per il numero di citazioni, per la provenienza da un organo di giustizia superiore, ecc.) di ciascun precedente selezionato, alla sua eventuale successiva riforma, alla sua conformità o difformità rispetto a principi consolidati.
Si tratta di un profilo critico, peraltro già emerso negli studi d’oltralpe , che potrebbe prefigurare e agevolare, attraverso gli strumenti dell’intelligenza artificiale, la percezione della dimensione orizzontale della giustizia, e l’insorgere di un principio di equiordinazione logica, nel cui ambito il peso del precedente non verrebbe più a dipendere dalla sua intrinseca autorevolezza o dalla sua provenienza formale, ma dal suo rapporto con l’oggetto dell’interrogazione, e quindi dalla sua utilità rispetto alla risoluzione della controversia, dalla ricchezza di dettagli che lo connota e, in ultima analisi, dalla sua aderenza al caso specifico.

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