Testo integrale con note e bibliografia

Il tema della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese ricompare ciclicamente nel dibattito pubblico italiano. Troppo spesso, però, la discussione rimane confinata in un ambito ancora troppo ristretto o elitario. La maggioranza dei cittadini non conosce minimamente i fondamenti e le possibilità offerte da una diversa organizzazione della gestione aziendale incentrata sulla collaborazione tra le parti.

A proposito, cosa vuol dire nel dettaglio partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende?

Sinteticamente e schematicamente esistono 4 differenti ma interconnesse tipologie di
partecipazione:

• partecipazione di tipo organizzativo, intesa come rappresentanza dei lavoratori all’interno degli organi aziendali decisionali e di controllo dell’azienda (tale principio può
essere attuato in diverse modalità: ad esempio con una delegazione direttamente eletta dei lavoratori all’interno dei consigli di amministrazione, oppure attraverso la creazione di organismi collaterali, i quali regolati per legge, godano di diritti di informazione preventiva, proposta e co-decisione sui temi strettamente legati al lavoro (livelli occupazionali, orari di lavoro, avanzamenti di carriera, delocalizzazioni, riqualificazione e piani formativi, sicurezza sul lavoro).

• partecipazione di tipo informativo, intesa sia come diritto dei lavoratori (a partire dai loro rappresentanti) alla conoscenza dei piani aziendali futuri, vincolante e preventivo rispetto alle decisioni assunte dagli organi decisionali dell’azienda, e sia come diritto/ potere consultazione o di proposta, anche attraverso procedure he adeguate a valutare gli effetti e aperte ad eventuali controproposte.

• Partecipazione di tipo economico che miri a promuovere il merito dei lavoratori meritevoli che contribuiscono al benessere di una azienda in salute e a diminuire il divario e le diseguaglianze sociali che si stanno accentuando sempre di più. Redistribuire in modo più equo una parte degli utili, inoltre, aumentando la domanda interna finisce per favorire le stesse imprese.

• Partecipazione di tipo finanziario che prevede la possibilità di accedere ad un azionariato diretto dei dipendenti delle aziende per cui lavorano, in modo da indirizzarle anche verso un assetto proprietario più condiviso. Anche così si combattono le diseguaglianze e si responsabilizzano i lavoratori.

Il quadro legislativo di riferimento è purtroppo monco. Il legislatore costituente ha previsto all’articolo 46 il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende, ma non essendo stata approvata nessuna legge quadro in tal senso il diritto dei lavoratori, sancito dalla carta, è stato di fatto disatteso dalle istituzioni. Sono passati ormai 74 anni dall’approvazione della carta e molta strada c’è da fare per avvicinare il nostro paese agli standard partecipativi dei paesi europei più avanzati.

Appare doveroso elencare le iniziative e i “buoni propositi” che, dopo un decennio di accantonamento del tema si sono succeduti negli ultimi mesi e che i sostenitori attivi della partecipazione dei lavoratori avranno colto.

Il primo segnale, in ordine temporale, è l’apertura del segretario del Partito democratico in occasione del suo insediamento in segreteria. Enrico Letta ha parlato esplicitamente di una “distribuzione gratuita e a condizioni di favore delle azioni ai dipendenti”, incentivata fiscalmente. La proposta, peraltro accolta e rilanciata entusiasticamente dal segretario della Cisl Luigi Sbarra è stata recepita in modo molto freddo da CGIL e rappresentanza datoriale, ha sicuramente il merito di aver riportato all’attenzione la tematica ma senza una progettualità specifica rischia di divenire vana.

Nel solco di un maggiore coinvolgimento dei lavoratori si iscrive anche l’interessantissima proposta del forum delle diseguaglianze che si propone di realizzare l’obiettivo di una partecipazione strategica di lavoratori e lavoratrici alle decisioni delle imprese attraverso l’introduzione di una forma organizzativa in uso in altri paesi, il Consiglio del Lavoro, che valuti strategie aziendali, decisioni di localizzazione, condizioni e organizzazione del lavoro, impatto delle innovazioni tecnologiche su lavoro e retribuzioni. Nei Consigli (che sarebbero anche “della cittadinanza”) siederebbero anche rappresentanti di consumatrici e consumatori e di persone interessate dall’impatto ambientale delle decisioni.
Fra le iniziative importanti in tal senso è utile citare anche il nuovo progetto editoriale promosso da Claudio Martelli, direttore e protagonista della rinascita dello storico giornale socialista “Avanti!”: nell’editoriale manifesto del Dicembre 2021, in memoria dei 125 anni dalla nascita, ha citato esplicitamente tra le riforme programmatiche da portare a compimento per il bene del paese la partecipazione dei lavoratori secondo i principi espressi dalla mit-bestimmung tedesca.

Sempre nel Dicembre 2021 da un’Agorà democratica promossa dal Circolo PD “Gino Giugni” di Milano dal titolo “La partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale” è stata votata una proposta concreta aperta agli iscritti e alla società civile. In sintesi la proposta prevede di promuovere una riforma complessiva per l’attuazione dell'articolo 46 della Costituzione tale consentire una effettiva partecipazione dei lavoratori all'interno delle aziende in cui prestano la loro opera, per costruire una società più giusta ed equilibrata, temperando le diseguaglianze, premiando il merito e salvaguardando i bisogni dei cittadini.

Grazie a questa iniziativa si è costituito un gruppo di lavoro, “Articolo 46” che vuole in questa sede promuovere la propria proposta di l’agorà affinché acquisisca maggiore forza (maggiori informazioni su: https://decidim.agorademocratiche.it/processes/italia-che vogliamo/f/78/proposals/984 ) è possibile sostenerla da chiunque voglia registrarsi alla piattaforma delle agorà dopo aver versato la quota simbolica di 1 euro.
Il gruppo consapevole che senza una spinta dal basso non si arriverà mai ad una legge quadro, si propone di stimolare l’opinione pubblica, le parti sociali, la società civile, le istituzioni parlamentari per arrivare all’attuazione del dettato costituzionale in tema di partecipazione dei lavoratori.

In questo clima rinnovato di attenzione alla materia, Il 3 Maggio si è svolto un seminario
organizzato magistralmente dalle professoresse del dipartimento di scienze sociali e politiche dell’università di Milano: Alessandra Sartori (che ha introdotto storicamente la questione e ha svolto il ruolo di moderatrice ) e Orsola Razzolini (che ha relazionato sulle ultime riforme in merito alla natura dell’impresa europea, disegnando il contesto legislativo dell’UE e francese) con il contributo del gruppo di lavoro “Articolo 46”, dal titolo emblematico” La partecipazione dei lavoratori tra realizzazioni europee e suggestioni italiane”.
Il seminario è stata un’occasione per gli studenti universitari di verificare il deficit legislativo e culturale che ancora divide l’Italia dai paesi UE più avanzati. Da segnalare anche l’intervento del professore di diritto del lavoro all’Università Cattolica Matteo Corti, che ha delineato i tratti principali della co-gestione tedesca (mitbestimmung). Il contributo di articolo 46 ha riguardato essenzialmente la natura collaborativa e non conflittuale dell’istituto della partecipazione, le buone pratiche (purtroppo isolate) e l’ostracismo delle parti sociali nel “concedere” maggior potere ai rappresentanti dei lavoratori in azienda.

Presente anche Piero Martello, attuale direttore della rivista Lavoro, Diritti, Europa, Magistrato di Corte di Cassazione in quiescenza, già Presidente del Tribunale del lavoro di Milano che ha stimolato il dibattito con un quesito interessante: la partecipazione può essere un mezzo di riequilibrio delle diseguaglianze sociali? Provo a immaginare una risposta: ri-organizzare gli organismi direzionali delle aziende, includendo rappresentanti dei lavoratori può rappresentare, grazie ad un loro fattivo contributo uno strumento di bilanciamento, quanto meno motivo di maggiore attenzione rispetto ai lauti stipendi milionari di manager non sempre meritati: a cascata possono essere attivati anche nuovi meccanismi di premialità per i lavoratori che coniughino merito e profitto.

Le conclusioni sono state affidate al già senatore, professore e avvocato Pietro Ichino, che molto si è speso durante i suoi mandati parlamentari per introdurre anche in Italia una legislazione in materia. Il suo impegno culminato prima con una proposta di legge ampiamente condivisa e votata in commissione e dopo con l’approvazione di una successiva “legge delega” al governo (Monti 2012-2013) è stato vanificato in quanto la delega non è stata esercitata.

Come buon auspicio vorrei concludere l’articolo con un breve estratto del suo intervento: “la ragione ultima dell’impresa non si esaurisce nella generazione di profitto e va oltre l’interesse privato dell’imprenditore”. La storia, la conoscenza e l’impegno del professore devono essere un faro per tutti coloro che credono in questa riforma, come
lo è stato e lo sarà per noi di articolo 46. Per chi volesse far parte del gruppo di lavoro è possibile scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o al numero di cellulare 3668175009. Sarò lieto di scambiare due parole in più con chiunque abbia voglia di approfondire la tematica perché …è giunta l’ora della partecipazione!

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