TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

Il testo della commissione Catalfo

Il testo del CNEL

Il testo dell'Ordine dei Consulenti del lavoro di Milano

Il documento di ACTA

Il testo delle Confederazioni degli artigiani

Il testo di Confindustria

1. Nel luglio 2020, l’allora ministra del lavoro, sen. Nunzia Catalfo, costituiva una Commissione sui temi concernenti le forme e gli strumenti di sostegno al reddito, con il compito di “definire linee di indirizzo ed interventi per una riforma della normativa in materia di ammortizzatori sociali” .
Nel momento in cui veniva nominata la Commissione, l’intendimento era quello di mettere a frutto l’esperienza compiuta, in fatto di ammortizzatori, nel corso della crisi pandemica: se lo strumento considerato più adeguato da noi, come negli altri sistemi europei, per far fronte alla (ritenuta) temporanea sospensione dell’attività produttiva era la sospensione dal lavoro con intervento della Cassa integrazione, ci si è resi subito conto della sua copertura limitata, da una parte, e, d’altra parte, della complessità delle procedure per ottenerla .
L’obiettivo centrale della riforma contenuta nel d.lgvo 148/2015 – l’universalizzazione delle tutele – non è stato pienamente centrato. Se si guarda alle misure di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro, esse non coprono tutti i settori e neppure tutte le imprese e, dunque, tutti i lavoratori.
Si intende che, quand’anche questo strumento fosse stato disponibile per tutti, l’emergenza pandemica l’avrebbe reso inservibile nelle sue forme consuete: tant’è che, anche per le imprese rientranti nel relativo campo di applicazione, si è fatto riferimento ad una nuova causale, la causale Covid, neutra ai fini della possibilità futura di ricorrere allo strumento in periodi di normalità.
Tuttavia, non c’è dubbio che la crisi economica e sociale innescata dal Covid-19 abbia sottoposto ad uno stress test mai sperimentato il sistema di welfare italiano, ed in particolare degli ammortizzatori sociali, mettendone in luce punti di forza, ma anche limiti e criticità (che sono appunto principalmente riconducibili al loro ambito di applicazione e alla complessità delle procedure per garantirli).
Tuttavia, poiché tra gli ammortizzatori sociali non c’è solo la Cassa integrazione, la Commissione ha assunto la pandemia anche come base esperienziale per delineare ipotesi di riforma delle prestazioni in caso di disoccupazione: prima o poi il blocco dei licenziamenti terminerà con sicure ripercussioni sulle dimensioni degli organici aziendali, costringendo ad attivare quest’ulteriore strumento. Peraltro, già abbiamo dovuto saggiare potenzialità e limiti delle attuali prestazioni in relazione a coloro che non sono stati coperti dal blocco, in quanto non titolari di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato: si tratta dei lavoratori a termine o dei lavoratori non subordinati o di quelli rientranti nelle eccezioni al divieto di licenziamento che si sono avute dal cd. decreto agosto del 2020 in poi.

2. La bozza presentata prima alla ministra Catalfo e poi, in data 22 febbraio 2021, al ministro Orlando, e che avrebbe dovuto passare al vaglio delle parti sociali, è ispirata al principio del cd. “universalismo differenziato” delle tutele: un universalismo che tenga conto, cioè, delle specificità e delle differenziazioni tra aziende e settori produttivi. E ciò per quanto riguarda sia gli ammortizzatori in costanza di rapporto che quelli in carenza di rapporto.
In sostanza, il suo obiettivo centrale è la creazione di un sistema di protezione universale in grado di garantire un reddito adeguato a prescindere dalla condizione occupazionale, dal settore e dalla dimensione dell’impresa ove si è occupati, con conferma però del carattere assicurativo dello stesso. A questo proposito, entra ovviamente in gioco il nodo del finanziamento, su cui nel documento vi sono proposte che, tuttavia, non sono arrivate alla discussione politica e delle parti sociali .
Una parte importante, che ha visto anche accese discussioni al nostro interno, concerne l’estensione delle prestazioni al lavoro autonomo. In questo settore, l’esperienza pandemica è stata devastante, ma il lavoro autonomo e professionale non è rimasto immune da nessuna delle più recenti crisi economiche. In dipendenza di diversi fattori (età, sesso, area geografica di riferimento etc.), si sono registrate situazioni di difficoltà economica che hanno anche impedito il sostentamento del professionista e della sua famiglia, soprattutto in coincidenza di eventi patologici legati tanto alla vita personale quanto ai cicli economico-produttivi.
E lo stesso CNEL, autore di una proposta di legge presentata al Parlamento nel 2020 , ha ritenuto che le diseguaglianze rispetto alle tutele sociali riservate al lavoro subordinato non sono tollerabili, tanto che ha, appunto, proposto l’introduzione di un ammortizzatore sociale generale finanziato dalla gestione separata dell’INPS per gli autonomi iscritti alla gestione stessa, al fine di salvaguardare l’attività professionale in coincidenza di momenti di flessione della attività economica. Si tratta dell’Iscro, ovvero dell’“indennità straordinaria di continuità reddituale ed operativa”.
La Commissione è andata più in là, sia per quanto riguarda le ipotesi di riduzione del reddito (che prendono in considerazione anche gli iscritti alle Casse dei professionisti) sia per quanto riguarda il caso di vera e propria cessazione definibile “involontaria” dell’attività professionale. E ciò, per la verità, non senza discussioni nell’ambito della stessa Commissione, anche per la difficoltà di individuare i casi in cui la cessazione dell’attività professionale possa definirsi “involontaria”.

3. Il lavoro compiuto ha condotto ad un documento molto analitico che costituisce un’importante base di partenza perché indica, sulla scorta di analisi ampiamente condivise dagli osservatori (e anche dalle parti sociali), la direzione o le coordinate entro cui muoversi. E ciò anche se non si ritenesse matura o praticabile, per un motivo o per l’altro, una vera e propria riforma e si ritenesse, una volta passata la tempesta, di procedere solo con aggiustamenti parziali.
La previsione dell’Iscro, in via sperimentale per il triennio 2021-2023, per gli autonomi iscritti alla gestione separata INPS, sia pure evidentemente insufficiente nell’ottica della copertura integrale del lavoro autonomo, e l’estensione dell’assegno di ricollocazione ai percettori della Naspi, sia pure finanziariamente condizionata alla disponibilità di risorse (e che, invece, nella proposta della Commissione è concepito come un diritto non condizionato a limiti finanziari) contenute nella legge di bilancio per il 2021 (art. 1, co. 386 ss. e co. 325 ss., l. n. 178/2020), vanno in questo senso.

4. Sarà compito della politica scegliere la strada della complessiva ed organica riforma ovvero degli aggiustamenti parziali. E, come ho detto, terminata la buriana, è possibile che la scelta ricada su questa seconda alternativa. Che cioè si dimentichino le incongruenze della Cassa integrazione per semmai, a fronte di una possibile ondata di licenziamenti, concentrarsi sulla Naspi, su cui peraltro molti correttivi alle attuali fragilità e ai vuoti di copertura sono stati proposti nella bozza consegnata all’autorità politica. Si pensi, quanto alle prime, alla questione del décalage, da eliminare o bilanciare in relazione all’età dei percettori: è inutile, ed anche profondamente ingiusto, gravarne i percettori oltre una certa età – cinquantenni o cinquantacinquenni – notoriamente di più difficile collocazione nel mercato. Allo stesso modo, sono state proposte misure per favorire la complementarità tra la riforma degli ammortizzatori e le cd. politiche attive del lavoro.
Una delle critiche rivolte all’impostazione del documento della Commissione, peraltro ancora in fieri nel momento in cui esse sono state formulate, era di puntare sulle cd. politiche passive e di dedicare poco spazio alle politiche attive. A parte che il mandato della Commissione concerneva solo la riforma degli ammortizzatori e che, là dove si potesse ipotizzare una modifica normativa che accompagnasse alla misura di sostegno del reddito la promozione di un riorientamento delle competenze o di un ricollocamento del lavoratore, questo è stato fatto. A parte ciò, va sottolineato che il richiamo, molto insistito, alle politiche attive rischia di essere un po’ rituale. E che chi se ne fa soprattutto portatore avrebbe almeno l’onere di riempirlo di contenuti.
Invero, più che di modifiche normative, abbiamo bisogno di un salto gestionale e organizzativo e di una corretta cooperazione, se non addirittura concorrenza, tra pubblico e privato. E ciò sebbene, ad ogni tanto, qualche buona idea emerga, come la normativa sul Fondo nuove competenze, in cui si prevede il sostegno economico alla rimodulazione, concordata in sede sindacale, dell’orario di lavoro parte del quale viene destinato a percorsi formativi (art. 88, d.l. n. 34/2020, conv. nella l. n. 77/2020). Questo strumento, previsto dal cd. decreto rilancio e sostenuto finanziariamente da fondi europei volti a promuovere l’erogazione, da parte degli Stati, di sussidi ai lavoratori in caso di riduzione dell’attività dovuta al Covid, specie se abbinati a interventi diretti ad innalzare o adattare il livello delle competenze professionali dei lavoratori o a promuovere processi di ricollocazione nel mercato del lavoro, può svolgere un ruolo significativo se è vero che il Covid porterà a ristrutturazioni durature del sistema produttivo e dell’organizzazione interna delle imprese .

5. L’incertezza della situazione sanitaria, e di conseguenza economica, rende a sua volta incerta la sorte di una vera e propria riforma degli ammortizzatori sociali, tema che, in qualche misura, si intreccia con il blocco dei licenziamenti. Sebbene i principi cardine di una possibile riforma siano ampiamente condivisi, ogni modifica tocca qualche interesse (non solo dei datori di lavoro, ma anche dei sindacati) e, soprattutto, modifiche ambiziose postulano un quadro economico relativamente stabile. Non a caso il ministro del lavoro Orlando, dopo aver annunciato una riforma entro aprile, ora pare prevederne una entro luglio, con entrata in vigore nel 2022. C’è dunque da ipotizzare che, almeno nei prossimi mesi, si assista ancora ad interventi settoriali ed aggiustamenti parziali. È importante tuttavia che le coordinate entro cui muoversi siano state tracciate e che il seme di una discussione seria (e concreta) su principi, contenuti e perimetro di un’organica riforma sia stato gettato.

 

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