Testo integrale con note e bibliografia

Nell’Emendamento-13, sub art. 6-bis, lett. g) si prevede che il giudice di merito, quando deve decidere una questione di diritto sulla quale ha provocato preventivamente il contraddittorio tra le parti, possa sottoporre direttamente la questione alla Corte di cassazione. L’esercizio del potere di rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione è subordinato alla ricorrenza di tre presupposti: (a) la questione deve essere esclusivamente di diritto, non ancora affrontata dalla Corte di cassazione e di particolare importanza; (b) deve presentare gravi difficoltà interpretative; (c) è suscettibile di porsi in numerose controversie. Si contempla poi che il primo presidente della Corte, una volta ricevuta l’ordinanza, entro novanta giorni, si trova di fronte ad una alternativa secca: o dichiara inammissibile la richiesta in caso di insussistenza dei presupposti suddetti, oppure assegna la questione alle sezioni unite o alla sezione semplice tabellarmente competente. In questo secondo caso la Corte decide in pubblica udienza (e non in camera di consiglio), con requisitoria scritta del pubblico ministero e con facoltà per le parti di depositare brevi memorie entro un termine assegnato dalla Corte. Il provvedimento reso dalla Corte è vincolante nel giudizio nel quale è stato disposto in rinvio, effetti vincolante che la decisione conserva anche in caso di estinzione del processo e di riproposizione della stessa domanda nei confronti delle stesse parti. L’ordinanza di rinvio determina la sospensione del processo.
Si tratta di un istituto nuovo che ha tuttavia sul processo un effetto più che negativo: la sospensione del processo che consegue necessariamente, se non proprio automaticamente, alla pronuncia dell’ordinanza di rinvio alla Corte di Cassazione.
Molte perplessità suscita questo nuovo istituto.
Innanzitutto, perché è un controsenso, da un lato, affermare che la riforma del sistema giudiziario deve perseguire la riduzione dei tempi dei processi e, dall’altro, contemplare un intervento che comporta la sospensione del processo che, come è noto, arresta il processo, allunga i tempi di definizione del giudizio ed impedisce sia pure momentaneamente al giudice di decidere e alla parte di avere giustizia. Un istituto che dottrina e giurisprudenza considerano eccezionale perché contrario alla natura del processo. In altri termini, se proprio si vogliono ridurre i tempi dei processi, bisognerebbe eliminare le ipotesi di sospensione e non introdurne di nuove .
In secondo luogo, perché tale previsione, a ben vedere, consente al giudice (sulla base di una sua valutazione discrezionale) di non decidere la questione sottoposta al suo esame, come invece è suo dovere, e di rimettere la causa ad un altro giudice, la Corte di cassazione, che non è tuttavia l’organo esclusivamente competente a decidere questioni di tal genere, come invece accade per l’incidente di costituzionalità di una legge, ove la decisione compete solo alla Corte costituzionale .
Siamo così in presenza di un istituto che esonera il giudice dal dovere decidere.
In terzo luogo, nessuno può assicurare che la Cassazione, che in questo periodo risulta particolarmente oberata di lavoro (le pendenze davanti alla Corte sono cresciute in modo non marginale, del 5,6%, nel periodo 2019/2020) deciderà in tempi brevi (le decisioni sul regolamento di competenza in base agli artt. 47 e 49 dovrebbero essere pronunciate dopo 95 giorni dalla comunicazione della ordinanza sulla competenza, ma come è noto passano in media quindici/sedici mesi). Non solo, perché se il giudice della causa ha rinviato alla Corte di Cassazione una questione non nuova, non suscettibile di riproporsi in numerosi altri casi, il processo sarà stato sospeso del tutto inutilmente e le parti avranno subito un indubbio pregiudizio. Basti al riguardo considerare le numerose pronunce della Cassazione che hanno cassato le ordinanze di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c., avendo la Cassazione ritenuto non ricorrere la previsione legale.
In quarto luogo, l’esempio portato a pag. 3 delle Proposte presentate dalla Commissione presieduta dal prof. Luiso per giustificare questa novità non è pertinente. In quell’occasione (su quale parte incombesse l’onere di avviare il procedimento di mediazione dopo la concessione del decreto ingiuntivo) la Corte di Cassazione aveva indicato il soggetto onerato nell’opponente (Cass. 3 dicembre 2015, n. 24629 ). Eppure, diversi giudici di merito non avevano condiviso quella decisione ed avevano affermato che onerato era l’opposto, tanto che, ripresentatasi la questione in Cassazione, la terza sezione civile, con ordinanza interlocutoria 12 luglio 2019, n. 18741 , ha rimesso gli atti al Primo Presidente ai fini dell'eventuale trattazione del ricorso da parte delle Sezioni Unite, ravvisando una questione di massima di particolare importanza in ordine all'individuazione della parte - opponente o opposto - che è tenuta a promuovere la procedura di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Sezioni unite che hanno indicato il soggetto obbligato nell’opposto, ribaltando la soluzione data nel 2015 (Cass. 18 settembre 2020, n. 19596 ). Proprio questo caso specifico porta a concludere nel senso che non è detto che la decisione della Cassazione sulla questione convinca i giudici di merito, davanti ai quali quella questione dovesse presentarsi, a decidere in conformità, dal momento che i giudici sono soggetti solo alla legge (art. 101, 2° comma, cost.).
Infine, cosa succede se la questione di diritto si presenta dinanzi al giudice del lavoro e riguarda l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale di lavoro, questione mai decisa dalla Cassazione, che presenta gravi difficoltà interpretative e che certamente è suscettibile di porsi in numerose controversie . Si applicherà il nuovo rinvio pregiudiziale oppure la disciplina dettata nell’art. 420-bis c.p.c.? A mio avviso non dovrebbero esserci dubbi circa l’applicazione di questa seconda disposizione: il giudice della causa di merito deve decidere, in via pregiudiziale, con sentenza la questione concernente l’efficacia, la validità o l’interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale di lavoro; la parte soccombente potrà impugnare la decisione, nel qual caso dovrà proporre soltanto il ricorso in cassazione; il processo sarà sospeso dalla data del deposito presso la cancelleria del giudice copia del ricorso per cassazione. Si tratta infatti di una previsione specifica per le controversie di lavoro.

 

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