Testo integrale con note e bibliografia

1.-Premessa
Il disegno di legge (1662/S/XVIII) recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie», all’art. 7, dispone che «1. Nell’esercizio della delega di cui all'articolo 1, il decreto legislativo o i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura civile in materia di controversie di lavoro e previdenza sono adottati nel rispetto del seguente principio e criterio direttivo: unificare e coordinare la disciplina dei procedimenti di impugnazione dei licenziamenti, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, adottando le opportune norme transitorie, prevedendo che:
a) la trattazione delle cause di licenziamento in cui sia proposta domanda di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro abbia carattere prioritario; […]».
Tre gli interventi legislativi preconizzati e aventi ad oggetto le controversie di lavoro e previdenziali, spicca quindi la volontà del Governo di accantonare definitivamente il rito specifico accelerato per l’impugnativa dei licenziamenti individuali, introdotto dalla l. 92/2012 all’art. 1, commi 47 e ss. (c.d. Legge Fornero).
Anche la «Commissione per l’elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile e di strumento alternativi», istituita presso il Ministero della Giustizia con d.m. 12 marzo 2021 e presieduta dal Prof. Luiso, ha avallato la scelta di abrogare il rito in questione, considerando che, tra le proposte di modifica dell’art. 7 si legge: «c) prevedere l’unificazione dei procedimenti di impugnazione dei licenziamenti, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
1) stabilire l’applicabilità della disciplina vigente a tutte le impugnazioni successive alla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo, con conseguente superamento dell’applicazione della disciplina di cui all’articolo 1, commi da 47 a 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92;
2) stabilire altresì il carattere prioritario della trattazione delle cause di licenziamento e dettare l’opportuna disciplina transitoria; […]».
La prospettiva di riforma del processo civile è stata oggetto di critiche e contestazioni e, in effetti, le scelte di fondo del disegno di legge delega suscitano, agli occhi dell’interprete, più di qualche dubbio vuoi sotto il profilo dell’opportunità di intervenire sulla già martoriata disciplina positiva del processo civile , vuoi sotto quello eminentemente tecnico: si pensi, per esempio, all’inasprimento del sistema di preclusioni per le cause civili, sul modello proprio del rito del lavoro codicistico, rispetto al quale molte obiezioni sono state sollevate, inter alios, dall’Associazione italiana fra gli studiosi del processo civile .
Eppure, proprio come l’orologio, che, anche se fermo, segna l’ora esatta almeno due volte al giorno, nel d.d.l. è possibile, soprattutto in materia di contenzioso lavoristico, cogliere alcuni aspetti positivi.
Sembra infatti destinato all’abrogazione il rito specifico accelerato per l’impugnativa dei licenziamenti e così parrebbe in procinto di compiersi l’iter, avviato dall’art. 11 d. lgs. n. 23/2015, di progressivo abbandono delle forme processuali speciali volute dalla l. 92/2012.
In realtà, come da più parti rilevato, la scelta del d. lgs. 23/2015 di sottrarre alle regole del rito specifico accelerato le impugnative dei licenziamenti non assoggettate alle tutele dell’art. 18 st. lav., lasciando però in vigore il rito “Fornero” per quelle che, invece, non ricadono nell’ambito delle c.d. “tutele crescenti”, aveva, a sua volta suscitato dubbi e critiche.
La duplicità del regime processuale di impugnativa dei licenziamenti era stata segnalata come del tutto irragionevole, vuoi sotto il profilo della sovrapponibilità (parziale) delle forme di tutela apprestate dall’art. 18 St. lav. e dal d.lgs. n. 23/2015, vuoi sotto quello dei prossibili problemi, puntualmente verificatisi, di simultaneus processus tra più azioni di impugnativa soggette a riti diversi.
Peraltro, la previsione contenuta nel d.d.l. delega in parola si pone, idealmente, in continuità con quanto previsto dal d.d.l. delega, presentato nel corso della precedente legislatura, recante disposizioni per l’efficienza del processo civile (2284/S/XVII) .
L’unica previsione destinata a sopravvivere alla annunciata abrogazione è il c.d. fast track per le controversie aventi ad oggetto le impugnative dei licenziamenti.
È opinione condivisa, infatti, che la maggior celerità registrata, negli ultimi anni, per l’emissione delle decisioni di primo grado in questa materia sia dipesa da fattori del tutto estranei alla disciplina processuale, quali, appunto, la corsia preferenziale che le sezioni lavoro hanno predisposto per le impugnative de quibus e l’inesorabile contrazione del contenzioso lavoristico conseguente alle riforme operate a partire dal 2011 .

2.-Le incertezze interpretative poste dal rito Fornero.
Sin dai primi tempi della sua applicazione nelle aule di giustizia, gli operatori pratici hanno dovuto confrontarsi con le numerose questioni interpretative poste dal rito Fornero, per lo più dovute alla sciatteria tecnica del testo di legge e alla equivocità delle possibili interpretazioni .
Prova ne siano, con riguardo alla tuttora controversa struttura bifasica del primo grado di giudizio, le ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale che, tra il 2014 e il 2016, hanno imposto alla Consulta di pronunciarsi ben quattro volte sulla questione di legittimità dovuta all’ipotizzato contrasto con i principii di terzietà e imparzialità rispetto alla prevista identità tra giudice della fase sommaria e quello della fase di opposizione .
Tra gli aspetti maggiormente controversi della disciplina processuale del rito Fornero figura quello relativo al suo ambito di applicazione e ai rimedi praticabili in caso di errore, tanto è vero che, a distanza di nove anni dalla sua entrata in vigore, non si arresta il flusso di controversie che giungono sino in Cassazione per la mera definizione dei confini rispetto al rito del lavoro codicistico.
Dopo numerosi contrasti, appare ormai condiviso l’orientamento secondo cui rientrano nella previsione dell’art. 1, l. 92/2012 le domande che, quanto al petitum, hanno ad oggetto le tutele di cui all’art. 18 St. lav. (vuoi con riferimento al requisito dimensionale, vuoi con riferimento alla non applicabilità delle tutele crescenti), anche se, con riguardo alla causa petendi, comportino la soluzione di questioni diverse, strumentali alla qualificazione del rapporto di lavoro; non ostano alla trattazione con le forme del rito de quo le questioni che «il giudice deve affrontare e risolvere nel percorso per giungere alla decisione di merito sulla domanda concernente la legittimità o meno del licenziamento»; in tempi recenti si è registrato un ampliamento dell’ambito applicativo, che, oggi, parrebbe esteso anche quelle controversie in cui debba essere accertata, preliminarmente, la natura subordinata del rapporto di lavoro (solo) formalmente riconducibile e qualificato in termini rapporto di lavoro autonomo, di collaborazione, di associazione in partecipazione, etc.
In ogni caso, la giurisprudenza sembra orientata a ritenere che l’ambito applicativo del rito speciale debba determinarsi in base al criterio della prospettazione, la quale consente l’ingresso di tutte le domande che abbiano ad oggetto la tutela reintegratoria di cui all’art. 18 St. lav., essendo irrilevante, a tal fine, che il rapporto di cui si chiede tutela sia diverso da quello formalmente intestato al lavoratore, con il solo limite costituito da prospettazioni manifestamente artificiose ; la giurisprudenza di legittimità è stata investita altresì della soluzione della questione dell’applicabilità del rito Fornero alle controversie in cui sia dedotta in giudizio una dissociazione tra il datore di lavoro formale e quello sostanziale, tra cui: somministrazione illecita e irregolare, appalto illecito, interposizione fittizia manodopera, unico centro di imputazione interessi, co-datorialità, etc. .
Non sono incluse, invece, quelle controversie in cui sia dedotta la nullità del termine apposto al contratto che, dunque, sono volte ad ottenere la conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato sin dalla scadenza del termine, la quale non assurge a recesso illegittimo: in tali casi, trova applicazione la tutela risarcitoria ex art. 32, l. 183/2010, unitamente alla riammissione in servizio, e non la reintegrazione nel posto di lavoro corredata dalla tutela indennitaria di cui all’art. 18 St. Lav.
Più volte la giurisprudenza è stata interessata dalla questione dell’applicabilità del rito Fornero all’azione del datore di lavoro funzionale all’accertamento della legittimità del licenziamento ; parimenti fonte di incertezze applicative è stato il problema della riconducibilità al rito specifico accelerato delle controversie aventi ad oggetto impugnativa di licenziamento di dipendenti pubblici .
Sul concetto di «identità» dei fatti costitutivi (art. 1, comma 48°, l. 92/2012) fiumi di inchiostro sono stati spesi e la questione è stata tra le più dibattute .
La maggior parte degli interpreti è apparsa propensa a ritenere che la nozione debba intendersi come identità parziale di fatti costitutivi, così da comprendere, oltre a fatti costitutivi identici alla domanda di impugnativa del licenziamento, anche fatti ulteriori .
Hanno imposto l’intervento nomofilattico della Cassazione le soluzioni delle questioni in tema di qualificazione del giudizio di opposizione e applicabilità del regime delle impugnazioni incidentali , in tema di rilievo della incompetenza e delle relative preclusioni , nonché quelle relative ai dubbi sul regime di stabilità dell’ordinanza conclusiva della fase sommaria , sulla praticabilità del mutamento di rito e sul regime della relativa ordinanza .

3.-La scelta a favore della «unificazione dei procedimenti di impugnazione dei licenziamenti, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro».
La proposta di unificare i procedimenti di impugnazione e di abbandonare la disciplina del rito Fornero determinerà, qualora l’iter legislativo dovesse perfezionarsi lasciando immutata tale previsione, la riespansione del rito del lavoro codicistico e permetterà agli operatori del diritto di investire le maggiori risorse verso il conflitto sostanziale inter partes anziché verso la soluzione di complicati rebus procedurali.
Le controversie instaurate prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina continuerebbero ad essere assoggettate, se del caso, all’art. 1, commi 47 e ss., l. 92/2012, alla luce della previsione secondo cui, nel quadro del superamento del rito Fornero, si stabilisce «l’applicabilità della disciplina vigente a tutte le impugnazioni successive alla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo».
Se così fosse, probabilmente apparirebbe ultroneo prevedere, come invece fa il n. 2 della lett. c) dell’art. 7, una disciplina transitoria, giacché le impugnative dei licenziamenti proposte prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina resterebbero, nei casi di applicazione dell’art. 18 St. lav., regolate dal rito specifico accelerato, mentre quelle proposte successivamente seguirebbero le forme degli art. 414 e ss. c.p.c.
L’unico lascito della stagione del rito Fornero sarebbe, come anticipato, la previsione del «carattere prioritario della trattazione delle cause di licenziamento».
Mettendo da parte le considerazioni critiche verso lo spirito che anima la incipiente riforma della giustizia, non è complicato prevedere che, in caso di scomparsa del rito speciale de quo, sarebbero ben pochi a nutrire rimpianti.

 

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