testo integrale con note e bibliografia
Premessa
L’esclusione della misura di coercizione indiretta prevista dall’art. 614 bis cpc dal “progetto Frecciarossa per la riforma del regime sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi'" è un'occasione perduta.
I primi commentatori della riforma del processo civile avevano già ritenuto incomprensibile la ratio che ha ispirato il legislatore auspicando l’applicazione dell’art. 614 bis cpc alle controversie di lavoro subordinato e ai rapporti di collaborazione continuativa per valorizzare lo scopo di prevenzione della misura a garanzia del bene “lavoro” e non per punire il danneggiante.
L’esclusione è irragionevole se si considera, inoltre, che la misura coercitiva si applica a violazioni di obblighi di fare non inerenti la tutela dei diritti fondamentali della persona umana e, pure, tenuto conto del fatto che la reintegra nel posto di lavoro è ormai limitata ai casi più gravi di invalidità del licenziamento.
Eppure la misura coercitiva sarebbe stata coerente con le finalità del progetto di razionalizzare e semplificare la disciplina dei diritti e dei rimedi; di bilanciare gli opposti interessi del lavoro come bene primario della persona e della libertà d’impresa; di attuare i principi costituzionale e modulare la risposta sanzionatoria in termini di effettività e non solo di adeguatezza, proporzionalità e dissuasività del risarcimento.
Avrebbe costituito anche una misura deflazionistica del contenzioso limitando l’abuso del diritto, lo stillicidio di ingiunzioni per il risarcimento e le altre azioni di accertamento dell'inottemperanza e di quantificazione del danno patrimoniale.
La cultura dei rimedi ed il diritto antidiscriminatorio
Sin dal diritto romano il principio di effettività della tutela è espresso nel brocardo Ubi ius ibi remedium, ripreso da Chiovenda con la celebre affermazione secondo cui il processo deve garantire al danneggiato «tutto quello e proprio quello» che il diritto sostanziale gli riconosce .
Anche nell’esperienza di common law e nel diritto eurounitario i rimedi precedono i diritti e in Italia, a partire dagli anni 70, si è sviluppata la “cultura dei rimedi” elaborando una nozione moderna che qualifica i diritti dei lavoratori in termini di effettività e prevede specifiche misure di coercizione indiretta (artt. 18 e 28 L. 300/70; 114, quarto comma, lett. e del d.lgs. n. 104/2010 ).
Importanti misure sono previste nel Codice delle pari opportunità per la tutela antidiscriminatoria: dall’accesso al lavoro, alla formazione e progressione professionale, alle condizioni di lavoro compresa la retribuzione (artt. 27, 28, 29, 31, 32, 33, 34), alle forme pensionistiche e complementari (artt. 30 e 30 bis) e nei casi di violazione del divieto di licenziamento per causa di matrimonio (art. 35).
Le misure coercitive indirette antidiscriminatorie previste per la protezione dei diritti fondamentali della persona realizzano esiti rafforzati rispetto alla reintegra nel posto di lavoro che pure ha il medesimo scopo di scongiurare la deriva risarcitoria del diritto leso e garantire l’effettività.
Si pensi, ad esempio, alla norma che disciplina il provvedimento avverso le discriminazioni (art. 38) che prevede, nel caso di inottemperanza, la condanna al pagamento dell’ammenda fino a € 50.000 o all’arresto fino a sei mesi; così anche la sentenza che accerta la discriminazione a carattere collettivo senza vittime (art. 37, d. lgs. n. 198/2006, comma 3) che prevede, oltre al risarcimento del danno non patrimoniale, la definizione di un piano di rimozione attribuendo al giudice il potere di fissare i criteri, anche temporali, da osservarsi ai fini dell’attuazione e (comma 5), nel caso di inottemperanza, il pagamento dell’ammenda fino a € 50.000 o all’arresto fino a sei mesi oltre al pagamento di una somma di € 51 per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento da versarsi al Fondo adeguamento pensioni dei lavoratori .
Ma vi è di più!
Tra le misure di coercizione indiretta per ogni accertamento di discriminazione il Codice di pari opportunità prevede, altresì, all’art. 41: la revoca dei benefici accordati con leggi dello Stato e del contratto di appalto per i datori di lavoro che abbiano avuto commesse inerenti l’esecuzione di opere pubbliche, di servizi o forniture; la sanzione accessoria interdittiva, nel caso di recidiva, con l’esclusione per un periodo di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessioni di agevolazioni finanziarie creditizie, ovvero da qualsiasi appalto e, anche, per l’inosservanza dei divieti di discriminazione (comma 2) l’applicazione dell’ammenda da € 250 a 1500.
Di fronte a strumenti tanto incisivi previsti nel diritto civile e nel diritto antidiscriminatorio, la mancata applicazione dell’art.614 bis cpc alla reintegra nel posto di lavoro tradisce le finalità della proposta di riforma elaborata da Freccia Rossa e, ad avviso della scrivente, i principi del nostro ordinamento sin dalle sue più antiche radici.
L’art. 47 CDFUE, la diretta applicazione del diritto antidiscriminatorio ed i profili di incostituzionalità
La mancata previsione nell’ordinamento interno di misure coercitive nell’ambbibto delle controversie di lavoro contrasta con il principio di effettività dei rimedi, codificato non solo dagli artt. 24 e 111 Cost. ma anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (artt. 6 e 13.1).
Principio da ultimo affermato dalla Carta europea dei diritti fondamentali all’art. 47 che, nel riconoscere il diritto al ricorso effettivo a tutela dei diritti e delle libertà garantite dall'Unione, valorizza la nozione stessa di “giustizia”, intesa come procedimento giurisdizionale con la Corte di Giustizia europea al centro del sistema.
Rilevante è il dibattito sulla funzione propulsiva e di controllo dell’art. 47 CDFUE grimaldello per l’affermazione del diritto ad un ricorso effettivo ma, soprattutto, ad un rimedio effettivo idoneo a realizzare piena tutela e, nel caso di licenziamento illegittimo, di ottenere la rimessione in pristino della situazione alterata, secondo il canone della migliore tutela , limitando il risarcimento pecuniario solo ai casi in cui la situazione è irrimediabilmente modificata.
L’applicazione del diritto UE è diretta ed il giudice interno che rileva profili di contrasto tra le misure di tutela ordinaria e quelle previste dal diritto civile e dal diritto antidiscriminatorio è tenuto a sollevare incidente di costituzionalità.
In particolare, l’art. 614 bis cpc pone seri dubbi di costituzionalità con riguardo all’ottemperanza dell'obbligo di reintegra in considerazione della rilevanza del valore della persona nel lavoro che non merita una tutela inferiore a quella che la disciplina il divieto di licenziamento nel caso di matrimonio o che garantisce per il credito retributivo.
La questione è rilevante per una serie di violazioni sinteticamente esposte :
- art. 3 per irragionevole disparità di trattamento tra lavoratori nelle forme previste ai nn. 1, 3, 4 e 5 dell’art. 409 c.p.c. rispetto a quelli al n. 2; tra lavoratori privati e pubblici attribuiti alla giurisdizione amministrativa esclusiva, tra lavoratori che esercitano l’azione per la tutela ordinaria e chi agisce per quella discriminatoria; tra lavoratori e contraenti di diritto privato nessuna tra suddette situazioni giuridiche essendo meritevole di minor tutela;
- art. 24, 111, 117 quale parametro interposto degli artt. 47 CDFUE, 6 e 13 CEDU sotto il profilo della lesione del diritto d'azione come diritto ad una tutela effettiva per l’attuazione del diritto sostanziale al lavoro;
- artt. 2 e 35 per la violazione dei principi di solidarietà e tutela del lavoro in tutte le sue forme e della personalità del lavoratore nella formazione sociale in cui opera,
- dell’art. 41, 2° comma, per non porre alcun limite alla discrezionalità dell'imprenditore nell'esercizio dell'attività economica in contrasto con la dignità del lavoratore, nonostante per altre tipologie contrattuali le misure coercitive siano applicabili (ad es. nel diritto industriale e nel diritto antidiscriminatorio) anche in forza di specifiche disposizioni di legge senza che contrastino con il principio di libertà dell’iniziativa economica.
Conclusione
Il legislatore ben può limitare l’applicazione della tutela reintegratoria ai casi di licenziamento illegittimo più gravi ma è indubitabile che, ove tale scelta sia compiuta, l'effettiva ripresa della prestazione di lavoro con il reinserimento nell'ambiente lavorativo costituisce un bene di valenza costituzionale superiore direttamente ricollegabile alla dignità del lavoratore, alla sua personalità morale e civile .
Di contro, la condotta del datore di lavoro che non ottempera all’ordine di reintegra assume un evidente carattere odioso e ritorsivo, intenzionalmente volto a discriminare chi ha scelto di esercitare il suo diritto di difesa in giudizio.
Garantire ai lavoratori licenziati illegittimamente la medesima tutela assegnata ai lavoratori discriminati significa dare, non solo, effettività e certezza dei diritti ma anche credibilità e autorevolezza ai provvedimenti giurisdizionali che, nell’attuale e progressiva crisi di valori, appaiono alla gran parte dei consociati inutiliter data se possono essere ignorati senza conseguenze.
