Testo integrale con note e bibliografia

Testo della sentenza

1. Alcune premesse
La sentenza che si annota torna sulla spinosa questione attinente al mancato riconoscimento della voce retributiva denominata “nuovo terzo elemento salariale” ai lavoratori in servizio con contratto di formazione e lavoro al 25 luglio 1997, data in cui veniva sottoscritto l’Accordo nazionale per gli Autoferrotranvieri . Per effetto dell’art. 4 dell’Accordo , la citata voce retributiva viene soppressa e fatta confluire nei cosiddetti “trattamenti sostitutivi”. Su volontà delle parti firmatarie, essa è mantenuta solamente per i lavoratori in servizio a tempo indeterminato, con esclusione dei lavoratori in forza con contratto di formazione e lavoro alla data di sottoscrizione dell’Accordo. Questi ultimi si vedono negare gli importi relativi alla rideterminazione del “nuovo terzo elemento salariale”, sia in costanza di contratto di formazione, sia successivamente alla trasformazione dello stesso a tempo indeterminato.
A supporto della legittimità della clausola contrattuale che non riconosce il trattamento retributivo integrativo a tali lavoratori, la Suprema Corte pone il fatto che, al momento dell’avvenuta trasformazione del rapporto, essi siano da considerare neo-assunti, con ciò escludendo una violazione del principio di non discriminazione. In altri termini, per effetto della trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, gli istituti legati all’anzianità retroagiscono alla stipula del contratto di formazione, ma “per il resto, il lavoratore, deve considerarsi come neo-assunto” . Ne deriva che per quanto non sia legato all’anzianità di servizio, la trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato non sarebbe in grado di riportare il momento dell’effettiva assunzione alla data di stipulazione del contratto di formazione e lavoro.
Ebbene, la pronuncia oggetto di commento ha applicato tale lettura alla voce retributiva in questione, ritenendola svincolata dall’anzianità di servizio.
Si tratta, in verità, di un parziale cambio di rotta rispetto all’oramai consolidato orientamento che attribuiva rilevanza solo alla posizione contrattuale del lavoratore al momento della stipula dell’accordo, costringendo l’interprete ad interrogarsi sulla legittimità di una differenziazione, ai fini del riconoscimento del “nuovo terzo elemento salariale”, tra lavoratori assunti ab origine con contratto a tempo indeterminato e lavoratori assunti con contratto di formazione poi trasformato a tempo indeterminato.
A ben vedere, anche in questo caso la res dubbia ruota intorno al rapporto tra legge e contrattazione collettiva ai fini dell’accesso a determinati trattamenti retributivi, ma con espresso riferimento, nell’impostazione esegetica assunta dalla sentenza in commento, a voci che non avrebbero titolo nell’anzianità di servizio.
Il complesso e frastagliato scenario su cui si innesta la vicenda de qua richiede un richiamo all’evoluzione giurisprudenziale in materia, in considerazione della natura del contratto di formazione e lavoro .

 

2. Peculiarità del contratto di formazione e lavoro e computo dell’anzianità di servizio

Come noto, al contratto di formazione e lavoro è stata riconosciuta un’intrinseca precarietà per essere un contratto a termine al quale nessuna previsione legislativa assicura automaticamente la trasformazione del rapporto in difetto dei requisiti e degli elementi costitutivi per la sua novazione oggettiva .
Il legislatore ha dunque inteso tutelare la formazione conseguita anche cercando di riequilibrare la mancanza di stabilità del rapporto di formazione e lavoro (in quanto a termine) con l’equiparazione della formazione e lavoro a lavoro tout court se e quando il rapporto di formazione e lavoro si trasforma in un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. E questa equiparazione opera come una prescrizione di carattere generale, a tutto campo, senza limitazione alcuna.
Al riguardo, il chiarimento si deve alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, intervenute a comporre un contrasto di giurisprudenza, hanno precisato che il principio contenuto nell’art. 3 del d.l. n. 726 del 1984, convertito dall’art. 1 della legge n. 863 del 1984, secondo il quale il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato (art. 3, comma 5), ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro (art. 3, comma 12), opera anche quando l’anzianità sia presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di emolumenti che hanno fondamento nella sola contrattazione collettiva.
Il corretto inquadramento della lettura offerta dalle Sezioni Unite presuppone un cenno ai due diversi orientamenti giurisprudenziali affermatisi sino a quel momento.
Stando ad un primo orientamento, la disciplina contrattuale degli scatti di anzianità non può escludere che nell’anzianità di servizio sia computabile il pregresso periodo di formazione e lavoro nelle due fattispecie considerate (art. 3, comma 5 e comma 12, cit.). Infatti, per un verso la rilevanza del periodo di formazione in termini di anzianità di servizio riguarda anche gli istituti disciplinati dalla contrattazione collettiva e non solo quelli di origine legale; per altro verso, è ritenuta inderogabile, ad opera della contrattazione collettiva, la rilevanza del periodo di formazione e lavoro .
La Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla questione in esame, adotta tuttavia una diversa linea interpretativa, affermando che l’autonomia contrattuale collettiva può legittimamente escludere particolari elementi retributivi per i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro e il cui rapporto non sia stato ancora trasformato a tempo indeterminato alla data di sottoscrizione dell’Accordo del 1997. Inoltre, anche al fine di incentivare la stabilizzazione del rapporto, l’autonomia collettiva potrà prevedere che sia loro corrisposta una retribuzione inferiore a quella degli altri dipendenti per un certo periodo di tempo successivo alla trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato .
Intervenute sulla questione, le Sezioni Unite hanno invece chiarito che quando l’equiparazione posta dalla legge (periodo di formazione e lavoro = periodo di lavoro ordinario) è formulata in termini generali, senza eccezioni, da essa può ricavarsi anche una prescrizione di inderogabilità. In particolare, l’equiparazione tra periodo di formazione ed anzianità di servizio “esprime un generale canone che si sovrappone, per il suo carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva, la quale può sì disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla sua regolamentazione, come gli scatti di anzianità, ma non potrebbe introdurre un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che abbiano avuto un pregresso periodo di formazione”. In virtù di un principio di non discriminazione, una volta inglobato nell’anzianità di servizio il pregresso periodo di formazione e lavoro, il lavoratore non può più essere discriminato in ragione del fatto che una porzione della sua anzianità di servizio è tale solo in forza di un’equiparazione legale.

 

3. (Dis)continuità della recente giurisprudenza rispetto all’intervento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite

A ben vedere, la sentenza in commento non contesta, bensì ribadisce, il principio per il quale, in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato , il periodo di formazione e lavoro debba essere computato nell’anzianità di servizio. Quest’ultima, “in sé considerata costituisce la dimensione diacronica di un fatto” consistente nell’espletamento del servizio da parte del lavoratore. Quel servizio, che comprende sia il periodo di formazione e lavoro, sia il successivo periodo di lavoro ordinario, è rilevante ai fini di vari istituti di fonte legale o contrattuale.
Facendo proprie le parole delle Sezioni Unite, la sentenza annotata ricorda che l’equiparazione tra periodo di formazione ed anzianità di servizio esprime un generale canone che “si sovrappone, per il suo carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva”. Le parti sociali possono certamente disciplinare istituti contrattuali rimessi interamente alla regolamentazione collettiva, secondo valutazioni operate tempo per tempo (come avviene per gli scatti di anzianità), ma ad esse è preclusa l’introduzione di trattamenti in senso lato discriminatori, vale a dire trattamenti che neutralizzino il pregresso periodo di formazione e lavoro.
Su un diverso piano si colloca, tuttavia, la negazione del riconoscimento del “terzo elemento salariale” a chi, al momento della sua soppressione (per effetto dell’art. 4 dell’Accordo nazionale 25 luglio 1997), già non lo percepiva, come i lavoratori in formazione lavoro, il cui contratto è stato poi trasformato. Trattasi, secondo la Suprema Corte, di un istituto non collegato, al pari delle competenze accessorie unificate (CAU), alla maturazione dell’anzianità di servizio. Il “terzo elemento salariale”, mantenuto alla stregua di quota fissa della retribuzione concordata a livello di contrattazione collettiva è un elemento retributivo autonomo da ogni computo nell’anzianità di servizio .
Ma il profilo che maggiormente lascia perplessi consiste nel fatto che, sebbene una volta avvenuta la trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, l’anzianità maturata nel periodo di formazione sia utile anche ai fini economici, consentendo l’acquisizione di scatti di anzianità o altri benefici connessi all’anzianità di servizio (siano essi di origine legale o contrattuale), “per il resto” la natura di contratto a tempo indeterminato non retroagisce alla data di stipulazione del contratto di formazione e lavoro.

 

4. Esiti della riforma degli istituti contrattuali di natura retributiva: disparità di trattamento o incentivo alla stabilizzazione del rapporto?

In continuità con quanto esposto nel paragrafo che precede, giova segnalare quella esegesi giurisprudenziale per cui non integrano una violazione dell’art. 3, quinto comma, del d.l. n. 726 del 1984, conv. in l. n. 863 del 1984, e non danno luogo ad un trattamento discriminatorio, le clausole della contrattazione collettiva nazionale che, nel contesto di una riforma degli istituti contrattuali in materia di retribuzione, distinguono i lavoratori con contratto di formazione e lavoro, poi trasformato in contratto a tempo indeterminato, dal personale già in servizio con rapporto a tempo indeterminato; l’equiparazione dei primi al personale di nuova assunzione, avverrebbe ai soli fini dell’esclusione di nuove voci salariali, senza incidere sulla conservazione dell’anzianità di servizio .
Orbene, nella vicenda oggetto di commento la contrattazione collettiva ha soppresso alcune voci retributive, in parte riducendone l’importo, preoccupandosi però di preservare il valore preesistente per i soli dipendenti che, al momento della soppressione, già ne beneficiavano e che sarebbero stati danneggiati da una improvvisa diminuzione del trattamento retributivo. La loro situazione è ritenuta non sovrapponibile a quella dei lavoratori in costanza di contratto di formazione e lavoro alla data di sottoscrizione dell’Accordo, per i quali non vi è alcuna necessità di preservare un trattamento retributivo di cui non hanno mai beneficiato.
Siffatta lettura potrebbe trovare supporto in quell’orientamento giurisprudenziale che esclude, nel rapporto di lavoro subordinato di diritto privato, l’operatività di un principio di parità di trattamento, come pure nella costante giurisprudenza secondo la quale la valutazione di adeguatezza della retribuzione, ai sensi dell’art. 36 Cost., non comporta il riferimento a tutte le voci che costituiscono il complessivo trattamento retributivo previsto dalla contrattazione collettiva, ma soltanto a quelle voci che concorrono alla formazione del minimo garantito .
In verità, anche escludendo il legame di una specifica voce retributiva con l’anzianità di servizio, resta il fatto che un lavoratore assunto a tempo indeterminato e un lavoratore assunto, ipoteticamente in pari data, con contratto di formazione, si vedono attribuiti differenti trattamenti economici, anche dopo la conversione del contratto del secondo in un contratto a tempo indeterminato.
A ben vedere, in linea con altre precedenti pronunce , la Suprema Corte ritiene che l’autonomia contrattuale collettiva possa escludere, per i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, specifici elementi retributivi (a meno che non vi sia l’espletamento, con pienezza di funzioni ed attribuzioni, delle mansioni proprie della qualifica di destinazione) e che, in ragione della specificità del rapporto e con l’obiettivo di incentivare la stabilizzazione dello stesso può prevedere, per un certo periodo di tempo successivo alla trasformazione del lavoro a tempo indeterminato, una retribuzione inferiore a quella percepita da altri dipendenti .
Tuttavia, si può obiettare che, così facendo, alla contrattazione venga permesso di differenziare il trattamento retributivo del lavoratore coinvolto rispetto ai lavoratori di pari livello ed anzianità assunti a tempo indeterminato fin dal primo momento, non già per un limitato periodo di tempo, bensì senza limiti temporali.
Inoltre, essendo i lavoratori in formazione giovani al sotto di una predeterminata fascia di età, una differenza retributiva tra loro e chi, per ragioni anagrafiche, è stato assunto con contratto di lavoro ordinario risulterebbe difficilmente conciliabile con i principi affermatisi nel diritto europeo . La stessa Corte di Giustizia è intervenuta rispetto alla discriminazione per età, nel senso di non ritenere compatibile con il principio di non discriminazione una differenza retributiva basata, anche indirettamente, sull’età del lavoratore.
Se poi alla logica dell’equiparazione tra periodo di formazione e lavoro e periodo di lavoro ordinario si attribuisce carattere generale, andando oltre il profilo dell’anzianità di servizio, diventa più complesso giustificare per i lavoratori che abbiano avuto un pregresso periodo di formazione un trattamento penalizzante, ancorché previsto dall’autonomia collettiva al fine di riformare gli istituti contrattuali in materia di retribuzione.

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