Testo integrale con note e bibliografia

Testo della sentenza

 

SOMMARIO
1) Premessa. 2) La pronuncia dell’Adunanza plenaria. 3) Conclusioni.

1. Premessa

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 9 del 25 giugno 2018 , ha scritto l’ultimo capitolo di quella che è stata giustamente definita “una sorta di telenovela giurisdizionale” .
E’ necessario un breve riassunto delle principali tappe della vicenda .
Il tribunale amministrativo regionale del Lazio, con alcune sentenze del maggio 2017 , aveva annullato le nomine dei direttori di alcuni musei di rilevante interesse nazionale privi della cittadinanza italiana, in quanto ritenute contrarie alla riserva di nazionalità prevista dalla vigente normativa in materia (in particolare il D.P.C.M. 7 febbraio 1994, n. 174) per i posti di livello dirigenziale delle amministrazioni statali.
A pochi mesi di distanza dalle citate pronunce il Consiglio di Stato, su una vicenda analoga, è pervenuto a conclusioni di tenore opposto a quelle del giudice di primo grado , disponendo, alla luce del primato del diritto eurounitario su quello nazionale, la disapplicazione del D.P.C.M. n. 174/94 e affermando la legittimità della nomina di cittadini non italiani, in quanto le funzioni attribuite al direttore di museo non implicano spendita di pubblici poteri, ma lo svolgimento di attività prevalentemente di gestione economica e tecnica .
Tuttavia, il medesimo Consiglio di Stato a inizio 2018 ha ribaltato tali conclusioni , ritenendo di non poter procedere alla disapplicazione del D.P.C.M. n. 174/94 e di deferire la questione all’Adunanza plenaria alla luce dell’evidente contrasto interpretativo tra le due pronunce (tra l’altro emesse dalla medesima sezione) .

2) La pronuncia dell’Adunanza plenaria
La sentenza/ordinanza di rimessione all’Adunanza plenaria ha ritenuto non possibile la disapplicazione del D.P.C.M. n. 174/94 per ragioni di ordine processuale, sostanziale e costituzionale
Per quanto concerne le prime, la pronuncia ha prospettato il dubbio di poter procedere alla disapplicazione del D.P.C.M. n. 174/94 in assenza di uno specifico motivo di appello.
Per le ragioni di ordine sostanziale, secondo la sentenza/ordinanza la deroga al principio di libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea non opera per i dirigenti ministeriali, tra cui i direttori di musei di rilevante interesse nazionale, in quanto titolari di importanti funzioni autoritative, nonché referenti naturali ed esclusivi dell’organo politico per attuare il programma di governo e responsabili della salvaguardia degli interessi generali dello Stato nello specifico settore di amministrazione affidato.
La disapplicazione del D.P.C.M. n. 174/94 risulta, infine, preclusa dagli articoli 51 e 54 della Costituzione, che, nel riferirsi non al pubblico impiego complessivamente inteso, ma più limitatamente agli “uffici pubblici” e alle “funzioni pubbliche”, sono conformi ai principi del diritto europeo in materia, come declinati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia.
L’Adunanza plenaria, anzitutto, ha affermato, sulla scorta della giurisprudenza costituzionale , che, in forza del principio del primato del diritto eurounitario, il giudice amministrativo deve disapplicare le disposizioni interne, di legge e regolamentari, che contrastano col suddetto diritto. Tale affermazione si pone in perfetta linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo cui la piena applicazione del principio del primato del diritto eurounitario comporta non solo la disapplicazione della norma nazionale contraria alla norma dell’Unione direttamente efficace (cd. disapplicazione primaria), ma anche di tutte le altre norme, in particolare di carattere processuale, che impediscono di porre rimedio a una situazione contrastante con il diritto dell’Unione (cd. disapplicazione secondaria) .
Il punto centrale della pronuncia dell’Adunanza plenaria riguarda l’interpretazione della deroga al principio della libera circolazione dei lavoratori per “gli impieghi nella pubblica amministrazione” prevista dall’art. 45, par. 4 TFUE. E’ indispensabile, a tal fine, il richiamo alla lettura restrittiva della suddetta deroga fornita dalla Corte di Giustizia, secondo cui la riserva di nazionalità per l’accesso agli impieghi nelle amministrazioni pubbliche necessita della compresenza di due condizioni: l’impiego deve comportare l’esercizio di pubblici poteri e deve riguardare la tutela degli interessi generali dello Stato o di pubbliche collettività .
La Plenaria richiama un caso sottoposto proprio dal Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia riguardante la nomina di un cittadino greco a presidente di un’autorità portuale italiana: secondo la Corte, benché la normativa italiana attribuisca al presidente di autorità portuale anche funzioni implicanti l’esercizio di poteri d’imperio (come l’adozione di ordinanze a salvaguardia dei beni demaniali e della navigabilità del porto), esse costituiscono solo una parte marginale dell’attività, la quale presenta in generale carattere tecnico e di gestione economica . Secondo tale interpretazione, pienamente recepita dal Consiglio di Stato , la riserva di nazionalità opera solo per le attività caratterizzate dalla prevalenza di poteri pubblicistici rispetto alle altre funzioni attribuite.
Per quanto concerne i direttori di musei di rilevanza nazionale, l’Adunanza plenaria afferma che dall’analisi delle funzioni ad essi attribuite emerge la prevalenza non di poteri pubblicistici, ma di funzioni di natura gestionale, organizzativa e promozionale, per cui non può trovare applicazione la riserva di nazionalità di cui al D.P.C.M. n. 174/94.
L’Adunanza plenaria, infine, esclude che la riserva di nazionalità, di cui al D.P.C.M. n. 174/94, troverebbe fondamento negli articoli 51 e 54 della Costituzione: l’art. 51, infatti, è una norma volta a garantire l’uguaglianza nell’accesso ai pubblici uffici, ma non a riservarlo ai cittadini italiani ; l’art. 54 persegue lo scopo di stabilire come devono essere adempiute le funzioni pubbliche.
Alla luce delle argomentazioni sinteticamente riportate l’Adunanza plenaria ha statuito l’illegittimità de iure communitario delle disposizioni del D.P.C.M. n. 174/94, che impediscono in modo assoluto ai cittadini dell’Unione europea l’accesso ai posti di livello dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, disponendo la disapplicazione delle stesse.

3) Conclusioni
La sentenza n. 9 del 2018 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha posto fine a una lunga vicenda non solo giurisdizionale.
A questo punto è indispensabile che il legislatore, tenendo conto delle conclusioni della suddetta pronuncia, aggiorni la normativa in materia risalente al 1994 , al fine di conformarla al diritto dell’Unione europea .

 

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