Testo integrale con note e bibliografia

1. Premessa

La legge 17 dicembre 2021, n. 215, di conversione del d.l. n. 146/2021, cd. “decreto fiscale”, contiene all’art. 13 (Disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) rilevanti novità rispetto alla disciplina posta dal d. lgs. n. 81/2008 e s. m. i.
Accanto alle modifiche contemplate nel testo originario concernenti, tra l’altro, l’attività ispettiva, la sospensione dell’attività imprenditoriale e l’inasprimento delle sanzioni, le ulteriori integrazioni apportate in sede di conversione ridefiniscono aspetti significativi quali la figura del preposto e la materia della formazione e dell’addestramento.
Tutto ciò si è reso necessario per contrastare il tragico ripetersi di morti sul lavoro che sta accompagnando la ripresa produttiva durante questo periodo di convivenza con la pandemia nel nostro Paese.
E’ auspicabile che il provvedimento possa produrre gli effetti sperati anche se è da osservare come, a nostro avviso, non siano stati sufficientemente considerati gli aspetti relativi alla prevenzione (in materia ad esempio di analisi dei quasi infortuni, di valutazione dei nuovi rischi derivanti dall’innovazione tecnologica- cd. tecno-stress-, di diffusione dei sistemi di gestione per la sicurezza). Ambiti sui quali, in una logica partecipativa, è decisamente orientata la contrattazione collettiva (cfr,. tra gli altri, il rinnovo del CCNL metalmeccanici, settore privato, del 5 febbraio 2021).
Nondimeno la più chiara individuazione della figura del preposto ed il rafforzamento delle sue attribuzioni e responsabilità e, soprattutto, il riordino, in prospettiva, della disciplina sulla formazione alla sicurezza, con obblighi formativi e di aggiornamento per lo stesso datore di lavoro, rappresentano passaggi di rilievo verso un più compiuto (ed efficace) sistema di prevenzione.

 

2. L’estensione dei poteri di vigilanza dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ed il rafforzamento del Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP)

In primo luogo il provvedimento in esame parifica le funzioni di vigilanza in generale sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro tra Aziende Sanitarie Locali e Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Si tratta di una rilevante novità dal momento che finora la titolarità principale della vigilanza in materia era affidata ai servizi ispettivi delle ASL, mentre all’Ispettorato Nazionale del Lavoro spettava invece una competenza limitata a determinate materie (ad esempio l’edilizia).
D’altro lato il rafforzamento del ruolo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro emerge laddove si stabilisce che “A livello provinciale, nell’ambito della programmazione regionale realizzata ai sensi dell’articolo 7, le aziende sanitarie locali e l’Ispettorato nazionale del lavoro promuovono e coordinano sul piano operativo l’attività di vigilanza esercitata da tutti gli organi di cui al presente articolo. Sono adottate le conseguenti modifiche al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 dicembre 2007” (nuovo comma 4, dell’art. 13). La previsione appare di non chiara formulazione, dal momento che quantomeno le funzioni di coordinamento dovrebbero essere esercitate da un unico soggetto.
All’ufficio territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro è riconosciuto anche un potere di iniziativa in merito alla convocazione del Comitato regionale di coordinamento, di cui all’art. 7, d.lgs. n. 81/2008, da riunirsi almeno due volte l’anno (nuovo comma 1- bis, dell’art. 7), che rappresenta, come noto, la cabina di regia della programmazione dell’attività ispettiva sul territorio, organo che non sempre ha operato in modo efficace in tutte le Regioni.
All’estensione delle competenze attribuite all’INL si accompagna l’aumento dell’organico – è prevista l’assunzione di 1.024 unità, a cui si deve aggiungere il reclutamento di 90 Carabinieri per rinforzare il Nucleo Carabinieri Ispettorato Lavoro – e un investimento in tecnologie per dotare il nuovo personale ispettivo della strumentazione informatica necessaria a svolgere l’attività di vigilanza.
A tale incremento quantitativo del personale ispettivo, da valutare positivamente, dovrebbe peraltro corrispondere una stretta collaborazione con il personale degli organi di vigilanza delle ASL, da promuovere ad esempio tramite momenti di formazione congiunta, al fine di superare vecchie divisioni ed al contempo non disperdere il patrimonio di esperienze e competenze maturate sul campo in questi anni.
Viene inoltre rafforzata la banca dati del Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), di cui fanno parte ora anche un Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’INPS, mirando a una definitiva messa a regime ed a una maggiore condivisione delle informazioni in esso contenute. Gli organi di vigilanza sono tenuti ad alimentare un’apposita sezione della banca dati, dedicata alle sanzioni irrogate nell’ambito dell’attività di vigilanza svolta nei luoghi di lavoro.
L’INAIL, tenuto a garantire le funzioni occorrenti alla gestione tecnica ed informatica del SINP, nel rispetto della normativa sulla privacy, dovrà, a sua volta, rendere disponibili alle Aziende Sanitarie Locali e all’Ispettorato Nazionale del Lavoro i dati relativi alle aziende assicurate, agli infortuni denunciati, ivi compresi quelli sotto la soglia di indennizzabilità, e alle malattie professionali denunciate.

 

3. La sospensione dell’attività imprenditoriale e l’inasprimento delle sanzioni

Si modifica sostanzialmente anche la disciplina relativa alla sospensione dell’attività imprenditoriale in presenza di lavoro irregolare e di gravi violazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro (nuovo art. 14, d. lgs. n. 81/2008).
Il provvedimento cautelare di sospensione dell’attività imprenditoriale pare non ammettere margini di discrezionalità da parte degli ispettori (vedi l’uso del termine “adotta” invece di “possono adottare”). E’ tuttavia da osservare che si consente all’ispettore di procedere ad una sospensione limitata “alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell’attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell’Allegato I”.
La sospensione scatta al 10% e non più 20% del personale in nero presente sul luogo di lavoro. Come precisato in sede di conversione, ai fini del raggiungimento di tale percentuale occorre considerare anche il personale “inquadrato come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa”, previsione da collegare col nuovo obbligo di comunicazione preventiva del lavoro occasionale all’ITL, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica, la cui violazione è punita con la sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione (cfr. nuovo art. 14, comma 1).
Non è più peraltro richiesta alcuna “recidiva” ai fini della adozione del provvedimento che, a prescindere dal settore di intervento, scatterà subito a fronte di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro riportate nell’Allegato I (nell’elenco è stata aggiunta, in sede di conversione, la mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione all’amianto).
Il potere di sospensione spetta anche ai servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali nell’ambito di accertamenti in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
La nuova disciplina del provvedimento cautelare prevede altresì l’impossibilità, per l’impresa destinataria del provvedimento, di contrattare con la pubblica amministrazione, nonché, più ampiamente, con le stazioni appaltanti, come definite dal codice dei contratti pubblici, di cui al d. lgs. n. 50/2016.
In base ad un’ulteriore integrazione apportata in sede di conversione, si prevede espressamente, come già indicato dalla circolare INL n. 3/2021, che per tutto il periodo di sospensione dell’attività lavorativa il datore di lavoro sia tenuto a corrispondere ai lavoratori interessati la retribuzione e a versare i relativi contributi (art. 14, comma 2, ultimo periodo).
Per poter riprendere l’attività produttiva è necessario non soltanto il ripristino delle regolari condizioni di lavoro, ma anche il pagamento di una somma aggiuntiva di importo variabile a seconda delle fattispecie di violazione. L’importo è raddoppiato se, nei cinque anni precedenti, la stessa impresa ha già avuto un provvedimento di sospensione.

 

4. Il rafforzamento della figura del preposto

In sede di conversione del d. l. n. 146/2021 si è intervenuti in maniera significativa per specificare gli obblighi e le responsabilità del preposto (oltre che del datore di lavoro e del dirigente).
Con l’inserimento della lettera b-bis, all’art. 18, comma 1, del d. lgs. n. 81/2008, si stabilisce innanzitutto l’obbligo per il datore di lavoro ed il dirigente di “individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19”, affidando ai contratti e agli accordi collettivi di lavoro la possibilità di stabilire l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento della propria attività, per la quale peraltro non può subire pregiudizio alcuno (in caso di mancata individuazione del preposto datore di lavoro e dirigente sono sanzionati con l’arresto da 2 a 4 mesi o con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro – nuovo art. 55, comma 5, lett. d).
A ben vedere non si tratta altro che una esplicitazione di quanto già desumibile dalla definizione di cui alla lettera e), dell’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/2008, che ai fini della qualifica di preposto (così come di dirigente) presuppone il conferimento di uno specifico “incarico”, cioè di un’investitura formale, da parte dei vertici aziendali ( ) (da riportare peraltro nel documento di valutazione dei rischi- cfr. art., 28, comma 2, lett. d).
D’altro lato non pare superata la figura del preposto di fatto, sulla base del principio di effettività, sancito nell’art. 299 ( ), vera e propria norma di chiusura per l’accertamento delle responsabilità, secondo il quale dovrà sussistere una necessaria corrispondenza tra qualifica formale posseduta e poteri di fatto esercitati. Sul punto è da ritenere che l’avverbio “altresì” faccia scattare una responsabilità solidale e non sostitutiva tra responsabile di fatto e responsabile formale.
E’ da domandarsi inoltre perché solo in riferimento alla figura del preposto, e non anche del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), interno/dipendente, o degli addetti alle emergenze, sia stata espressamente disposta la possibilità di un riconoscimento economico da parte della contrattazione collettiva (cosa sempre possibile anche riguardo alle predette figure). Probabilmente per rendere più accettabili le maggiori responsabilità.
Rispetto alle più ampie funzioni del preposto, di cui tratteremo di seguito, è da osservare infine come non venga meno il più generale dovere di garanzia del datore di lavoro (e del dirigente) nei confronti dei propri collaboratori, di cui all’art. 18, comma 3-bis, del d. lgs. n. 81/2008. Per cui si potrà escludere la corresponsabilità del datore di lavoro e del dirigente, in caso di violazione dei precetti di sicurezza da parte del preposto solo qualora sia provato il corretto svolgimento della funzione di vigilanza e nulla possa imputarsi nei loro riguardi.
La disciplina contenuta nell’art. 19, comma 1, d.lgs. n. 81/2008, sugli obblighi del preposto, viene riformata su più punti.
Alla lettera a), dopo aver ribadito che tratto distintivo del preposto è quello di sovraintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge nonchè delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si specifica che “in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale” il preposto deve “intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti” (la violazione è sanzionata a carico del preposto con l’arresto fino a 2 mesi o con l’ammenda da 491,40 a 1.474,21 euro- art. 56, comma 1, lett. a).
Al riguardo si può distinguere tra: un obbligo di intervento; un obbligo di interrompere l’attività del lavoratore; un obbligo di informare i superiori gerarchici.
A ben vedere almeno due tra gli obblighi menzionati potevano già ritenersi sussistenti sulla base della disciplina previgente. Si è osservato come ricada sul preposto un dovere di vigilanza oggettiva circa la concreta attuazione delle misure di prevenzione e protezione decise dal datore di lavoro e dai dirigenti, nonché un dovere di vigilanza soggettiva, di pretenderne la specifica osservanza da parte dei lavoratori interessati. Nondimeno grava sul proposto “un funzionale potere di iniziativa” (cfr. art. 2, comma 1, lett. e), pur sempre limitato agli aspetti esecutivi dell’attività lavorativa.
L’obbligo di intervento può innanzitutto considerarsi compreso nell’attività di sovraintendere e vigilare, che richiede un comportamento attivo, come si può del resto ricavare dal riferimento alla “persistenza” dell’inosservanza, che implica un previo richiamo da parte del preposto.
Anche l’obbligo di informare i superiori diretti, in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell’inosservanza poteva ritenersi già operante sulla base della normativa previgente.
La vera novità consiste dunque nell’obbligo per il preposto di “interrompere l’attività del lavoratore”. E’ da ritenere che più che di vera e propria interruzione di attività lavorativa si tratti, più propriamente, di sospensione del lavoratore dalla sua attività, stante il comportamento colpevolmente non conforme dello stesso, che potrà dar luogo all’eventuale irrogazione di sanzioni disciplinari (da parte del datore di lavoro).
D’altro lato il preposto dovrà anche “se necessario, interrompere temporaneamente l’attività e, comunque, segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate”, qualora durante la vigilanza rilevi deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e condizioni di pericolo (nuova lettera f-bis), dell’art. 19 comma 1, la cui violazione è sanzionata a carico del preposto con l’arresto fino a 2 mesi o con l’ammenda da 491,40 a 1.474, 21 euro- cfr. art. 56, comma 1, lett. a), d. lgs. n. 81/2008).
In tal caso, diversamente dall’ipotesi precedente, si tratta di deficienze di mezzi e attrezzature e di condizioni di pericolo di carattere oggettivo e non dovute ad un comportamento colposo non conforme del lavoratore.
Sempre in riferimento alla figura del preposto si stabilisce infine che “nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, i datori di lavoro appaltatori o subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto” (art. 26, comma 8-bis, la cui violazione è sanzionata a carico del datore di lavoro e del dirigente con l’arresto da 2 a 4 mesi o con l’ammenda da 1.500 a 6.000 euro- cfr. art. 55, comma 5, lett. d).
Sul punto, accanto alla espressa indicazione della figura del preposto da parte delle imprese esecutrici, opportuno sarebbe stato altresì rafforzare le prerogative del soggetto incaricato, per conto del datore di lavoro committente, a sovraintendere alle attività di cooperazione e coordinamento tra le diverse imprese, al fine di evitare i rischi da interferenze; figura, a nostro avviso, da istituire in via generale (e non limitatamente ai settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali- cfr. art. 26, comma 3, d. lgs. n. 81/2008) ( ).

 

5. La formazione (anche del datore di lavoro) e l’addestramento

Altro ambito significativo su cui intervengono le integrazioni apportate in sede di conversione è quello della formazione e dell’addestramento.
In merito all’addestramento, richiamando la definizione contenuta nella lettera cc), dell’art. 2, comma 1, del d. lgs. n. 81/2008 ( ), si precisa che questo consiste “nella prova pratica per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale” nonché “nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza”. Si mette dunque ancor più in rilievo come l’addestramento, rispetto alla formazione, attenga ad un profilo operativo circa il corretto utilizzo di attrezzature e procedure di lavoro, che necessariamente richiede interventi di esercitazione pratica, che dovranno altresì “essere tracciati in apposito registro anche informatizzato” (nuovo art. 37, comma 5, d. lgs. n. 81/2008).
La formazione, accanto alla valutazione dei rischi, rappresenta, come noto, l’asse portante di un efficace sistema di prevenzione. Della formazione dei lavoratori, come degli altri soggetti che a vario titolo intervengono nel sistema di prevenzione aziendale, si sono in particolare occupati gli Accordi sottoscritti in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano. Si tratta nello specifico dell’Accordo per la formazione dei lavoratori e dell’Accordo per lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi, entrambi del 21 dicembre 2011, previsti rispettivamente dall’art. 37, 2° comma, e dall’art. 34, 2° e 3° comma, del d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i. Sulla durata e i contenuti minimi dei percorsi per Rspp e Aspp, oltre che per modifiche ed integrazioni alla disciplina di carattere generale, si veda l’Accordo siglato in sede di Conferenza Stato-Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano, il 7 luglio 2016. La disciplina in materia di formazione è completata con la previsione dei criteri di qualificazione della figura del “formatore” per la salute e sicurezza sul lavoro, fissati dal decreto interministeriale 6 marzo 2013.
Il testo in esame, riformulando il comma 7, dell’art. 37, apre meritoriamente, accanto a quella di dirigenti e preposti, anche alla formazione dello stesso datore di lavoro: “Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”.
La disposizione può considerarsi un primo passo verso una maggiore specializzazione, nella prospettiva di dar vita ad un vero e proprio sistema di qualificazione delle imprese, da più parti evocato ( ), e prefigurato dallo stesso d. lgs. n. 81/2008, che all’art. 27 prevede che, tramite decreto del Presidente della Repubblica, siano individuati settori e criteri «finalizzati alla definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, con riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fondato sulla base della specifica esperienza, competenza e conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati». L’assunto base è che la conoscenza dei rischi e delle misure prevenzionali deve far parte del bagaglio di chiunque intenda intraprendere un’attività di impresa.
La norma non è tuttavia immediatamente operativa, rinviando, per la sua specificazione ad un Accordo, da adottare in sede di Conferenza permanente Stato- Regioni, entro il 30 giugno 2022, nel quale si provveda all’accorpamento, rivisitazione e modifica dei menzionati Accordi attuativi del d. lgs. n. 81/2008 in materia di formazione.
Tale accordo dovrà altresì garantire:
“a) l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;
b) l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa”.
Si tratta dunque di una sorta di Testo unico sulla formazione per la sicurezza, in modo da poter disporre di un corpus normativo organico in materia.
Rispetto alla disciplina vigente sono da segnalare, quali positive novità, l’obbligatorietà della verifica finale di apprendimento per i partecipanti a tutti i percorsi formativi e di aggiornamento (al momento essa non è prevista per la formazione dei lavoratori, né per i corsi di aggiornamento di lavoratori, preposti e dirigenti), nonché una verifica di efficacia della formazione erogata, che a nostro avviso potrebbe preferibilmente essere affidata agli organismi paritetici, tramite ad esempio il rilascio di un’apposita attestazione/certificazione di qualità della formazione svolta. Stabilire i criteri con cui operare un puntuale follow up della formazione erogata non è peraltro agevole e richiede competenze specialistiche.
Il coinvolgimento degli organismi paritetici, espressione delle parti -lavoratori ed imprese- direttamente interessate, come peraltro già disposto per la formazione dei lavoratori e dei Rls (art. 37, comma 12), si giustifica per la finalità di operare un monitoraggio costante dei percorsi formativi nonché dei soggetti erogatori, per i quali occorrerebbe un accreditamento specifico.
In conseguenza delle accresciute attribuzioni del preposto si dettano infine disposizioni più stringenti, peraltro di immediata operatività, per la formazione di tale figura.
Il nuovo comma 7-ter, dell’art. 37, del d. lgs. n. 81/2008, stabilisce infatti che “per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti…., le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi”.
Ciò significa che, diversamente dalla disciplina finora vigente, l’intero modulo formativo, di almeno 8 ore, nonché l’aggiornamento minimo di 6 ore, per il preposto, deve essere realizzato in presenza (l’Accordo adottato in sede di Conferenza Stato- Regioni, il 21 dicembre 2011, prevede invece che buona parte dei contenuti della formazione per i preposti – i punti da 1 a 5 del punto 5 – nonché l’intero corso di aggiornamento, possano essere erogati in modalità e-learning); d’altro lato si riduce da 5 a 2 anni la cadenza dell’aggiornamento periodico per i preposti (o a periodi anche più brevi qualora sia necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o dell’insorgenza di nuovi rischi).
La violazione dei nuovi obblighi formativi per i preposti è sanzionata a carico del datore di lavoro e dei dirigenti con l’arresto da 2 a 4 mesi o con l’ammenda da 1.474, 21 a 6.388, 23 euro (cfr. art. 55, comma 5, lett. c).

 

6. Le novità concernenti gli organismi paritetici

Si prevede l’istituzione da parte del Ministero del lavoro di un repertorio degli organismi paritetici entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, previa definizione dei criteri identificativi, sentite le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale per il settore di appartenenza (nuovo comma 1-bis, dell’art. 51).
Ciò potrà risultare utile per contrastare la diffusione di organismi non legittimati, specie nel campo della formazione, in quanto non espressione di associazioni datoriali e sindacali rappresentative firmatarie di contratti collettivi nazionali applicati in azienda.
Gli organismi paritetici devono peraltro comunicare annualmente, nel rispetto della normativa sulla privacy, all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, oltre che all’INAIL, i dati relativi: alle imprese che hanno aderito al sistema della pariteticità e a quelle che hanno svolto attività di formazione organizzata dagli stessi organismi; ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali; al rilascio delle asseverazioni della adozione ed efficace attuazione di modelli di organizzazione e gestione della sicurezza (nuovo comma 8-bis, dell’art. 51).
I dati comunicati dagli organismi paritetici verranno utilizzati ai fini della individuazione di criteri di priorità nella programmazione della vigilanza e di criteri di premialità nell’ambito della determinazione degli oneri assicurativi da parte dell’INAIL. Per la definizione di tali criteri, in base ad un emendamento approvato in sede di conversione, si dovrà tener conto del fatto “che le imprese facenti parte degli organismi paritetici aderiscono ad un sistema paritetico volontario che ha come obiettivo primario la prevenzione sul luogo di lavoro” (comma 8-ter, art. 51).
D’altro lato la rinnovata volontà di dare attuazione, tramite decreto (entro il 30 giugno 2022), al Fondo presso l’INAIL per il sostegno alla piccola e media impresa, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticità, di cui all’art. 52, ed alle sue articolazioni territoriali, per quei settori in cui la contrattazione nazionale o integrativa non preveda, come nel settore edile o nell’artigianato, sistemi di rappresentanza dei lavoratori e di pariteticità migliorativi o, almeno, di pari livello, dovrebbe spingere le parti sociali ad operare rapidamente in materia, pena altrimenti ricadere nella emananda disciplina ministeriale.

 

 

 

 

 

 

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