testo integrale con note e bibliografia
La disciplina proposta dal Gruppo.
L’articolo 6 della proposta di riforma riguarda il regime sanzionatorio del licenziamento illegittimo per i datori di lavoro sotto-soglia. La soluzione proposta dal Gruppo conferma l’assenza della reintegra ma cancella anche la possibilità di riassunzione attualmente prevista dall’art. 8 della l. 604/1966 per i “vecchi assunti”, prevedendo, quindi, un regime indennitario generalizzato.
È previsto che, per i datori di lavoro sotto soglia (il cui perimetro è rimasto pressoché invariato), in caso di licenziamento annullabile – con esclusione, dunque, delle ipotesi di nullità – trovi applicazione una sanzione indennitaria compresa tra quattro e dodici mensilità se l’anzianità del dipendente non supera i dieci anni, e tra quattro e diciotto mensilità se l’anzianità è superiore. Inoltre è previsto che la misura massima della predetta indennità sia ridotta alla metà nel caso di vizi procedurali o di datori di lavoro che occupino sino a cinque dipendenti o a tre se imprenditori agricoli.
Tale sistema sanzionatorio, nelle intenzioni del Gruppo, doveva essere «un sistema di indennizzo rafforzato rispetto a quanto previsto dall’art. 9 del contratto a tutele crescenti» tenendo conto della sentenza monito della Corte Costituzionale n. 183/2022.
1. Gli effetti della sentenza n. 118/25 della Consulta sulla proposta di riforma.
Tuttavia, nelle more, è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 118/2025, che, in sintesi, ha dichiarato l’illegittimità del tetto massimo di sei mensilità previsto dall’art. 9, comma 1, del d.lgs. 23/2015 lasciando in vigore il dimezzamento delle indennità rispetto a quelle previste per le imprese di maggiori dimensioni. Ciò significa che oggi, a seguito della pronuncia, l’indennità per licenziamento illegittimo nelle piccole imprese può variare da tre a diciotto mensilità in caso di licenziamento ingiustificato e da una a sei mensilità in presenza di vizi formali o procedurali.
Il sistema proposto dal Gruppo non sembra, pertanto, rafforzare l’indennizzo previsto dall’art. 9 cit., poiché, sebbene sia previsto un incremento del minimo, il limite massimo risulta sostanzialmente inferiore a quello attualmente vigente, salvo il caso del vizio formale.
Con riferimento al regime indennitario proposto, poiché il Gruppo si prefiggeva di rafforzare l’indennizzo e dunque di delineare una sanzione più favorevole al lavoratore, l’obiettivo non risulta pienamente conseguito; pertanto, appare preferibile mantenere l’attuale disciplina risultante dalla pronuncia della Consulta, estendendola anche ai “vecchi assunti”, e, magari, con la correzione in aumento della soglia minima e di quella per il vizio formale.
2. La mancata adozione di criteri alternativi al numero dei dipendenti
La Corte Costituzionale nella sentenza monito n. 183/2022 ha espressamente affermato che il numero dei dipendenti – cui viene conferito rilievo sostanzialmente esclusivo nella selezione delle tutele - non rispecchia l’effettiva forza economica del datore di lavoro, né la gravità del licenziamento arbitrario, né, inoltre, fornisce parametri plausibili per una liquidazione del danno che tenga conto delle peculiarità delle singole vicende. Ha, poi, ricordato come il solo numero di occupati non è un criterio idoneo, poiché anche realtà con pochi dipendenti possono disporre di ingenti capitali e volumi d’affari, definendo il dato numerico «sprovvisto di per sé di una significativa valenza». Nella medesima sentenza, la Consulta ha indicato al legislatore la necessità di individuare criteri distintivi più duttili e articolati, che non si limitino al numero degli occupati ma si raccordino alle differenze tra le varie realtà organizzative e ai diversi contesti economici in cui esse operano.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 188/2025, constatata l’inerzia del legislatore, è nuovamente intervenuta adottando l’intervento ablativo sopra richiamato e rinnovando l’invito al legislatore a modificare la disciplina, precisando che il numero dei dipendenti non può costituire l’unico indice della forza economica del datore di lavoro e che devono essere considerati anche altri fattori, quali fatturato e bilancio, già individuati dalla normativa europea e nazionale come criteri integrativi.
A fronte del reiterato invito della Corte Costituzionale, appare insoddisfacente la scelta del Gruppo di mantenere il solo criterio numerico dei dipendenti, escludendo criteri alternativi ritenuti di difficile adattamento e suscettibili di generare incertezze applicative.
Per completezza, si deve evidenziare che, ai sensi del terzo comma dell’art. 6 della proposta di riforma, viene chiarito che la misura dell’indennità deve essere individuata con i criteri indicati all’art. 4, comma 2, fra i quali vi è una limitata novità costituita dal riferimento alla consistenza e all’andamento economico del datore di lavoro. Tale inciso, però, inserito nella regola generale per l’individuazione della misura dell’indennità nell’intervallo predeterminato, non è appagante, non costituendo un criterio per selezionare il regime di tutela come indicato dalla Consulta.
3. Una proposta di soluzione.
Oltre alla facile critica della proposta indotta dall’evoluzione della giurisprudenza costituzionale (ignota ai redattori), può essere utile cimentarsi a trovare una soluzione alternativa a quella contenuta nella proposta di riforma.
Seguendo le indicazioni della Consulta, che invita ad utilizzare criteri fondati su fatturato e bilancio, una possibile soluzione potrebbe mutuare gli sperimentati criteri contenuti nella legge fallimentare e ripresi dal CCII (Codice della crisi e dell’insolvenza, d.lgs. 14/2019) per individuare l’impresa minore. Nello specifico, l’art. 2 del CCII definisce come impresa minore quella che possiede congiuntamente determinati requisiti numerici relativi all’attivo patrimoniale, ai ricavi e all’indebitamento.
Sulla base di ciò una possibile soluzione potrebbe prevedere che, ai datori di lavoro imprenditori che abbiano un numero di dipendenti inferiore alla soglia indicata nell’art. 6, commi 1 e 2 della proposta di riforma - superata la quale sarebbe comunque applicata la tutela maggiore – dovrebbe essere applicata la sola tutela indennitaria oggi contenuta nell’art. 9 del d.lgs 23/15 come modificato dalla sentenza 188/25 della Consulta, qualora, nei tre esercizi antecedenti la data del licenziamento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, abbiano realizzato un attivo patrimoniale annuo oppure ricavi lordi complessivi annui inferiori ad importi che potranno essere determinati con cifre prossime a quelle indicate dal CCII.
Il problema si pone per i datori di lavoro non imprenditori per i quali difetta l'attività economicamente organizzata per trarre profitto. In questa sede non ci si può che limitare a sintetiche e manchevoli riflessioni.
I datori di lavoro non imprenditori, nella maggior parte dei casi, definiscono il loro conto economico raccogliendo i ricavi e i costi di un determinato periodo per individuare il risultato economico e verificare, ove necessario, l’assenza di lucro. In questo caso, la scelta della tutela potrebbe basarsi genericamente su una determinata entità del volume delle entrate, di qualsiasi natura, quale indicatore effettivo della consistenza e dell’andamento economico richiamati anche dalla proposta di riforma all’art. 4, comma 2.
4. Conclusioni
La proposta del Gruppo Frecciarossa in materia di regime sanzionatorio del licenziamento annullabile per i piccoli datori di lavoro, a sommesso avviso di chi scrive, risulta superata dagli interventi della Corte costituzionale e, quindi, non assicura un effettivo rafforzamento delle tutele. La rigidità del criterio numerico non è conforme ai principi costituzionali e comunitari: occorre, invece, adottare parametri economico-finanziari più articolati (fatturato, bilancio) capaci di riflettere la reale solidità del datore di lavoro. Una riforma efficace deve pertanto andare oltre la mera dimensione occupazionale e garantire un’effettiva tutela al lavoratore ingiustamente licenziato, valorizzando gli spunti offerti dal Codice della crisi e dell’insolvenza.
