TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

Nozione
Per giustizia predittiva deve intendersi una branca del diritto che studia le possibilità di predire l’esito di un giudizio tramite alcuni calcoli . Può anche avvalersi di Intelligenza Artificiale .
Dal 2018 in poi il tema si è sviluppato esponenzialmente; ne sono prova:
-i quasi cento eventi dedicati nel 2022 presso le varie Corti di appello, Università, Associazioni;
-i vari progetti di ricerca ;
-i vari progetti di aziende private (progetti GiuriMatrix e OneLegale);
-le varie iniziative presso Tribunali (Brescia , Bari, Genova, Pisa, Milano ed altri) e Cassazione;
-il disegno di legge denominato Prodigit (n. C. 3593);
-i richiami alla giustizia predittiva formulati in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 .
Sul piano terminologico, va precisato che:
-la predizione è l’insieme delle previsioni, controllabili sperimentalmente, che se ne possono dedurre: la predizione, cioè, è deduttiva ;
-la previsione è una supposizione su ciò che avverrà o come si svolgeranno in futuro gli eventi, basandosi su indizi più o meno sicuri, su induzioni, ipotesi o congetture ; la previsione, cioè, è induttiva.
L’art. 65 dell’Ordinamento giudiziario, nell’indicare le attribuzioni della Corte Suprema di Cassazione afferma che questa «assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni»; id est: l’organo supremo deputato ad interpretare il diritto deve assicurare uniformità ed unità del diritto oggettivo nazionale, così confermando che il diritto è oggettivo, ovvero deve essere certo per permetterne il controllo.
Lo stesso giudicante non può discostarsi dalla legge, interpretandola in modo arbitrario, perché violerebbe la legge sull’interpretazione (ex art. 12 preleggi) a cui è pienamente assoggettato ex art. 101 Cost. L’art. 101 Cost. e l’art. 65 ord. giud. esprimono l’impersonale oggettività del diritto e la funzionalità tecnica della sua applicazione, vietando pre-giudizi e pre-comprensioni. Se il diritto è oggettivo, nel senso di avere una base di regole predeterminate e vincolanti, allora deve essere possibile prevederne l’applicazione.

Il caso Compas
Il primo caso di incidenza degli algoritmi sulla giustizia si è avuto con Compas.
La questione è stata affrontata dalla Suprema Corte dello Stato del Wisconsin, negli U.S.A., caso “Stato contro Loomis”, riguardante la legittimità dell’applicazione di un software/algoritmo denominato Compas (algoritmo proprietario) per la determinazione della recidività di un soggetto che si era macchiato di un determinato crimine ai fini dell’applicazione della pena.
Il signor Loomis, nel procedimento penale a suo carico, contestava sia il fatto che sulla base dell’applicazione del software/ algoritmo gli venisse
attribuito il valore massimo di recidività, sia il fatto che il giudice di primo grado avesse utilizzato un algoritmo predittivo per addivenire alla condanna, con evidente violazione delle garanzie del giusto processo, in quanto il meccanismo di operatività di Compas,- che si basa sulla raccolta e sulla elaborazione dei dati emersi dal fascicolo processuale e dall’esito di un test a 137 domande a cui viene sottoposto l’imputato, riguardanti l’età, l’attività lavorativa, uso di droghe, opinioni personali, percorso
criminale, - non è pubblicamente noto, e dunque la sua validità scientifica non risulterebbe accertabile .
Loomis adduceva dunque diverse motivazioni a sostegno delle violazioni subite: anzitutto, sosteneva che era stato incapace di difendersi rispetto alla conclusione cui era giunto il software proprio perché, non conoscendo l’algoritmo che girava sul software, non si trovava nelle condizioni di poter riconoscere se le informazioni che erano state immesse dallo stesso fossero state trattate con accuratezza o meno; in secondo luogo, sosteneva vi fosse stata una violazione del diritto ad una sentenza
personalizzata, in quanto il calcolo dell’algoritmo si basava su un’analisi di un gruppo omogeneo, con evidente spersonalizzazione del proprio diritto rispetto a quel determinato giudizio.
La Corte Suprema del Wisconsin, pronunciandosi sul ricorso proposto da Loomis, dichiarò all’unanimità la legittimità dell’uso giudiziario di algoritmi che misurano il rischio di recidiva. Tra l’altro, è opportuno puntualizzare, anche se l’algoritmo non era conosciuto, le informazioni utilizzate provenivano in ogni caso da un questionario cui deliberatamente e volontariamente si era sottoposto il signor Loomis e divenute, per ciò stesso, dati pubblici .
Inoltre, il punteggio che veniva attribuito dal software non era di tipo determinativo, in quanto rappresentava semplicemente una parte del procedimento che poi avrebbe condotto all’emanazione della sentenza dagli organi a ciò adibiti: il software, era quindi un ausilio all’attività propria degli organi giudicanti; in ultimo, l’utilizzo del genere (maschile) nel punteggio non era discriminatorio, anzi promuoveva, in un certo senso l’accuratezza, perché in grado di meglio clusterizzare quella determinata tipologia di reato.
Da una lettura attenta della sentenza della Corte Suprema, ci si rende conto che l’utilizzo dell’algoritmo Compas in questione è da circoscrivere ad ipotesi ed a circostanze ben determinate: difatti, non può essere utilizzato né per definire una sentenza né per quantizzare la pena esatta da infliggere ad un determinato soggetto; l’algoritmo può essere solamente un ausilio, un supporto di cui il giudice si serve e che mai può sostituire lo stesso .
Va anche precisato che non tutti i ragionamenti giuridici sono uguali .
In Italia è giunto il dibattito sulla possibilità di sostituire i giuristi con robot (IA), nelle declinazioni di giudice robot e avvocato robot.

I modelli
Attualmente si sono sviluppati due modelli :
-uno deduttivo, dove si applica la legge al caso, completata delle difese delle parti, così predicendo la probabile sentenza;
-l’altro induttivo, dove si utilizzano i precedenti giurisprudenziali per prevedere la probabile sentenza .

Il modello induttivo
Il tema della giustizia predittiva viene oggi sviluppato, in misura prevalente, seguendo un’impostazione statistica-giurisprudenziale: si verificano i precedenti giurisprudenziali ed in base a questi si prevedono le decisioni future.
Esemplificativamente: se dieci sentenze su cento precedenti dicono che nel caso x si applica y, allora ci sarà il 10% di possibilità che in futuro il giudice a parità di fatto x si orienterà su y.
In questa direzione militano alcuni progetti dei Tribunali italiani (Corte di appello di Bari, di Venezia, di Brescia), oltre a realtà che vanno consolidandosi in altri Paesi (Francia, in primis).

Rilievi critici
Si ritiene che la tesi della previsione su base statistica-giurisprudenziale non sia da privilegiare.
Ciò per le seguenti ragioni:
l’impostazione basata su meri calcoli statistici dei precedenti giurisprudenziali ha una portata limitata ai soli casi in cui ci siano numerosi precedenti, così da escludersi i casi più complessi relativi alle novità normative, non ancora oggetto di stratificati orientamenti giurisprudenziali;
non è in linea con il nostro sistema che è di civil law e non common law, con la conseguenza che qualsiasi giudice può legittimamente discostarsi da un precedente;
vi è un alto rischio di fallacia in quanto la ripetizione dell’errore non diviene correttezza, in ambito scientifico; se, esemplificativamente, un errore giurisprudenziale è ripetuto tante volte, non diviene, per ciò solo, non errore; dunque, se una sentenza è errata, allora vi è il rischio che venga seguita solo perché precedente giurisprudenziale;
altresì vi sarebbe il rischio di standardizzazione; difatti, se si ritiene che una causa abbia un basso livello di successo perché contraria a molti precedenti[24], allora nessuno proporrà tale causa, con la conseguenza di frustrare la spinta naturalistica all’evoluzione del diritto;
la predizione di una sentenza fallisce se si basa sui precedenti per la semplice ragione che questi, sotto il profilo numeric, non vengono tenuti conto nella decisione finale; ad esempio, in sede di decisione collegiale a Sezioni Unite, non assume rilevanza il numero di precedenti a favore o contro una soluzione, ma unicamente la correttezza degli argomenti esposti pro e contro.

Modello deduttivo
Si ritiene preferibile utilizzare un modello deduttivo: si deve applicare la legge al singolo caso, e non la sentenza; infatti solo la prima è generale, astratta e vincolante per il giudice ex art. 111 Cost., mentre la seconda è avvinta dai limiti del giudicato ex art. 2909 c.c.
Con il modello deduttivo, si dovrà vedere caso per caso quali argomenti ha utilizzato l’avvocato, verificandone la capacità persuasiva rispetto alla legge, indipendentemente dal numero di precedenti contrari ed eventualmente anche andare esente da responsabilità per un’azione ritenuta temeraria solo ex post, quando gli argomenti sembravano ex ante validi.
Si parte dall’idea che il provvedimento giudiziario PG consiste nel mandare il fatto F nel diritto D:
PG : F --> D
Si tratta di semplificazioni perchè il fatto rileva solo in quanto provato, mentre il diritto solo per come interpretato.
Se così è, allora, è sufficiente utilizzare la principale regola sull’interpretazione, che è l’art. 12 preleggi, per modellizzarla e utilizzarla al fine di anticipare come il giudice deciderà; diversamente, per il fatto, la predizione non viene attualmente ritenuta possibile in ragione della significativa discrezionalità in capo al giudicante ex art. 116 c.p.c.

La formalizzazione matematica dell’art. 12 preleggi
si ritiene possibile elaborare un modello matematico, che permetta di risolvere i conflitti interpretativi alla luce del dictum dell’art. 12 preleggi.
Poiché per l’art. 12:
sono possibili 4 interpretazioni (comprensive di interpretazioni unite e/o composte tra loro);
l’analogia legis prima, e iuris dopo, sono utilizzabili solo in assenza di una “precisa disposizione” (<=>IL=0);
in presenza di quattro interpretazioni divergenti, l’interpretazione analogica non può mai prevalere su quella letterale (IL≥IR≥AL≥AI);
in caso di contraddizione tra interpretazioni letterali, il risultato non può ritenersi pari ad una “precisa disposizione”, così da legittimare l’analogia legis ed, in caso di dubbio, l’analogia iuris;
il numero di possibili interpretazioni dello stesso tipo non è fissato in modo rigido (per cui possiamo assegnare la lettera n per indicare tale variabile);
allora è predicabile la seguente formula interpretativa , con la precisazione che in assenza di uno dei dati sotto indicati potrà essere inserito il valore 0 (zero):
IP = (IL ± ILn) ∧ (IR±IRn) ∘ [IL = 0 =>(AL±ALn)] ∘ [AL ≈ 0 => (AI ± AIn)].

Si ritiene utile indicare il significato dei simboli utilizzati:
IP corrisponde all’interpretazione di una data disposizione di legge;
IL corrisponde all’interpretazione letterale ex art. 12 preleggi;
IR corrisponde all’interpretazione per ratio o teleologica ex art. 12 preleggi;
AL corrisponde all’interpretazione per analogia legis ex art. 12 preleggi;
AI corrisponde all’interpretazione per analogia iuris (“principi generali dell’ordinamento giuridico”) ex art. 12 preleggi;
± corrisponde a più (somma) oppure meno (sottrazione), in dipendenza dell’ interpretazione utilizzata, se volta ad affermare (+) oppure a negare (-);
∧ vuol dire and, inteso come “e”, pensato qui come un’unione (o sintesi);
∘ corrisponde alla composizione, cioè una sorta di sintesi tra dati non omogenei, ovvero più semplicemente la composizione è una forma di “miscelamento” (non corrispondente alla somma aritmetica) tra più dati;
=> corrisponde al significato di se…allora (IL=0=> vuole dire se IL è uguale a 0, allora…);
≈ corrisponde al significato di circa;
n è una variabile corrispondente al numero di possibili interpretazioni del medesimo tipo.

In sostanza, quanto è stato appena scritto equivale a dire:
l’interpretazione della legge (IP) è uguale (=) all’unione (∧) tra somma o sottrazione di più interpretazioni letterali (IL ± ILn) con la somma o sottrazione di più interpretazioni per ratio (IR±IRn); se manca una precisa disposizione di legge (IL=0), si procede a sommare o sottrarre interpretazioni per analogia legis (=>(AL ± ALn)); nel caso in cui il caso sia ancora dubbio (AL ≈ 0), si può procedere a sommare o sottrarre interpretazioni per analogia iuris (=> (AI ± AIn)).

Per maggiore precisione, possiamo sostituire ± con la sommatoria (∑), la quale ammette sottrazioni tramite il meccanismo di somma tra valori negativi; per esempio: 7-3 diviene 7 + (-3) = 4; fissiamo poi che il valore n può andare da 0 ad infinito (∑_(n=0)^∞▒ ) per ammettere solo valori positivi.

Avremo allora:

IP=(∑_(n=0)^∞▒IL (n) ∧ ∑_(n=0)^∞▒〖(n) IR 〗)∘ [IL=0=>∑_(n=0)^∞▒〖AL (n) 〗] ∘ {AL≈0=>∑_(n=0)^∞▒〖AI (n) 〗┤}

 

Convenzionalmente, per mera comodità espositiva, fissiamo:
IP=
(∑_(n=0)^∞▒IL (n) ∧ ∑_(n=0)^∞▒〖(n) IR 〗)∘[IL=0=>∑_(n=0)^∞▒〖AL (n) 〗] ∘{AL≈0=>∑_(n=0)^∞▒〖AI (n) 〗┤}
= ∑i(n)

Pertanto:

IP = ∑i(n)

 

Un esempio

Verifichiamo se la formula appena esposta, quando utilizzata, permette di pervenire allo stesso risultato cui perviene la giurisprudenza nomofilattica a parità di caso ed argomenti.
Si è posta la seguente questione all’attenzione delle Sezioni Unite, risolta con la pronuncia n. 15350/2015 : è risarcibile il c.d. danno tanatologico (danno da morte immediata)?
Le varie interpretazioni possibili, in particolare AI, depongono contemporaneamente in sensi opposti (⋂), con la conseguenza di dover utilizzare i simboli + e – (più e meno).
La tesi positiva si reggeva sui seguenti argomenti:
la morte immediata non esiste per la scienza medica, con la conseguenza che sussiste sempre un minimum di spatium vivendi tra lesione e morte, tale da far sorgere in capo alla vittima principale un’autonoma pretesa risarcitoria, suscettibile di trasmissione iure successionis (AI.1);
opinando in modo diverso, si raggiungerebbe l’absurdum per cui uccidere sarebbe economicamente più conveniente che ferire perché nel secondo caso sorgerebbero i crediti iure successionis, diversamente dal primo caso (AI.2 );
eccezionalmente sarebbe possibile attribuire rilevanza al c.d. danno-evento in deroga all’art. 1223 c.c. (AI.3).
La tesi negativa si reggeva sui seguenti argomenti (il segno meno indica interpretazioni neutralizzanti):
la morte immediata esiste e lede il bene vita, che è diverso dal bene salute; se si ammettesse il risarcimento, allora si finirebbe per far confluire il bene vita in quello salute, così trattando in modo uguale situazioni giuridiche diseguali, vulnerando l’art. 3 Cost. (-AI.1);
il danno da morte immediata, ledendo il bene giuridico della vita, è impermeabile all’integrazione per equivalente, diversamente dal bene salute (AI.4);
non è un absurdum quantificare maggiormente il danno da lesione rispetto a quello da uccisione perché, in concreto, nel secondo caso sul danneggiante grava una sanzione maggiore in virtù dell’operatività del diritto penale che commina una pena maggiore (-AI.2);
non è possibile attribuire rilevanza al solo danno-evento perché non è eccezione ammissibile in difetto di espressa previsione di legge, rispetto al dictum letterale dell’art. 1223 c.c. (–AI.3).
Abbiamo fissato la seguente formula per l’interpretazione giuridica:
IP = ∑i(n)

Sappiamo che
∑i(n)=(∑_(n=0)^∞▒IL (n) ∧ ∑_(n=0)^∞▒〖(n) IR 〗)∘[IL=0=>∑_(n=0)^∞▒〖AL (n) 〗] ∘{AL≈0=>∑_(n=0)^∞▒〖AI (n) 〗┤}

Dunque:
IP = ∑i(n)=(∑_(n=0)^∞▒IL (n) ∧ ∑_(n=0)^∞▒〖(n) IR 〗)∘[IL=0=>∑_(n=0)^∞▒〖AL (n) 〗] ∘{AL≈0=>∑_(n=0)^∞▒〖AI (n) 〗┤}

Inseriamo ora le interpretazioni utilizzate per affrontare il caso sottoposto alle Sezioni Unite:
IP = 0 ∧ 0 ∘ [IL = 0 =>(0)] ∘ [AL ≈ 0 => (AI.1 + AI.2 + AI.3 – AI.1 + AI.4 - AI.2 – AI.3)]

Procediamo a semplificare:
IP = 0 ∧ 0 ∘ [IL = 0 =>(0)] ∘ [AL ≈ 0 => (AI.1 + AI.2 + AI.3 – AI.1 + AI.4 - AI.2 – AI.3)]
Ne segue che:
IP = AI.4

Per la formula sull’interpretazione giuridica il danno tanatologico non è risarcibile.
La Cassazione a Sezioni Unite con la pronuncia 15350/2015 perviene allo stesso identico risultato .

Confronto tra i due modelli in termini di score di successo
Per cercare di comprendere il modello migliore per ‘predire’ la probabile sentenza , si è deciso di procedere con la sperimentazione (come avviene per le scienze) su casi oggetto di contrasto giurisprudenziale consapevole.
Sono state utilizzate alcune ordinanze di rimessione alle Sezioni Unite, prese casualmente dalla materia civile, in quanto solitamente contengono sia le tesi contrapposte e sia l’eventuale prevalenza numerica di una sull’altra; successivamente sono stati previsti/predetti i futuri contenuti delle sentenze a Sezioni Unite (da sei mesi di anticipo in avanti), per poi verificarne la corrispondenza tra predetto e deciso.
Questi i risultati su 12 casi esaminati :
-utilizzando il modello deduttivo , 8 sentenze sono state predette correttamente (66,6%);
-utilizzando il modello induttivo, 4 sentenze sono state previste correttamente (33,3%).

 

Da quanto esposto emerge che:
-il modello deduttivo ha uno score di successo maggiore per le questioni oggetto di contrasto consapevole.
Il processo del lavoro
Quanto appena evidenziato, studiato principalmente nell’ambito del diritto civile nelle declinazioni di diritto delle obbligazioni, dei contratti e delle responsabilità, può essere ancor più utile nel processo del lavoro.
Ciò in quanto il rito lavoro, con particolare riferimento agli artt. 414 e 417 c.p.c., impone più degli altri di cristallizare prima le rispettive posizioni, con la conseguenza che si ottengono immediatamente le eventuali variabili da inserire nella formula sopra spiegata, id est le difese delle parti.
Pertanto: avendo a disposizione prima le difese delle parti e procedendo all’inserimento della formula, si ottiene il probabile esito della causa (almeno per quelle dove la questione è soprattutto interpretativa), con il vantaggio di poter più compiutamente valutare l’ipotesi di un accordo; tanto più la sentenza è prevedibile, tanto più si favorisce l’accordo; è la sua imprevedibilità a spingere al rifiuto dell’accordo in quanto una parte può ritenere di avere ragione a tutti i costi.
Quello che si intende dire è che l’accordo si raggiunge più facilmente quanto si presenta, al tavolo conciliativo, il probabile esito della causa: oltre tutto, l’accordo viene rispettato di più della sentenza perchè non percepito come imposto dall’esterno.
Il giudice robot
La diffusione di un giudice robot, sostitutivo del giudice non è applicabile in Italia, almeno per le seguenti tre convergenti ragioni:
-l’art. 25 Cost., nel predicare il principio di giudice naturale precostituito per legge, ne postula la sua umanità;
-l’art. 51 c.p.c. impone l’astensione del giudice per grave inimicizia con una delle parti; ebbene: l’inimicizia è concetto tipicamente umano, con la conseguenza che il legisltore postula una persona umana, non robot;
-sussiste un principio di simmetria di natura tra giudicante e persona giudicata, nelle principali declinazioni del processo civile, penale, amministrativo; si intende dire che il giudicante deve essere umano come il soggetto che va a giudicare per la ragione decisiva che, diversamente, non risucirebbe a comprendere le pulsioni fino in fondo, che sono tipicamente umane; la conseguenza sarebbe una limitazione alla difesa, in contrasto con il suo carattere di inviolabilità ex art. 24 Cost., in quanto il giudice non riuscirebbe a comprendere fino in fondo la difesa perchè di natura diversa.

L’avvocato robot
Si è parlato anche di Avvocato robot, come sostitutivo del difensore.
Si sarebbe dovuta tenere proprio un’udienza (negli Stati Uniti) in cui una IA (DoNotPay) suggeriva cosa rispondere all’accusato, tramite cuffie, in un processo per multa stradale.
Come può una IA suggerire cosa dire, in sede processuale ?
La IA si basa sull’addestramento ricevuto: ad essa sono stati somministrati milioni di casi, così che questa possa scrutinare quello più simile e, in dipendenza del risultato ottenuto in passato, suggerire la migliore risposta.
Poniamo il seguente esempio:
-Tizio è accusato del fatto X;
-la IA verifica, nel proprio database, che su 3 casi su 100, l’accusato non è stato condannato per X;
-pertanto, la IA suggerisce in tempo reale a Tizio di rispondere con le enunciazioni emerse nei 3 casi.
E’ utile questa forma di IA?
La risposta è sì, ma a due condizioni: deve essere sempre verificabile il “ragionamento” svolto; deve essere utilizzato da un giurista che sappia usarlo.
Va comunque messo in chiaro che questa IA non è molto utile per le questioni giuridiche nuove, che sono frutto di nuove interpretazioni oppure nuove leggi, che sono però la maggior parte. Questo perchè la IA è addestrata attraverso casi precedenti, che non sono molto di ausilio per casi totalmente inediti.
Per fare un esempio, dato un sistema di sentenze (con F si indica il fatto con cui è stata addestrata la IA e con D la difesa che in passato ha permesso l’assoluzione):
F1 ---> D1
F2 ---> D2
F3 ----> D3
F4 ---> D4
Quale sarà la difesa migliore D per un fatto non contemplato, ad esempio F5?
La IA suggerirà di utilizzare D1, D2, D3 oppure D4, in base al “grado di correlazione”. Nella realtà, invece, la migliore difesa sarebbe D5, ovvero una difesa completamente nuova, che però può essere costruita solo da un avvocato . Dunque, la migliore difesa sarebbe quella umana.

Conclusioni

Il diritto viaggia verso il nuovo.
Bisogna stare attenti però: se il nuovo è nel senso di sostituire il professionista con un software da interrogare e poi fidarsi del risultato, allora non è cosa buona e giusta.
Diversamente: se il nuovo è nel senso di rendere più prevedibile il diritto, tramite la potenza della matematica, in uno con l’umanità del professionista, allora è cosa buona e giusta.

 

 

 

 

 

 

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