TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

1.-Processo del lavoro e processo previdenziale: divaricazione di percorso.
Con l’espressione “processo previdenziale” (che non deriva dal titolo di una legge o dalla rubrica di una norma) si indica una realtà che esiste ma fatica a distinguersi dalla disciplina processuale della contigua materia lavoristica ; nonostante l’unicità del punto di partenza, vi è stata una divaricazione di percorso delle controversie previdenziali rispetto a quello delle controversie di lavoro.
Le peculiarità del processo previdenziale sono disseminate nella galassia normativa che regola la previdenza e l’assistenza obbligatoria, oggetto di continue modifiche legislative, interventi della Corte costituzionale e disposizioni di interpretazione autentica.
Gli interventi del legislatore sul processo previdenziale, che si sono succeduti nel corso degli anni, sono stati sempre dettati dall’esigenza di perseguire obiettivi deflattivi-acceleratori del contenzioso previdenziale , al fine di ridurre il contenzioso (che provocava e provoca uno scossone alla finanza pubblica), anziché migliorare la tutela degli interessi di soggetti particolarmente bisognosi di tutela .
Nel parlare di processo previdenziale si fa riferimento all’art.442 cpc, norma che al primo comma statuisce che “Nei procedimenti relativi a controversie derivanti dall’applicazione delle norme riguardanti le assicurazioni sociali, gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, gli assegni familiari, nonché ogni altra forma di previdenza e di assistenza obbligatorie, si osservano le disposizioni di cui al capo primo di questo titolo”. Alle controversie previdenziali si applicano, quindi, le disposizioni delle controversie di lavoro di cui agli artt. 409 e segg. cpc.
Occorre evidenziare che alcune controversie previdenziali, pur appartenendo alla tipologia contemplate nell’art.442 cpc, sono devolute alla giurisdizione della Corte dei Conti, che ha un procedimento previdenziale “peculiare”, e che giudica sui ricorsi in materia di pensione in tutto o in parte a carico dello Stato o di altri enti designati dalla legge.
L’obiettivo di semplificazione e razionalizzazione del sistema previdenziale risulta evidente in quelle disposizioni che sopprimono nel settore del pubblico impiego (quasi nella sua totalità) gli istituti dell’equo indennizzo e della pensione privilegiata per causa di servizio, con conseguente accentramento anche per detto settore della tutela nei confronti di infortuni e malattie determinati dallo svolgimento dell’attività lavorativa nell’area dell’assicurazione gestita dall’Inail. E tale risulta essere anche la prospettiva sottesa alla soppressione dell’Enpals e dell’Inpdap, con incorporazione delle relative funzioni nell’Inps: una sorta di “polarizzazione” che ha il pregio di innalzare il complessivo livello di armonizzazione dell’intero sistema, anche se l’operazione – bisogna darne atto – suscita giustificate preoccupazioni per i possibili rischi sul piano dell’efficienza, conseguenti alla (eccessiva) lievitazione delle strutture operative e dei compiti dell’ente tributario di essi.

2.- La ratio del processo previdenziale nella legge n.533 del 1973.
La disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla l. 11 agosto 1973 n.533 , legge che riserva regole specifiche per le controversie previdenziali, e che era stata il frutto di una stagione di particolare attenzione del legislatore alle esigenze di tutela del lavoro. Il legislatore è intervenuto con tale normativa al fine di affrancare la giustizia del lavoro (e “previdenziale”) dalle pastoie del processo civile ordinario ed assicurare ai diritti del lavoratore (di lavoro e previdenziale) una celere definizione dei giudizi , e ciò anche perché si è in presenza di diritti di rilevanza costituzionale e peraltro relativi a soggetti bisognosi di protezione sociale ; è un processo capace di rendere effettive le tutele sociali, e che a distanza di 50 anni, con un contesto socio economico profondamente diverso, e con nuovi bisogni sociali da soddisfare, mostra qualche”crepa” con conseguente necessario adeguamento e ammodernamento .
Il legislatore è intervenuto successivamente - in particolare con la l.n.335 del 1995 - per rafforzare la sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico in termini di incidenza della spesa previdenziale sul prodotto interno lordo. Ciò è avvenuto in nome dei principi di equità,di flessibilità nell’accesso ai trattamenti pensionistici, dell’adeguamento dei requisiti di accesso alle variazioni della speranza di vita,dell’armonizzazione ed economicità dei profili di funzionamento delle diverse gestioni previdenziali. In coerenza con tale impostazione è stata prevista la generalizzazione del criterio contributivo di calcolo delle pensioni, nonché il definitivo accantonamento dell’istituto del pensionamento per anzianità di servizio.
Aggiungasi che spesso il legislatore è intervenuto sul processo previdenziale con l’intento di disincentivare il contenzioso rendendo più arduo il percorso dell’azione giudiziaria per coloro che intendano farsi riconoscere il diritto ad una prestazione (soprattutto le prestazioni di invalidità/assistenziale), e cioè beni di natura primaria. Occorre, però, prendere atto che “il processo previdenziale, prima ancora che a causa delle prassi non buone o meno buone che lo hanno condizionato, o delle disfunzioni di sue singole parti, vede messo in crisi, oggi, buona parte del suo significato ideale e della sua forza attrattiva, sia per effetto delle “manipolazioni” che, a più riprese ha subito, sia, e ancor di più, per effetto del deterioramento della stessa rete delle tutele sostanziali, a presidio e valorizzazione delle quali il legislatore del 1973 aveva inteso collocarlo” , spesso con l’introduzione di ristretti termini per azionare i diritti .

3.- Le distorsioni del processo previdenziale.
Alle “buone intenzioni” del processo previdenziale, sono succedute distorsioni, sia per i costi che per l’intralcio processuale, determinati dalle controversie previdenziali seriali, e soprattutto di scarso valore economico ma numericamente rilevante .
Sempre più spesso gli interventi sul processo previdenziale e sulle tematiche previdenziali in generale, sono stati e vengono effettuati dal legislatore in funzione di deflazionamento del contenzioso previdenziale e realizzati con forme eterogenee (spesso per esigenze di “cassa”). Infatti il legislatore, al fine di ridurre i costi, ma soprattutto per “scoraggiare” l’attivazione di cause bagattellari, e per frenare fenomeni di malcostume giudiziario nel settore previdenziale, nel corso degli anni è spesso intervenuto con provvedimenti che hanno limitato la tutela di interessi di rilevanza sociale e nei confronti di soggetti deboli e bisognosi di tutela.
Gli interventi che si sono succeduti hanno riguardato prevalentemente, oltre la disciplina del lavoro, anche – e soprattutto - il contenzioso previdenziale, per quest’ultimo “aumentando” il potere del giudice e l’incremento degli strumenti alternativi di composizione delle controversie.
Infatti, sono state introdotte riforme che hanno reso più onerosa e rischiosa la tutela dei diritti, tenendo conto che nel corso degli anni vi è stato un progressivo mutamento, sia per la tipologia di cause che delle categorie di soggetti che fanno ricorso al processo previdenziale .

4. – Gli interventi “deflattivi” del legislatore sul processo previdenziale.
Il legislatore, come già detto, è intervenuto per ridurre i costi ma soprattutto per “scoraggiare” l’attivazione di cause bagattellari, frenare fenomeni di malcostume giudiziario (es., esercizio di una pluralità di azioni relative ad un unico credito frazionato; frazionamento giudiziale di un credito unitario), per deflazionare il contenzioso previdenziale.
A tal fine il legislatore è intervenuto a più riprese:
- con l. 8.6.2009 n.69, che ha novellato l’art. 7, n.3 bis cpc, statuendo che il giudice di pace è competente per le cause relative agli interessi ed accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali;
- sull’art.152 disp.att. cpc statuendo che le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio;
- con l’art.38, coma 1, lett.a), d.l. 6.7.2011 n.98, conv. in l. n111/2011, statuendo l’estinzione di diritto dei processi per crediti previdenziali il cui importo sia inferiore ad € 500,00, con riconoscimento della pretesa economica del ricorrente (misura con evidente funzione deflattiva e di contenimento della durata dei processi).
- con l’introduzione della sanzione di inammissibilità del ricorso per mancanza della dichiarazione di valore della prestazione richiesta.
- con l’art.37, comma 6, lett.b), d.l. n.98/2011, convertito in l. 15.7.2011 n.111, che ha modificato l’art.9 del dPR n115 del 2002 aggiungendo il comma 1-bis, per il quale “Nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego le parti che sono titolari di un reddito imponibile..sono soggette, rispettivamente, a contributo unificato di iscrizione a ruolo nella misura…Anche per le controversie di lavoro e per quelle previdenziali è dovuto il contributo unificato”.
- con la nuova disciplina di decentramento delle notificazioni degli atti introduttivi del giudizio di cognizione, degli atti di precetto e di quelli di pignoramento.
- con il rafforzamento dello spazio temporale concesso alle Amministrazioni dello Stato ed agli enti previdenziali prima di adempiere a statuizioni esecutive contro di loro.
- con la nuova disciplina (d.l. n.78/2010, conv. in l. n.12/2010) dei modi di effettuazione della riscossione delle somme dovute all’Inps, introducendo l’istituto del’avviso di addebito ( e cioè di atto amministrativo avente natura di titolo esecutivo stragiudiziale).
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5. – La razionalizzazione della procedura di accertamento delle invalidità previdenziali ed assistenziali.
Al fine di razionalizzare la procedura di accertamento delle invalidità previdenziali ed assistenziali il legislatore ha introdotto l’art.445-bis cpc, norma che subordina la proposizione della domanda giudiziale all’espletamento di una consulenza tecnica preventiva: è la misura più significativa in materia di processo previdenziale nella logica di risparmio di spesa pubblica e di deflazione giudiziaria, comunque di efficienza del processo previdenziale . Tale norma prevede che il giudice omologa l’accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del CTU provvedendo sulle spese. Se l’accertamento tecnico preventivo non è accettato dalle parti, deve essere depositato entro il termine perentorio di 30 gg. dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione. La sentenza che definisce il giudizio, ai sensi dell’art.26, comma 1, lett. f) l. n.183/2011 è inappellabile.
Peraltro è lo stesso legislatore con l’art.38, comma 1, l. n.111 del 2011 che statuisce “al fine di realizzare una maggiore economicità dell’azione amministrativa e favorire la piena operatività e trasparenza dei pagamenti nonché deflazionare il contenzioso in materia previdenziale, di contenere la durata dei processi in materia previdenziale, nei termini di durata ragionevole dei processi”, introduce l’art.445 bis cpc, rubricato “accertamento tecnico preventivo obbligatorio (ATP)”.

6.- Domanda amministrativa e diritto alla prestazione previdenziale/assistenziale.
Al fine di tutelare l’ente previdenziale l’art.7 della l.n.533/73 prevede la “necessità” della domanda amministrativa all’ente per ottenere il riconoscimento del diritto e liquidazione della prestazione previdenziale/assistenziale.
Infatti, per ottenere la prestazione l'assicurato deve inoltrare apposita domanda all'ente previdenziale al fine di mettere lo stesso in condizione di accertare il diritto alla prestazione e corrisponderla; occorre sempre l’atto di iniziativa del soggetto interessato perché, non sussiste un obbligo dell'ente previdenziale di accertare d’ufficio il diritto alla prestazione, sia perché l'ente non avrebbe possibilità alcuna di individuare i soggetti interessati, sia perché la legge rimette al soggetto protetto la scelta del momento dal quale il diritto deve trovare soddisfazione (basta pensare alla pensione di inabilità e di invalidità).
La domanda di pensione da parte del soggetto interessato non rappresenta, però, un elemento costitutivo della fattispecie, ma piuttosto un onere a carico di tale soggetto per imporre all’ente previdenziale l’attività di certazione necessaria per l’erogazione della prestazione dovuta .
Occorre precisare che per alcune prestazioni (es.,pensioni di anzianità e di invalidità), l’istanza dell’interessato si pone quale necessario presupposto per la decorrenza del trattamento previdenziale, mentre per altre prestazioni, come ad esempio la pensione di vecchiaia,la domanda è irrilevante sia per la decorrenza che per l’insorgenza del diritto, atteso che il diritto alla pensione di vecchiaia sorge automaticamente al compimento dell’età pensionabile ove sussista la prescritta anzianità contributiva . Infatti, il diritto alla prestazione previdenziale sorge ex lege con il prodursi dell’evento generatore del bisogno nella sfera del soggetto tutelato e l’atto di impulso dell’interessato (domanda), come innanzi accennato, si configura, non già come un elemento della fattispecie ma, piuttosto come un onere a carico dell’interessato per imporre all’ente previdenziale la messa in moto dell’attività di certazione necessaria all’erogazione della prestazione dovuta . L’atto di impulso – pur se talora, come nel caso della pensione di invalidità condiziona la decorrenza della prestazione – resta tuttavia estrinseco alla fattispecie generatrice del diritto e non ha altra rilevanza giuridica che quella di determinare il sorgere dell’obbligo di certazione a carico dell’ente previdenziale e, nei casi espressamente previsti dalla legge, di segnare il termine di decorrenza della prestazione dovuta.

7. – La collaborazione dell’assicurato con l’ente previdenziale.
Per non gravare eccessivamente l’ente previdenziale ma anche per rendere più celere l’accertamento del diritto alla prestazione, la legge prevede un onere di collaborazione dell’assicurato.
In materia di controversie previdenziali, infatti grava sull’interessato ad ottenere l riconoscimento del diritto alla prestazione, uno specifico onere di collaborazione, rientrante nell’ambito del generale onere di provare la fondatezza del diritto controverso, consistente nella sottoposizione alla visita medica disposta in sede di consulenza tecnica d’ufficio, con la conseguenza che la mancata presentazione dell’interessato alla visita peritale disposta dal giudice comporta il rigetto della domanda per difetto di prova .

8. – Irrilevanza dei vizi, preclusioni e decadenze nelle procedure amministrative.
A tutela del diritto dell’assicurato ad ottenere prestazioni previdenziali/assistenziali, che potrebbero essere “pregiudicato” da vizi e preclusioni previste dalle procedure amministrative degli enti previdenziali, l’art.8 della l.n.533 del 1973 statuisce che nelle procedure amministrative riguardanti le controversie di cui all'articolo 442 del codice di procedura civile, non si tiene conto dei vizi, delle preclusioni e delle decadenze verificatesi.
Tale norma “nega” rilevanza ai vizi ed alle preclusioni ed alle decadenze verificatesi nel corso della procedura amministrativa , svincolando l’assicurato dalle insidie di requisiti o condizioni formali o procedurali.

9.- Il principio c.d. di mobilità dell’efficacia della domanda amministrativa.
Sempre come strumento di deflazione del contenzioso giudiziario e razionalizzazione della procedura amministrativa, occorre evidenziare che nel sistema previdenziale trova applicazione il principio c.d. di mobilità dell’efficacia della domanda amministrativa (art. 18 del d.P.R. n. 488 del 1968), in base al quale, qualora la domanda di pensione venga presentata senza che si sia verificata la fattispecie completa ( es., requisito contributivo), la domanda presentata è idonea a fare acquisire il diritto alla pensione col verificarsi dei requisiti e presupposti richiesti senza necessità di ripetere la domanda.

10. – Aggravamento della malattia nel corso della procedura amministrativa e giudiziaria ed art.149 disp.att. cpc.
Con l’intento di ridurre il contenzioso, per le ipotesi di aggravamento della malattia nel corso della procedura amministrativa e giudiziaria, è stato introdotto l’art.149, disp. att. cpc, per il diritto alle prestazioni, il cui ambito di operatività è stato ampliato sia dal legislatore che dalla giurisprudenza .
Nelle controversie previdenziali, infatti, trova applicazione il disposto dell’art. 149 disp. att. c.p.c. , in base al quale, nelle controversie in materia di invalidità pensionabile deve essere valutato dal giudice anche l’aggravamento della malattia, nonché tutte le infermità comunque incidenti sul complesso invalidante che si siano verificate nel corso tanto del procedimento amministrativo che di quello giudiziario. Sul punto, anche la giurisprudenza di legittimità ha affermato che nel caso di maturazione di uno dei requisiti per la pensione successivamente alla domanda, la pensione va concessa con decorrenza dal momento della sua maturazione.
Proprio al fine di deflazionare il contenzioso, la Suprema Corte ha esteso l'ambito di operatività dell'art.149 disp. att. cpc anche alle ATP. Ha affermato, infatti, che la previsione di cui all'art. 149 disp. att. c.p.c., dettata in materia di invalidità pensionabile, che impone la valutazione in sede giudiziaria di tutte le infermità, pur sopravvenute nel corso del giudizio, si applica anche ai giudizi introdotti ai sensi dell'art. 445 bis c.p.c., la cui ratio di deflazione del contenzioso e di velocizzazione del processo, nei termini di ragionevolezza di cui alla convenzione Edu, ben si armonizza con la funzione dell'art. 149 citato, sicché la sua mancata applicazione vanificherebbe la finalità della novella, creando disarmonie nella protezione dei diritti condizionate dai percorsi processuali prescelti (nella specie, la suprema corte ha cassato la sentenza che aveva escluso la sussistenza del requisito sanitario, perché l'aggravamento era intervenuto successivamente al deposito della consulenza tecnica in sede di ATP) .

11. – Prestazioni di durata, revoca della prestazione e nuova domanda amministrativa.
Con riferimento alle prestazioni c.d. di durata, la cui esecuzione si protrae nel tempo ed è suscettibile di modificazioni per effetto di fatti sopravvenuti che ne modificano i requisiti costitutivi del diritto, le sezioni unite della Corte di Cassazione , di “contrario avviso” ad un consolidato orientamento giurisprudenziale della stessa Corte di Cassazione, hanno affermato che “Ai fini della proponibilità dell’azione giudiziaria con la quale, in caso di revoca di una prestazione assistenziale, si intende accertare la persistenza dei requisiti costitutivi del diritto alla prestazione di invalidità, non è necessario presentare una nuova domanda amministrativa”.
Il principio espresso dalle sezioni unite è di rilievo non solo per le prestazioni assistenziali in genere (com’è per la fattispecie decisa dalle sezioni unite), ma anche per tutte le prestazioni c.d. di durata, la cui esecuzione si protrae nel tempo (ad es. pensione di invalidità o inabilità), e per le quali non si giustifica la necessità di anteporre una domanda amministrativa alla proposizione dell’azione giudiziaria a tutela del diritto dell’invalido che sia stato inciso dalla determinazione unilaterale di revoca da parte dell’ente.

12. – Regime delle spese nel processo previdenziale.
Fra gli strumenti utilizzati dal legislatore per ridurre il contenzioso previdenziale, ma anche per fare cassa, sono da indicare gli interenti sul regime delle spese di lite, con una progressiva riduzione del regime di gratuità.
Infatti il regime delle spese di lite nelle controversie previdenziali ed assistenziali è disciplinato in modo diverso rispetto al rito ordinario poiché, mentre l’art. 91 c.p.c. dispone che la parte soccombente rimborsi le spese di lite alla controparte vittoriosa, nel processo previdenziale si applica la previsione di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c. il quale, nella sua originaria formulazione, prevedeva l’esonero dalle spese di lite per la parte che avesse intrapreso una causa previdenziale e fosse risultato soccombente nei confronti degli enti previdenziali. Spese giudiziali nel processo previdenziale .
La norma è stata profondamente modificata dall’art. 42, comma 11, d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003 n. 326, che dispone, salva la previsione di cui all’art. 96 c.p.c. (responsabilità processuale aggravata per lite temeraria), che la parte soccombente non debba essere condannata alle spese di lite solo ove sia titolare, nell’anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito imponibile ai fini Irpef, risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi, pari o inferiore a due volte l’importo del reddito stabilito ai sensi dell’art. 76, commi da 1 a 3, e 77 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al D.P.R. n. 115/2002.
Il rinvio è alla legge sul gratuito patrocinio a spese dello Stato, nei giudizi sia civili che penali, che individua lo stato di non abbienza ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio, prendendo a riferimento il reddito imponibile dell’istante e, se convivente, dell’intero nucleo familiare risultante dallo stato di famiglia.

13. – Ritardo nella liquidazione della prestazione e spatium deliberandi per l’ente previdenziale.
Strumento di tutela del diritto dell’assicurato contro l’inefficienza dell’ente previdenziale ma anche strumento di tutela dell’ente previdenziale è la disciplina del ritardo nella liquidazione della prestazione.
Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n.156 del 1991, la responsabilità degli enti previdenziali per il ritardato pagamento delle prestazioni agli assicurati, prescinde dalla imputabilità del ritardo a colpa del debitore, con l’unica differenza costituita dalla concessione all’ente previdenziale di un termine di 120 giorni dalla domanda per provvedere alla liquidazione del credito previdenziale .
Il menzionato spatium deliberandi concesso agli enti previdenziali per la decorrenza degli interessi legali e rivalutazione monetaria su rate di pensione e su prestazioni in generale corrisposte in ritardo, ha la finalità di deflazionare il contenzioso previdenziale.
La corresponsione delle prestazioni da parte dell'ente previdenziale, però, non può protrarsi oltre il lasso di tempo ragionevolmente necessario per le operazioni di erogazione della spesa.
La facile liquidabilità del credito sulla base di elementi temporali certi e di parametri quantitativi predeterminati possono costituire indizio di prova della imputabilità colposa del ritardo della erogazione della prestazione. In applicazione delle regole di cui all’art. 7 l. 11.8.1973, n. 533, la decorrenza della mora è dal 121 giorno dalla data di presentazione dell’istanza all’ente previdenziale .
Va evidenziato, infatti, che il credito avente ad oggetto la corresponsione della pensione da parte dell'ente previdenziale non è produttivo di interessi corrispettivi (art. 1282 cod. civ.) dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, non potendo esso, alla data anzidetta, considerarsi liquido o facilmente liquidabile, atteso che la determinazione dell’entità della prestazione comporta una serie di accertamenti che trascendono i limiti di mero calcolo aritmetico ed esigono talvolta la cooperazione dello stesso creditore.
In caso di ingiustificato ritardo da parte dell'ente previdenziale, il credito avente ad oggetto la corresponsione della pensione è, invece, produttivo di interessi moratori con decorrenza – tenuto conto dei tempi di attuazione della particolare disciplina prevista per la liquidazione della pensione nonché del disposto dell’art. 443 c.p.c. – dalla scadenza del termine di proposizione del ricorso in sede amministrativa o, se anteriore, dalla data del compimento di tale procedura . Gli interessi legali decorrono, quindi, dal 121 giorno successivo alla data di presentazione della domanda di pensione, ovvero, qualora il diritto alla prestazione si perfezioni dopo tale data, dal 121 giorno successivo al perfezionamento del diritto.
Con sentenza n. 156 del 1991 la Corte costituzionale è intervenuta sulla materia dichiarando la illegittimità costituzionale dell’art. 442 cpc nella parte in cui non prevede che il giudice, nel pronunciare condanna al pagamento di somme per prestazioni previdenziali, determini anche la rivalutazione monetaria secondo gli indici istat, come avviene per i crediti da lavoro. Con tale sentenza è stata estesa ai crediti previdenziali la stessa tutela prevista per i crediti di lavoro (con conseguente cumulabilità degli interessi legali e della rivalutazione monetaria).
Il quadro normativo subiva una ulteriore modifica ad opera dell’art. 16, comma 6, della l. 30.12.1991, n. 412, il quale prevede che per l’ipotesi di tardiva erogazione di prestazioni previdenziali, l’importo della maggiorazione dovuta per interessi legali, deve essere portato in detrazione da quello eventualmente liquidato per rivalutazione monetaria.

14. – Improcedibilità della domanda giudiziale.
Strumento di tutela dell’ente previdenziale è certamente la prevista improcedibilità della domanda giudiziale ex art.443 cpc.
L’esperimento del ricorso amministrativo è condizione per eventuale azione giudiziaria per il disposto dell’art. 443 c.p.c., il quale prevede che la domanda giudiziaria non è procedibile se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi previsti per il componimento dei procedimenti stessi .
Dal mancato esperimento del procedimento amministrativo, non discende l’improponibilità dell’azione (prevista dall’abrogato art. 460 c.p.c.), ma la semplice improcedibilità, con temporanea sospensione del giudizio (il giudice, ove rilevi l’improcedibilità, sospende il giudizio e fissa un termine perentorio per la presentazione del ricorso).
Esauritasi negativamente la fase amministrativa (e cioè trascorso il termine previsto dalla normativa speciale decorrente dalla data di presentazione del ricorso), l'assicurato può esercitare l’azione giudiziaria nei confronti dell'ente previdenziale.

 

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