Omissis

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Firenze, in riforma della sentenza del Tribunale, ha rigettato l’opposizione proposta dalla società Dinamic Food a r.l. avverso la cartella esattoriale emessa su istanza dell’Inps per il pagamento di contributi e sanzioni relativi a rapporti di lavoro intrattenuti dalla società con sei fattorini addetti alla consegna a domicilio delle pizze preparate dall’opponente nel periodo dal marzo 2003 all’ottobre 2004.

La Corte, rigettata l’eccezione pregiudiziale di improcedibilità dell’appello per omessa notifica del ricorso e del decreto presidenziale nel termine cui all’art. 435 c.p.c., ha esposto che l’oggetto del contendere riguardava la qualificazione giuridica dei rapporti intercorsi tra la società, che gestiva un’attività di produzione, commercio e consegna a domicilio di prodotti alimentari in particolare pizze con il marchio “runner pizza”, con sei fattorini, di cui tre extracomunitari, addetti alla consegna a domicilio, i cui rapporti erano stati inquadrati come prestazione occasionale.

La Corte territoriale, richiamati i principi fondamentali applicabili al fine dell’individuazione di un rapporto di lavoro subordinato, ha rilevato, a confutazione di quanto affermato dal Tribunale, che i mezzi utilizzati per le consegne erano dotati di un bauletto termico fornito e fatto installare dalla società e che in alcuni casi il mezzo era fornito dalla stessa società; che l’azienda organizzava settimanalmente i turni lavorativi stabilendo quanti vettori dovessero essere presenti durante le fasce; che le eventuali assenze o sostituzioni tra vettori, se tempestivamente segnalate, non incidevano sulla funzionalità del servizio; che il compenso era ragguagliato alle consegne ed erogato mensilmente e che eventuali reclami dei clienti erano inoltrati al centralino con possibile richiamo del vettore responsabile.

Secondo la Corte la natura subordinata trovava conferma nella circostanza che i sei fattorini, successivamente al periodo iniziale oggetto dell’accertamento, avevano stipulato con la società un contratto di collaborazione a progetto non oggetto del presente giudizio; che era, pertanto, indubbia la continuità delle prestazioni rese dai lavoratori; che le mansioni espletate erano di carattere esecutivo perciò ontologicamente subordinate rientranti nell’attività ordinaria della società; che i fattorini erano inseriti organicamente nella struttura della società la quale sapeva di poter contare sulla disponibilità di un determinato numero di vettori; che tale disponibilità avveniva nelle fasce orarie indicate dalla società ed era funzionale allo svolgimento del servizio secondo il modello organizzativo e gestionale dettato dalla società e che non sussisteva quella occasionalità della prestazione di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, in quanto le prestazioni erano state rese senza soluzione di continuità da parte dei vettori dei contratti di co.co.co. superando in tal modo il limite dei 30 giorni dell’anno solare.

Con riferimento alla posizione di F.S. la Corte ha accolto come data d’inizio della prestazione quanto dallo stesso lavoratore riferito all’ispettore.

Avverso la sentenza ricorre in cassazione la società Dinamc Food formulando sei motivi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c. Resiste l’Inps. Equitalia Gerit è rimasta intimata.

Motivi della decisione

  1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza per inosservanza del termine di cui all’art. 435 c.p.c.

Il motivo è infondato costituendo orientamento ormai consolidato di questa Corte quello secondo il quale nel rito del lavoro, la violazione del termine di dieci giorni entro il quale l’appellante, ai sensi dell’art. 435 c.p.c., comma 2, deve notificare all’appellato il ricorso, tempestivamente depositato in cancelleria nel termine previsto per l’impugnazione unitamente al decreto di fissazione dell’udienza di discussione, non determina nullità in quanto non produce alcuna conseguenza pregiudizievole per la parte, perché non incide su alcun interesse di ordine pubblico processuale o su di un interesse dell’appellato, sempre che sia rispettato il termine che, in forza del medesimo art. 435 c.p.c., commi 3 e 4, deve intercorrere tra il giorno della notifica e quello dell’udienza di discussione (v. ex plurimis da ultimo Cass. 15/10/2016 n. 3959, Cass. ord., n. 23426 del 16/10/2013 e Cass. n. 8685 del 31/05/2012, che hanno richiamato l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 60 del 2010, che ha ritenuto manifestamente infondata, per erroneo presupposto interpretativo, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 435 c.p.c., comma 2, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., in fattispecie in cui, malgrado l’inosservanza del termine di cui all’art. 435 c.p.c., comma 2, la notifica del ricorso e del decreto era intervenuta nel rispetto del termine di cui al successivo comma 3).

  1. Con il secondo motivo la società denuncia violazione dell’art. 2094 c.c., e dell’art. 2222 c.c. La Corte d’appello non aveva considerato la condizione di autonomia nel determinare la tempistica e nel manifestare la disponibilità all’assunzione del compito oggetto della prestazione.

Deduce che i fattorini sceglievano liberamente sia presso quale punto vendita recarsi, sia quali e quante giornate dedicare alla prestazione e questo anche una volta manifestata in precedenza la disponibilità essendo sempre possibile decidere se recarsi o meno a rendere la prestazione; e che inoltre anche quando il fattorino si era recato presso il punto vendita era libero di rifiutare determinate consegne e di stabilire la durata della propria disponibilità; dunque godevano della massima autonomia di auto organizzarsi potendo scegliere il compimento o meno della prestazione richiesta.

  1. Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione con riferimento alla sopra descritta piena discrezionalità in capo ai vettori. La Corte aveva omesso di considerare che la discrezionalità riconosciuta agli operatori non si concretava nella non necessità di giustificazione delle assenze, ma nel potere di auto organizzare liberamente la propria attività lavorativa. Deduce inoltre che la Corte non aveva considerato che il mezzo di locomozione fosse di proprietà dello stesso vettore e la presenza di un bauletto non incideva in alcun modo in ordine all’accertamento del lavoro subordinato e che il compenso era legato alla consegna.

Censura l’affermazione della Corte circa l’inserimento nell’organizzazione aziendale con funzioni ontologicamente subordinate nonché l'affermazione circa la necessità di considerare unitariamente le prestazioni rese con quelle successivamente instaurate con contratti a progetto. Osserva che la circostanza che la prestazione risulta inserita nel ciclo produttivo e che dunque debba rispettare le fasi della produzione non determina la subordinazione del rapporto di lavoro. Rileva inoltre che la affermata continuità del rapporto con quello successivamente instaurato di lavoro a progetto appariva del tutto infondata sia in quanto non tutti i fattorini avevano intrattenuto con la società ulteriori rapporti di lavoro sia in quanto mancava qualsiasi prova della pretesa continuità. Deduce inoltre che la corte non aveva valutato la volontà delle parti nel senso di dar vita a rapporti occasionali.

  1. Con il quarto motivo denuncia vizio di motivazione in relazione alla lettura incompleta ed erronea delle prove testimoniali, in particolare quella del teste T.S. assumendo invece a fondamento la dichiarazione resa da F.S. Evidenza che i testi, dato il tempo trascorso, avevano riferito circa il rapporto in essere e non già quello precedente.
  2. I primi tre motivi, congiuntamente esaminati in quanto tutti attinenti alla sussistenza del rapporto di lavoro subordinato accertato dalla Corte, sono infondati. Deve in primo luogo rilevarsi, con riferimento al denunciato vizio di motivazione che la sentenza impugnata è stata depositata dopo l’11 settembre del 2012 e pertanto al ricorso per cassazione è applicabile, quanto all’anomalia motivazionale, l’art. 360 c.p.c., n. 5, nella formulazione introdotta con il D.L. n. 83 del 2012, conv. con L. n. 134 del 2012.

L'intervento di modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come recentemente interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte, comporta una sensibile, ed ulteriore, restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, del controllo sulla motivazione di fatto. Con esso si è invero avuta (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053) la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in questa sede è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

Ne consegue che la ricostruzione del fatto operata dai giudici del merito è ormai sindacabile in sede di legittimità soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici, oppure se manchi del tutto, oppure se sia articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi, oppure obiettivamente incomprensibili; mentre non si configura un omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ove quest’ultimo sia stato comunque valutato dal giudice, sebbene la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie e quindi anche di quel particolare fatto storico, se la motivazione resta scevra dai gravissimi vizi appena detti.

Nella fattispecie sussiste una congrua ricostruzione del fatto e la decisione non è affetta dai vizi appena indicati, come soli ormai rilevanti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nell’attuale formulazione. Analogamente deve dirsi a proposito del quarto motivo, ove il mancato esame delle prove testimoniali, è dedotto sotto il profilo della carenza di motivazione, senza dar conto della effettiva connotazione del “fatto” non esaminato.

La Corte territoriale ha, inoltre, manifestato di aver correttamente applicato i parametri generali ed astratti ai fini dell’individuazione del rapporto di lavoro subordinato.

I giudici del merito hanno ravvisato, infatti, l’esistenza della subordinazione considerando la continuità della prestazione effettuata secondo le esigenze organizzative della società; il carattere meramente esecutivo della prestazione, rientrante nell’attività ordinaria della società di produzione, vendita e consegna a domicilio di pizze; l’inserimento organico nella struttura organizzativa della Dinamic Food la quale sapeva di poter contare ogni giorno ed ogni sera sulla piena disponibilità di un determinato numero di vettori incaricati della consegna delle pizze; la circostanza secondo cui la disponibilità a fornire la prestazione avveniva nelle fasce orarie indicate dalla società ed era funzionale allo svolgimento del servizio secondo il modello organizzativo e gestionale dettato dalla società; i vettori ricevevano dal pizzaiolo il foglio indicazione del nominativo del cliente, del suo indirizzo, del tempo di consegna che non poteva superare i 20 minuti; i vettori effettuata la consegna rientravano nel punto vendita in attesa del nuovo ordine.

Secondo la Corte dunque i vettori, una volta data la disponibilità ad essere inseriti nel turno settimanale predisposto dalla società, salvo il caso di impedimento o di sostituzione, erano tenuti ad operare secondo un modello organizzativo standard stabilito dalla società, che non lasciava loro alcun margine di autonomia, considerato inoltre che la natura esecutiva della prestazione rendeva arduo intravedere dei reali margini di autonomia.

Le censure di parte ricorrente non sono dunque idonee ad invalidare la decisione impugnata.

  1. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61. Osserva che, qualora non fosse riconosciuta l’autonomia dei rapporti, essi dovrebbero essere ricondotti alle prestazioni di natura occasionale di cui alla norma citata che richiede prestazioni non superiori a 30 ore nell’anno ed una retribuzione non superiore ad Euro 5000,00.

Il motivo resta assorbito dall’avvenuto accertamento da parte della Corte di merito della sussistenza di un lavoro subordinato continuativo.

  1. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia omessa pronuncia sul secondo motivo dell’appello incidentale con il quale, in via subordinata, la società aveva chiesto la verifica ed il calcolo della base imponibile da determinarsi in relazione alle prestazioni effettivamente rese secondo le reali giornate lavorate e l’effettiva retribuzione percepita, chiedendo altresì di accertare l’aliquota contributiva applicata. L’Istituto aveva considerato come giornate lavorative quelle dall’inizio del rapporto fino all’instaurazione del nuovo rapporto a progetto, giungendo ad un risultato iniquo, contrastante con la documentazione prodotta costituita dalle dichiarazioni dei lavoratori con l’indicazione delle giornate lavorate e dei compensi.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza del ricorso, la quale impone che esso contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa.

La società, infatti, non riporta il contenuto del ricorso davanti al Tribunale con il quale aveva chiesto tale verifica, né come la questione era stata riproposta con l’appello incidentale. La società ricorrente non espone neppure il contenuto, quantomeno nei tratti più rilevanti, dei documenti dai quali, secondo la stessa, si dovrebbe desumere l’entità della prestazione resa dai lavoratori, nonché la retribuzione percepita.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese del presente giudizio.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2017

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