TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

Il sistema delle difese dei diritti è efficace se offre più alternative. Nel diritto del lavoro la via più conosciuta e normalmente praticata è il ricorso giudiziale ai sensi dell’art. 414 cpc ma accanto alla via giudiziaria vi è anche quella amministrativa, poco praticata e poco conosciuta, che merita migliore destino. Parliamo del ricorso monocratico all’Ispettorato del lavoro disciplinato dall’ art. 11 del decreto legislativo 23 aprile 2004 n. 124, con la diffida accertativa del successivo art.12.
In questo articolo cercheremo di spiegarne scopi e modi, con la speranza di farlo un po’ meglio di quanto riuscì a fare Agnese nei Promessi Sposi quando tentò di spiegare a Lucia, con parsimoniose parole, come vanno le cose del mondo per non farsene più “maraviglia”.
Chi tra gli avvocati giuslavoristi, in verità pochi, per difendere i lavoratori utilizza il ricorso monocratico lo fa a ragion veduta perché lo strumento è veramente utile ed efficace; può essere un’eccellente difesa contro le inadempienze del datore di lavoro in tutti quei casi, e non sono pochi, in cui lo strumento giudiziario appare poco praticabile per i costi e per la difficoltà di poter assolvere idoneamente gli oneri probatori. Nel diritto del lavoro chi normalmente agisce è il lavoratore; spetta a chi agisce saper scegliere tra la via giudiziaria e la via amministrativa, nella consapevolezza che, electa la via giudiziaria, non è più datur recursus a quella amministrativa mentre electa la via amministrativa si può sempre ricorrere, in qualsiasi momento, a quella giudiziaria.
La via amministrativa è stuzzicante anche perché non comporta spese di iscrizione a ruolo e il rischio di essere condannati al pagamento delle spese processuali. Si aggiunga poi che in genere anche i tempi di definizione delle controversie avanti l’Ispettorato del lavoro sono più celeri di quelli del Giudice del lavoro.
Il ricorso monocratico è esperibile per tutte le materie patrimoniali che sono suscettibili di richiesta di intervento ispettivo e per le quali il lavoratore interessato ritenga che vi possano essere elementi utili per una soluzione conciliativa con l’intervento dell’Ispettorato.
È utile azionare questa procedura amministrativa per ottenere la consegna dei documenti del rapporto di lavoro: lettera di assunzione, buste paga, libro unico del lavoro, timbrature in entrata e in uscita dal lavoro, contratto dell’appalto presso cui si presta o si è prestata l’attività lavorativa, accordi aziendali, e ogni altra documentazione inerente al rapporto di lavoro di cui il lavoratore non abbia il possesso o lo abbia perso. Il datore di lavoro ha l’obbligo di consegnare questi documenti. Si può ricorrere anche per rivendicare il diritto alla corresponsione di retribuzioni non pagate e di differenze retributive dovute con riferimento al contratto collettivo e al contratto individuale di lavoro. La procedura non è esperibile per i licenziamenti, per i superiori inquadramenti, per il mobbing, il risarcimento dei danni, gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Il ricorso è esperibile, per esplicita previsione della norma, nella sussistenza dell’interesse ad agire, non solo contro il datore di lavoro ma anche nell’appalto contro il committente per l’obbligo solidale di cui all’art 29 del d.lgs. 273 del 2003, sia per il pagamento della retribuzione che per il versamento della contribuzione. Si può esperire contro il committente per la consegna dei documenti relativi al contratto di appalto, almeno per quelle parti che hanno incidenza sul trattamento economico delle maestranze utilizzate nell’appalto stesso o al fine di ottenere la conoscenza degli elementi utili per la eventuale configurabilità della successione nella titolarità dell’azienda ai sensi dell’art. 2112 cod. civ,. con le connesse ricadute sul trattamento economico e normativo e sull’anzianità di servizio.
L’Ispettorato del lavoro non ha il potere di decidere la controversia. Ha solo il dovere di tentare la composizione bonaria della controversia. Ma se non ha il potere di decidere la controversia ha un altro potente e più incisivo potere: l’accertamento ispettivo. Il comma 5 dell’art. 11 testualmente prevede che “Nella ipotesi di mancato accordo, ovvero di assenza di una o di entrambe le parti convocate, attestata da apposito verbale, la direzione provinciale del lavoro dà seguito agli accertamenti ispettivi.” L’accertamento ispettivo significa che gli ispettori devono andare in azienda e sottoporla ad ispezione e cioè alla verifica della regolare tenuta delle scritture contabili, dei versamenti contributivi, della correttezza degli imponibili previdenziali della generalità dei lavoratori occupati e non della sola posizione del lavoratore ricorrente. Si tratta di una ispezione che può assumere un carattere invasivo; con il pericolo dell’effetto valanga e con la possibilità che qualche scheletro possa uscire dall’armadio del datore di lavoro. Qualsiasi imprenditore oculato, anche se scrupoloso osservante dei suoi obblighi amministrativi, retributivi e contributivi, non vede certo di buon occhio questa intromissione in casa. Questo potere ispettivo rende l’Ispettorato del lavoro molto più convincente nella ricerca di una soluzione conciliativa della controversia rispetto allo stesso Tribunale, perché non si è mai visto un Giudice che si rechi in azienda o mandi gli ispettori per accertamenti. Il lavoratore che fa ricorso all’Ispettorato del lavoro deve legittimamente far affidamento su questa eventualità dell’ispezione che gli conferisce di fatto una forza giuridica che altrimenti non avrebbe e non avrebbe nemmeno davanti al Tribunale. Come effetto benefico del potere ispettivo, le controversie avanti l’Ispettorato del lavoro spesso si concludono con il verbale di conciliazione, che ha gli effetti di cui all’art. 2113, secondo comma cod. civ.
L’avvocato che difende il lavoratore promuovendo il ricorso monocratico deve aver l’accortezza di formare e presentare all’ispettorato un atto difensivo completo. Deve formarlo come se si trovasse di fronte ad un ricorso ex art. 414 cpc da presentare in Tribunale. Deve esporre le ragioni in fatto e in diritto in modo specifico e porre l’ispettore in condizione di avere piena e dotta cognizione della controversia e delle richieste. Deve indicare i testimoni e le fonti di prova, deve allegare i documenti a supporto e suggerire le attività ispettive. Particolare attenzione deve dedicare all’esposizione delle rivendicazioni di carattere economico senza fare affidamento fideistico nell’altrui comprensione. Le rivendicazioni retributive devono essere accompagnate da conteggi analitici e gli imponibili previdenziali indicati in modo specifico
Quanto più il ricorrente saprà essere rigoroso e completo nell’esposizione delle sue ragioni, tanto più avrà possibilità di successo per raggiungere l’accordo con il datore di lavoro stimolato dalla presenza e dell’intervento dell’ispettore.
A volte il ricorso monocratico può efficacemente affiancare la causa già pendente o prossima ad essere iniziata; spinge a trovare la soluzione conciliativa dell’intera controversia. Con il ricorso giudiziario si può rivendicare il diritto al pagamento della retribuzione e con il ricorso monocratico il diritto al versamento della contribuzione previdenziale dovuta e debenda.
Il ricorso all’Ispettorato con i documenti può essere inviato per via telematica e può essere chiesto che la trattazione del ricorso, con la presenza personale delle parti e dei difensori, avvenga con convocazione da remoto.
Nell’inviare il ricorso all’Ispettorato del lavoro, l’avvocato deve avere l’accortezza di instaurare con immediatezza e lealtà il contradditorio con il datore di lavoro. Il ricorso, oltre che all’ispettorato, dovrebbe essere inviato anche al datore di lavoro, in modo che abbia con assoluta certezza conoscenza dell’intera materia del contendere tra le parti. L’invio del ricorso al datore di lavoro serve anche per abbreviare i tempi: il datore di lavoro ne ha conoscenza da subito senza aspettare di essere semplicemente informato dall’Ispettorato del lavoro al momento della convocazione avanti a sé delle parti. Dopo la trasmissione del ricorso, le parti possono anche avviare le loro trattative per la definizione conciliativa da subito e conciliare la controversia anche prima che arrivi la convocazione dell’Ispettorato del lavoro. L’invio al datore di lavoro è importante anche perché l’Ispettorato, invocando malamente il segreto d’ufficio, potrebbe rifiutare di consegnare al datore di lavoro il ricorso presentato dal lavoratore. Come si fa a conciliare senza conoscere le esatte rivendicazioni e i motivi portati a sostegno delle domande? Il datore di lavoro deve essere posto nella condizione di avere piena e totale cognizione delle rivendicazioni del lavoratore.
Nel ricorso monocratico è opportuno inserire anche la richiesta che l’Ispettorato del lavoro, nel caso in cui dalle sue attività di vigilanza, espletate anche a seguito del ricorso monocratico, che non si sia chiuso con la conciliazione, emergano dei crediti patrimoniali a favore dei prestatori d'opera, emani la diffida accertativa di questi crediti con l'obbligo dell’azienda di corrispondere al lavoratore interessato gli importi che sono risultati dovuti. Contro la diffida accertativa del credito patrimoniale il datore di lavoro può proporre opposizione. All'esito finale del ricorso di opposizione proponibile solo in sede amministrativa, il provvedimento diventa esecutivo. Senza l'intervento dell'autorità giudiziaria.
L’articolo 12 del decreto legislativo 23 aprile 2004 n. 124 testualmente prevede “1. Qualora nell'ambito dell'attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti. La diffida trova altresì applicazione nei confronti dei soggetti che utilizzano le prestazioni di lavoro, da ritenersi solidalmente responsabili dei crediti accertati.
2. Entro trenta giorni dalla notifica della diffida accertativa, il datore di lavoro può promuovere tentativo di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro. In caso di accordo, risultante da verbale sottoscritto dalle parti, il provvedimento di diffida perde efficacia e, per il verbale medesimo, non trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 2113, commi primo, secondo e terzo, del codice civile. Entro il medesimo termine, in alternativa, il datore di lavoro può promuovere ricorso avverso il provvedimento di diffida al direttore dell'ufficio che ha adottato l'atto. Il ricorso, notificato anche al lavoratore, sospende l’esecutività della diffida ed è deciso nel termine di sessanta giorni dalla presentazione.
3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2 o in caso di mancato raggiungimento dell'accordo, attestato da apposito verbale, oppure in caso di rigetto del ricorso, il provvedimento di diffida di cui al comma 1 acquista efficacia di titolo esecutivo.”
Questo decreto accertativo dell’Ispettorato del lavoro amplia la possibilità di difesa del lavoratore. Occorre approfittarne in modo opportuno e adeguato.
I tempi di definizione della procedura del ricorso monocratico, almeno in Lombardia, sono celeri. In pochi mesi arriva la convocazione dell’ufficio con ispettori capaci e diligenti.
Il ricorso deve essere presentato all’Ispettorato territorialmente competente. La competenza si individua con il luogo della prestazione lavorativa resa dal lavoratore. Nel caso in cui il ricorso fosse presentato ad un Ispettorato territorialmente incompetente, sarà l’ufficio stesso a trasmetterlo a quello competente. Nell’individuare la competenza territoriale, occorre sempre considerare la possibilità che l’Ispettorato debba dare corso alle attività di ispezione all’interno dell’azienda nel caso in cui non si dovesse raggiungere l’accordo conciliativo tra le parti. Questa attività dovrà essere espletata dall’Ispettorato territoriale del luogo ove ha sede o vi sono gli uffici del datore di lavoro.
Il ricorso monocratico non richiede contributi di iscrizione a ruolo e non prevede la condanna al pagamento delle spese per nessuna delle parti. Con le ultime riforme dell’art. 92 sulle spese processuali e con gli aumenti dei contributi di iscrizione a ruolo, ricorrere al Giudice del lavoro diventa sempre più difficile per chi vive solo di retribuzione. I Tribunali, le Corti di Appello come la Cassazione condannano sempre più i lavoratori soccombenti al pagamento delle spese processuali con somme notevoli, a volte ci rimettono mesi e mesi di retribuzione o la liquidazione di tanti anni di lavoro.
Particolarmente per le rivendicazioni di mezzo, quelle su cui non si ha certezza giuridica oppure la certezza di poter fornire la prova (come, ad esempio, qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato oppure pagamenti di compensi per ore di lavoro straordinario), al fine anche di evitare le condanne, la procedura ha un’indubbia utilità. Le spese dell’avvocato eventualmente, se si dovesse raggiungere l’accordo conciliativo, farebbero giustamente e correttamente parte del pacchetto della conciliazione tra le parti.
Chiusa la procedura amministrativa senza la conciliazione, la parte può sempre ricorrere al Giudice e tra le domande aggiungere anche la richiesta del risarcimento dei danni che ha subito in conseguenza del ricorso inutilmente depositato avanti l’Ispettorato per l’indisponibilità del datore di lavoro di conciliare la controversia. Ovviamente la domanda risarcitoria per questo risarcimento potrà essere accolta solo nel caso in cui, per quella medesima domanda, il lavoratore dovesse risultare vittorioso in sede giudiziaria. A sostegno di questa domanda risarcitoria, ben possono invocarsi gli artt. 1175, 1176, 1223 e 1225 del codice civile. In ogni caso, il comportamento tenuto dal datore di lavoro nella fase amministrativa del ricorso monocratico può essere fatto valere positivamente sul regolamento delle spese processuali, allorché il Giudice dovesse pronunciarsi sulla controversia.
Il ricorso monocratico non deve essere confuso con il tentativo di conciliazione di cui all'art. 410 e segg. Cpc avanti la Commissione di conciliazione istituita presso la Direzione provinciale del lavoro. Quest’ultimo ricorso, nel caso in cui le parti non dovessero sottoscrivere il verbale di conciliazione, si chiude senza altre conseguenze, mentre nel ricorso monocratico la mancata conciliazione apre le porte all’ispezione presso l’azienda e all’eventuale emissione del successivo decreto accertativo del credito a favore del lavoratore di cui all’art. 12 del decreto legislativo 23 aprile 2004 n. 124.
Il ricorso alla Commissione di conciliazione, per esplicita previsione dell’art. 410 secondo comma cpc "interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza." Il ricorso monocratico non ha nessuno di questi effetti, ad eccezione della interruzione della prescrizione nel caso in cui il ricorso sia stato notificato al datore di lavoro e/o al committente dell'appalto obbligato in solido.
Gli avvocati giuslavoristi devono considerare positivamente la procedura amministrativa del ricorso monocratico e del decreto accertativo, perché i costi della lite giudiziaria per il lavoratore sono diventati insostenibili; dopo la riforma degli artt. 91 e 92 cpc del d.l. 22 dicembre 2011, n. 212 e del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, per volontà del Parlamento e per interpretazione giurisprudenziale delle norme, andare dal Giudice del lavoro è diventato un lusso che il lavoratore non può più allegramente permettersi, come nei tempi passati. Può andarci con disinvoltura solo chi economicamente non ha nulla da perdere perché non ha paura di subire i pignoramenti del datore di lavoro in conseguenza della condanna al pagamento delle spese processuali non avendo beni o crediti pignorabili.
La via amministrativa del ricorso monocratico e del decreto accertativo è certamente una valida e seria alternativa, almeno per quelle situazioni processuali e sostanziali di mezzo in cui il risultato finale della decisione giudiziaria presenti per il lavoratore elementi di incertezza e rischi di condanna al pagamento delle spese processuali, che non sono di entità simbolica.
Il datore di lavoro è il soggetto forte del contratto di lavoro; amministra il rapporto di lavoro da una posizione di forza, autodeterminandosi. Il lavoratore, invece, non è nelle condizioni di fare altrettanto: ha sempre necessità di dover chiedere l’intervento del Giudice. Come un fiume carsico che cerca di uscire in superficie, il lavoratore deve saper individuare la procedura più appropriata che gli consenta di affrontare senza danni il contenzioso col datore di lavoro. Il Ricorso monocratico è sicuramente una carta da poter giocare. Più ricorsi monocratici con contenuto patrimoniale avrebbero il lodevole beneficio di ridurre il contenzioso giudiziario liberando risorse e personale che più proficuamente potrebbero essere utilizzate nelle controversie più significative, come ad esempio quelle che hanno ad oggetto le impugnazioni dei licenziamenti, particolarmente dopo la recente soppressione del tanto non amato rito Fornero.

 

 

 

 

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