testo integrale con note e bibliografia

Uno degli obiettivi che si prefigge il lavoro del Gruppo è quello di “ offrire una disciplina unitaria in grado di garantire, allo stesso tempo, un adeguato livello di tutela per i lavoratori e un quadro prevedibile e stabile per le imprese”.
Premesso che decidere un licenziamento, singolo o collettivo, è sempre complicato, per i risvolti, etici e morali, anche in quei casi dove il licenziamento può sembrare l’unica arma da utilizzare e cioè furto di materiali, assenze ingiustificate, rissa, giusta causa, riduzioni di attività.
Se a questo aggiungiamo anche le conseguenze, talvolta non prevedibili, che la frammentazione di regole, sul regime delle sanzioni dei licenziamenti illegittimi, nel corso degli anni succedutesi e modificatesi, si comprenderanno bene le problematiche che si possono generare nell’organizzazione aziendale.
Ben vengano, quindi, regole unitarie e organiche che possano dare maggiori certezze alle parti, sia esso dipendente che datore di lavoro.
L’esperienza ventennale di conciliatore Federmanager (Organizzazione maggiormente rappresentativa di dirigenti, quadri apicali e professional delle società che producono beni e servizi in Italia), ed anche di Direttore HR, mi fa preferire, sempre, e laddove possibile, per una soluzione pro Conciliazione, con soluzioni che considerino sempre al primo posto gli interessi del dipendente, essendo lo stesso parte debole della trattativa.
Mi soffermerò, pertanto, in questo breve scritto, sull’art Art. 9 del progetto di riforma riguardante l’Offerta di conciliazione e sulle ipotesi in esso previsto.
Ogni tentativo di evitare il giudizio, secondo me deve essere sempre perseguito; in tutti i casi e non solo per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, questo anche a beneficio del carico di lavoro dei Tribunali e per ridurre il tempo (anni!!) medio necessario per una sentenza di primo grado.
- La misura delle mensilità, rapportata agli anni di lavoro, mi sembra una scelta felice perché l’anzianità lavorativa è una valutazione asettica, che tiene conto del valore della professionalità raggiunta dal dipendente e riconosciuta dall’azienda con la sua retribuzione mensile; forse potrà sembrare datata, ma garantisce il lavoratore e dà certezze sulla quantificazione dell’importo
- Molto apprezzabile, soprattutto chiarificatrice e confermativa, è la previsione che l’importo, che il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, nelle sedi garantite, non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale. Importante perché raggiunge, da una parte, l’obiettivo per l’azienda di avere ben definito il costo da sostenere e, dall’altro, per il dipendente, di fare affidamento su una somma netta sulla quale non ci saranno ricalcoli successivi da parte dell’Agenzia delle Entrate.
- Sul metodo di pagamento, assegno circolare, avrei qualche dubbio, non fosse per il fatto che oggi è un mezzo abbastanza desueto; un bonifico sul conto corrente bancario, magari istantaneo, è forse molto più pratico.
- Sulle eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a titolo transattivo, sulla cessazione del rapporto o a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro, e la previsione di assoggettarle a tassazione al regime fiscale ordinario, ritengo invece che sarebbe molto più vantaggioso, per il dipendente, che queste somme fossero sì assoggettate ad imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), ma l’aliquota andrebbe determinata con i criteri di cui agli artt. 17 e 19 TUIR (TFR ed equipollenti). L’occasione della proposta di riforma è senz’altro utile a rendere chiaro e certo, senza nessun dubbio, il procedimento fiscale e la conseguente tassazione da applicare.
- Sul monitoraggio e valutazione, istituito dalla legge 92 del 2012, la previsione di integrare il modello UNILAV, entro i 65 giorni dalla cessazione del rapporto, con la notizia dell’avvenuta, ovvero della non avvenuta conciliazione, è una scelta molto importante perché permette al sistema di valutazione di fornire agli addetti ai lavori notizie, quasi in tempo reale, sull’applicazione di un istituto, la conciliazione, che può, ne sono convinto, cambiare il trend delle vertenze sui licenziamenti e ridurre il tasso di litigiosità.

Una riflessione finale, ma soprattutto una “provocazione”
Una indagine sulle risoluzione dei rapporto di lavoro dirigenziale (riferita all’anno 2021) ha evidenziato che un’alta percentuale, (circa il 68%), viene conclusa consensualmente con la sottoscrizione di una conciliazione, anche a seguito di licenziamenti dove l’invalidità è manifesta alle parti, spesso, anche prima della certificazione della sentenza del Giudice. E’ vero anche che il dirigente, soprattutto il Top Manager, rispetto alle altre categorie di lavoratori dipendenti, operai, impiegati e quadri, ha forza contrattuale maggiore e quindi riesce, più degli altri, a far valere questa sua forza nel confronto con l’azienda.
Nel contratto dei dirigenti si raggiunge questo alto numero di risoluzioni consensuali forse perché il regime sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi esclude dall’ambito soggettivo di applicazione la categoria dei dirigenti?!!!!
-

Questo sito utilizza cookie necessari al funzionamento e per migliorarne la fruizione.
Proseguendo nella navigazione acconsenti all’uso dei cookie.