testo integrale con note e bibliografia
Il progetto di riforma del regime sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi coglie perfettamente l’ urgenza di razionalizzare la normativa vigente , esito di stratificazioni legislative ad opera di parti politiche diverse, a favore di una disciplina più semplice e duttile nelle sue applicazioni e che corrisponda alla richiesta di maggiore flessibilità nel mercato del lavoro ma compatibile con le tutele costituzionali, come richiamate dalla Corte Costituzionale e dalla giurisprudenza di merito che in questi anni si è occupata della questione .
Questione che si rende ancor più indifferibile anche in prospettiva delle possibili varianti dei meccanismi lavorativi che saranno rese disponibili dalle applicazioni dei sistemi di intelligenza artificiale.
Lo sforzo di sintesi è quindi notevole e il lavoro si concentra, apprezzabilmente,in quanto tema centrale, su una sola parte del sistema di regolamentazione e cioè sulle tutele apprestabili al lavoratore illegittimamente licenziato.
Si ritiene tuttavia che per alcuni aspetti, la sistemazione proposta non sia risolutiva e l’ auspicata semplificazione non raggiunta.
Fermo restando che ogni tempo deve avere una sua legislazione sul tema adeguata alla situazione economica e alle politiche di welfare esistenti , si tratta dunque di una normativa evidentemente variabile,va preliminarmente considerato che i principi generali come enucleabili dalla Costituzione e dalla giurisprudenza formatasi in merito sono i seguenti:
1)l’espulsione del lavoratore dal contesto lavorativo non deve svilupparsi come un evento traumatico
2)la decisione di recesso del datore di lavoro non deve essere il risultato di un illegittimo arbitrio né uno strumento di gestione agevolata delle politiche del personale.
3)le misure di ristoro per il lavoratore che perde l’ occupazione devono essere congrue e proporzionate alla professionalità e alla prestazione svolta complessivamente valutata, secondo un’ottica di personalizzazione della misura
4)Il costo in termini complessivi di un licenziamento deve essere prevedibile per la parte datoriale
5) il diritto al lavoro- da intendersi come bene della vita essenziale - non può essere recessivo rispetto alla libera iniziativa imprenditoriale e alle relative scelte di ottimizzazione dei processi produttivi.
Come già acutamente osservato su questa Rivista (“Dalla due diligence governance alla due diligence liability: le conseguenze sistematiche nel rapporto tra impresa e lavoratori” - prof
Massimo Pallini commento pubblicato il 20.11.2024) una delle questioni da porre al centro di una riforma dal sistema è allora anzitutto quella della responsabilizzazione della scelta datoriale del recesso; in particolare quando la stessa è collegata ad una inadeguata gestione delle risorse aziendali che si riverbera negativamente sull’ andamento dell’impresa.
La flessibilità nelle assunzioni , mediante formule alternative al lavoro a tempo indeterminato, che ha certamente consentito in questi anni un più agevole accesso al mercato con un maggior numero di occupati, recependo la spinta verso forme di economia globali e standardizzate che incentivano la deregolamentazione del diritto del lavoro , ha però anche avuto l’ effetto di deresponsabilizzare la fase della costituzione del rapporto di lavoro.
Pur nella consapevolezza che questo è un processo storico ed economico inarrestabile, un intervento riformatore della disciplina dei recessi, dovrebbe essere quindi preceduto da una riflessione sulle attuali modalità di costituzione di un rapporto di lavoro : occorrerebbe quanto meno introdurre dei meccanismi di sensibilizzazione del datore di lavoro nella gestione delle assunzioni che assicurino una ponderazione sugli eventuali recessi.
Solo una consapevole strategia imprenditoriale di impiego delle risorse umane può infatti evitare recessi illegittimi o arbitrari .
Uno slancio cauto in questa direzione potrebbe effettivamente fare leva sulla riformulazione dell’ art 2086 cc che introduce l’obbligo per il datore di lavoro di dotarsi di una struttura organizzativa adeguata .
Pur non potendosi arrivare all’affermazione , in ragione di tale obbligo, dell’esistenza di un diritto giustiziabile alla corretta gestione aziendale , giungendosi altrimenti alla generale sindacabilità dell’ assetto organizzativo anche ai fini della valutazione della legittimità del licenziamento intimato per ragioni inerenti la crisi aziendale- con una illecita compressione dell’autonomia privata- occorre però richiamare la parte imprenditoriale , soprattutto per le piccole imprese ,sulla interconnessione delle decisioni produttive con le relazioni salariali avviate.
E allora guardando alla regolamentazione proposta nella proposta di riforma che si concentra sulle conseguenze dei recessi, a tale fine potrebbe inserirsi, anche in funzione dissuasiva, il riferimento al secondo comma dell’ art 2086 cc e all’ obbligo qui previsto nell’ ambito della valutazione del comportamento delle parti per la quantificazione del ristoro di cui all’ art 4.
Parimenti efficace allo scopo indicato potrebbe essere la codificazione di una fase preventiva al recesso anche per piccole strutture imprenditoriali :potrebbe essere utile per alcuni profili lavorativi più elevati o con maggiore anzianità lavorativa prevedere la richiesta obbligatoria di un parere preventivo, non vincolante , di un organismo terzo ( es commissioni di conciliazione presso gli ispettorati territoriali del lavoro) da fornire entro 15 gg con la proposta di un ‘eventuale ricollocazione del lavoratore o di una formula contrattuale diversificata (mentre l’ indicazione contenuta nell’ art 10 dell’ articolato e relativa al tentativo di conciliazione interviene solo a recesso intimato).
Di contro convince la scelta di introdurre una disciplina unica per tutti i licenziamenti indipendentemente dalla data di assunzione: la diversità di reazione al recesso ingiustificato non può infatti trovare la sua motivazione in un diverso regime normativo vigente al momento della costituzione del rapporto di lavoro stante l’ ontologica aderenza del vincolo datoriale rispetto alle fluttuazioni sociali ed economiche del contesto nel quale si sviluppa.( del resto già la Corte Costituzionale con le sentenza 128/24 e 59/21 aveva avvicinato i due regimi).
Non pare invece raggiunto l’ obiettivo di garantire quella proporzionalità del ristoro al dipendente espulso immotivatamente , più volte evocata negli arresti giurisprudenziali.
In disparte ogni valutazione sulla attualità della misura reale - la cui imprescindibilità per le forme più gravi di recessi arbitrari , è stata però da ultimo ribadita dalla Corte-la necessità già evidenziata in tutte le discipline sovrappostesi sino ad oggi, di fissare un costo certo aggiuntivo alla reintegra- qui bloccato nel minimo solo per i licenziamenti nulli (art 2), anche nel massimo per quelli ingiustificati ( 12 mensilità- art 3 ) - in alternativa alla reintegra, per i recessi sproporzionati nel minimo e nel massimo (36 mensilità- art 4) in via esclusiva per le piccole imprese ( fino a 18 mensilità) - serve ad una comprensibile logica di contenimento dei costi dello scioglimento del vincolo datoriale in funzione di una maggiore flessibilità in uscita del dipendente. Flessibilità astrattamente produttiva di nuove assunzioni .
Il progetto tenta quindi con sapiente equilibrio,mantenendo il dualismo tutela reale/tutela obbligatoria, una mediazione tra la spinta alla quantificazione aritmetica delle misure economiche( in linea, quindi con la necessità di un recesso consapevole delle conseguenze collegate alla sua ingiustificatezza ) e l’esigenza di una “ personalizzazione del ristoro: le misure economiche fissate numericamente in via generale vengono modulate attraverso il richiamo a parametri più o meno di tipo oggettivo utilizzabili in sede giurisdizionale ( art 3 co 4 e art 4 co 2)
Ma personalizzare la tutela spettante al dipendente illegittimamente allontanato significa anzitutto individuare la protezione che meglio garantisce il suo diritto al lavoro e il valore dell’ occupazione perduta : perché solo la personalizzazione garantisce l’equità del risultato.
Nella proposta di modifica il ristoro economico previsto dall’ art 6 comma 3-che però rimane opportunamente misura esclusiva per le piccole imprese, in ragione del valore della prestazione all’ interno della dimensione aziendale-ancora l’ indennità risarcibile all’ anzianità di servizio del prestatore, al numero dei dipendenti occupati, al comportamento e alle condizioni delle parti,ma continua a prevedere un limite massimo dell’ indennità. Esclusa la tutela reintegratoria , limitare quella economica ad un massimale preclude però la possibilità di garantire una giusta riparazione al dipendente allontanato.
Anche la Corte costituzionale con la sentenza n 18 del 2025 ha ritenuto il massimale per le piccole imprese non compatibile con un equo ristoro: è allora l’ intervento giudiziale, che diventa indispensabile per la personalizzazione richiesta da ultimo dalla Corte, a dover essere ulteriormente orientato.
Quindi per le piccole aziende più che individuare limiti numerici in chiusura ciò che occorre è anzitutto reperire parametri ulteriori per individualizzare la tutela economica : oltre all’anzianità di servizio, alla consistenza economica dell’ azienda, al comportamento di entrambe le parti, rilievo va dato all’ anzianità anagrafica del prestatore, e alla sua eventuale condizione di lavoratore a rischio( es lavoratrici madri) non facilmente ricollocabile nel mercato del lavoro.( elementi questi che devono incrementare la misura economica).Di contro vanno inseriti altri indicatori che devono ridurre percentualmente la misura economica stabilita :le dimensioni dell’ impresa( aziende da 5 a 10 o da 3 a 5 dipendenti) ,l’esperienza del datore di lavoro ( imprese con meno di 5 anni di attività) ,la colpa lieve nella gestione del recesso ( gli errori procedurali già considerati nell’art 6 comma 3).
Il sistema di tutela contro i recessi ingiustificati è giusto solo se individualizzato e proporzionato per entrambe le parti del rapporto contrattuale.
Va da sé che una protezione adeguata passa anche attraverso un controllo giudiziale celere e scrupoloso per l’ attuazione del quale ,il rito processuale attuale non sempre pare adeguato.
