testo integrale con note e bibliografia

 La norma del c.d. “decreto lavoro” relativa al caso Alitalia
L’art. 31 del D.L. n. 48/2023, conv. con modificazioni in L. n. 85/2023 (c.d. “decreto lavoro”), si inserisce nel contesto dell’annosa vicenda relativa ad Alitalia, caratterizzata da un lungo stato di crisi e da numerosi tentativi di salvataggio della compagnia aerea di bandiera da parte del governo .
La norma, in particolare, costituisce una tappa nella procedura di amministrazione straordinaria di Alitalia SAI, attivata nel 2017 , nell’ambito della quale, da ultimo, veniva adottato un programma volto alla cessione dei beni della società, ai sensi dell’art. 27, comma 2, lett. b-bis), D.Lgs. n. 270/1999 .
A fronte delle difficoltà nel trovare un acquirente, si perveniva alla decisione di costituire una nuova società, sottoposta a controllo pubblico, che operasse quale nuova compagnia di bandiera, cui cedere alcuni degli asset di Alitalia SAI : veniva così costituita Italia Trasporto Aereo S.p.A. (“ITA”), divenuta operativa il 15 ottobre 2021 a seguito del «contratto di cessione del complesso di beni e contratti» stipulato con Alitalia SAI.
Parallelamente è proseguita l’amministrazione straordinaria di Alitalia SAI e con l’art. 31 del “decreto lavoro” sono state previste disposizioni in tema di «completamento dell’attività liquidatoria» della società: al comma 1, in particolare, si è stabilito che l’esecuzione del programma ex art. 27, comma 2, lett. b-bis), D.Lgs. n. 270/1999 sopra citato consentirà la pronuncia da parte del tribunale della «cessazione dell’esercizio dell’impresa», ai sensi dell’art. 73 D.Lgs. n. 270/1999. Al comma 2, poi, è stato precisato che i proventi dell’attività liquidatoria «sono prioritariamente destinati al soddisfacimento in prededuzione dei crediti verso lo Stato».
La disposizione offre l’occasione per riaprire la discussione – per il vero mai sopita – sulla nozione di trasferimento di ramo d’azienda, al fine di verificare se la vicenda traslativa tra Alitalia SAI e ITA possa rientrarvi o meno (§2).
Dal momento che tale cessione si è perfezionata con Alitalia SAI in amministrazione straordinaria, sarà, altresì, possibile svolgere alcune considerazioni circa il trasferimento d’azienda in crisi (§3). A tale ultimo riguardo, infatti, le più ampie possibilità di deroga dell’art. 2112 c.c. sono concesse in caso di imprese soggette a procedure concorsuali con finalità liquidatoria, finalità espressamente riconosciuta dal legislatore della norma in commento per l’amministrazione straordinaria di Alitalia SAI.
2. La configurabilità della vicenda traslativa Alitalia SAI-ITA quale trasferimento di ramo d’azienda
2.1 La fattispecie nell’ordinamento multilivello
Nel tentativo di ricostruire per sommi capi la nozione di trasferimento di ramo d’azienda, va premesso che tale istituto è regolato da un intreccio di fonti normative nazionali ed eurounitarie, in cui assume rilievo l’opera interpretativa della giurisprudenza .
L’art. 2112, comma 5, c.c. attualmente in vigore – frutto di diversi processi di adeguamento rispetto all’ordinamento eurounitario – definisce il trasferimento di ramo d’azienda quale «articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento» . Rispetto alla versione precedente della norma è venuto meno il riferimento alla necessità che il ramo d’azienda sia anche preesistente (§2.3).
A ben vedere, costituisce una peculiarità dell’ordinamento italiano la definizione specifica del trasferimento di ramo d’azienda, separata rispetto a quella di trasferimento d’azienda in generale .
Nella direttiva 2001/23/CE, tali ipotesi vengono trattate unitariamente, quale trasferimento «di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria» (art. 1 dir. 2001/23/CE).
Per questo motivo, nella ricostruzione della fattispecie non può prescindersi dalla giurisprudenza eurounitaria sul concetto di trasferimento d’azienda.
2.2 L’autonomia funzionale del ramo d’azienda
Partendo dalla fine, considerando gli approdi della più recente giurisprudenza – tra cui si annoverano, altresì, alcune delle decisioni sulla vicenda Alitalia SAI-ITA – il ramo d’azienda si considera provvisto di autonomia funzionale laddove tra gli elementi trasferiti al cessionario sussista un «nesso funzionale di interdipendenza e complementarità» .
Per riempire di significato la locuzione appena richiamata, si deve prendere le mosse dal concetto di «entità economica» (art. 1 dir. 2001/23/CE), così come ricostruito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea .
Quest’ultima, in particolare, ha precisato la propria posizione nella pronuncia Süzen , in cui si afferma il principio per cui «un’entità non può essere ridotta all’attività che le era affidata» , dal momento che «la nozione di entità si richiama […] ad un complesso organizzato di persone e di elementi che consentono l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo» . Per valutare se tale presupposto sussista o meno vi sono vari elementi che devono essere considerati – non isolatamente – come «il tipo di impresa o di stabilimento in questione, la cessione ö meno di elementi materiali, quali gli edifici e i beni mobili, il valore degli elementi immateriali al momento della cessione, la riassunzione o meno della maggior parte del personale da parte del nuovo imprenditore, il trasferimento o meno della clientela, nonché il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione e la durata di un’eventuale sospensione di tali attività» .
Successivamente la Corte di giustizia ha specificato ulteriormente la portata del concetto di «entità economica», affermando che, al fine di ritenere applicabile la tutela della continuità dell’occupazione, è necessario interpretare la locuzione di cui all’art. 1, par. 1, lett. a) unitamente ai requisiti richiesti alla lett. b). In altre parole, è un’entità economica rilevante nei termini della direttiva quella che «conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria».
E tale ultima espressione viene intesa nel senso che ciò che è necessario per l’attivazione della protezione di cui alla direttiva è «il mantenimento del nesso funzionale di interdipendenza e complementarità fra tali fattori» .
Il principio è stato, poi, ripreso anche dalla giurisprudenza interna relativa al trasferimento di ramo d’azienda .
Alla luce della valorizzazione della dimensione dinamica della vicenda traslativa, per la configurabilità di un trasferimento di ramo d’azienda il giudizio dovrebbe, dunque, incentrarsi sulla verifica della conservazione da parte del ramo della «attitudine a produrre quel bene o quel servizio che già produceva prima della sua cessione» .
Ed è proprio sulla base di tali argomentazioni che in due pronunce – a quanto consta – sul caso Alitalia SAI-ITA viene ritenuta la sussistenza di un trasferimento di ramo d’azienda ai sensi dell’art. 2112, comma 5, c.c. .
Si sostiene, infatti, che sono passati da Alitalia SAI a ITA aeromobili, rotte, slots e personale navigante e di terra, «fattori di produzione ed elementi organizzati che, nel passaggio dal 14 ottobre 2021 al 15 ottobre 2021, mostrano di non aver subito modificazione alcuna e di esser connotati dal medesimo nesso funzionale originario» .
Tale esito sembra condivisibile, anche alla luce delle ampie argomentazioni fornite sul punto nelle due decisioni citate .
Di contro, nelle pronunce in cui è stata esclusa l’applicazione dell’art. 2112 c.c. si è fatto leva, da un lato, sul fatto che ITA abbia acquisito solo parte dei beni e servizi del ramo aviation e, dall’altro, sulla circostanza per cui «tali beni sono stati inseriti in una nuova organizzazione aziendale, con un perimetro di attività ridotto rispetto a quello di Alitalia e finalizzata ad una migliore efficienza dei costi e a un minore impatto ambientale» .
Sul punto, invero, poteva essere maggiormente valorizzato l’argomento della giurisprudenza eurounitaria, per cui i fattori trasferiti al cessionario ben possono essere integrati, dopo il trasferimento, in una nuova diversa struttura organizzativa al fine di continuare un’attività economica identica o analoga, senza che ciò escluda la sussistenza di un trasferimento di ramo d’azienda . Come pure lo stesso fatto che la cessione sia avvenuta il 14 ottobre 2021 e già il giorno successivo ITA era in grado di svolgere la medesima attività organizzata di Alitalia SAI fa propendere per la tesi dell’applicabilità dell’art. 2112 c.c.
Censurabili appaiono, invece, le decisioni in cui, per escludere il trasferimento di ramo d’azienda, è stata data rilevanza alla decisione della Commissione europea sulla discontinuità economica tra Alitalia SAI e ITA, nell’ambito di una questione – articolata – in tema di aiuti di stato . Tale valutazione è, infatti, del tutto diversa dal giudizio sulla sussistenza di un trasferimento di ramo d’azienda, né può avere un qualche effetto su quest’ultimo .
2.3 La preesistenza del ramo d’azienda
Tanto succintamente detto circa la nozione di ramo d’azienda, non può, tuttavia, ignorarsi il dibattito in ordine alla necessità o meno che quest’ultimo, oltre che funzionalmente autonomo, debba altresì essere preesistente alla cessione (dibattito di cui pure può darsi conto solo per brevi cenni).
Parte della dottrina ritiene, infatti, che, nonostante la formale espunzione dall’art. 2112 c.c. del requisito della preesistenza del ramo d’azienda, quest’ultimo non possa che essere ritenuto ancora immanente nella fattispecie, dal momento che: (i) la direttiva fa riferimento alla conservazione dell’identità della parte di impresa nella cessione; (ii) altrimenti ragionando, cedente e cessionario potrebbero costituire il ramo d’azienda ad hoc, con finalità elusive della disciplina inderogabile.
I sostenitori della tesi opposta valorizzano, invece, (i) il dato letterale dell’art. 2112 c.c., a seguito della modifica operata dal D.Lgs. n. 276/2003; (ii) le indicazioni di cui alla pronuncia Amatori della Corte di giustizia, sulla compatibilità con il diritto eurounitario di una normativa nazionale in cui la preesistenza non sia richiesta come requisito di applicabilità della direttiva ; (iii) la considerazione per cui il dibattito circa la necessaria preesistenza o meno del ramo d’azienda sarebbe, in realtà, un falso problema .
A tal ultimo proposito, la preesistenza non costituirebbe un carattere che, da solo, può essere in grado di determinare una vera linea di confine tra ciò che costituisce un ramo d’azienda ex art. 2112 c.c. e ciò che, invece, non lo è.
In definitiva, il giudizio sulla preesistenza verrebbe a sovrapporsi a quello circa l’autonomia funzionale del ramo ceduto. Laddove, infatti, si escluda la configurabilità di un trasferimento di ramo d’azienda , la decisione trova la sua ratio profonda nel giudizio di insussistenza della autonomia funzionale del ramo e non della sua mancata preesistenza. È, infatti, solo il primo dei due requisiti appena citati quello in grado di qualificare la fattispecie in maniera assorbente.
Ciò è vero anche con riferimento alle pronunce relative alla vicenda Alitalia SAI-ITA, in cui – pur premettendosi ampi excursus sulla giurisprudenza nazionale che valorizza il requisito della preesistenza – il cuore delle decisioni può essere rinvenuto nella valutazione di cui si è detto.
Tale tesi sembra, peraltro, più in linea con l’interpretazione che la Corte di giustizia dà della locuzione «che conserva la propria identità» (§2.2, nota 22).
3. Il trasferimento di ramo d’azienda in amministrazione straordinaria
La vicenda traslativa Alitalia SAI-ITA consente altresì un breve affondo nell’ambito della disciplina del trasferimento d’azienda in crisi, caratterizzata per la frammentarietà, dato il difficile coordinamento tra norme dettate nell’ambito del diritto del lavoro e quelle più proprie del diritto concorsuale .
La disposizione fondamentale è l’art. 47 L. n. 428/1990, più volte nel mirino della Corte di giustizia. La giurisprudenza europea degli anni ‘90 del secolo scorso aveva, infatti, escluso la compatibilità della disposizione – nella sua prima formulazione – alla direttiva, nella parte in cui consentiva la deroga al trasferimento dei rapporti di lavoro in caso di impresa in stato di crisi, non potendosi equiparare tale ultima ipotesi alle procedure concorsuali con finalità tipicamente liquidatoria, in cui veniva ammessa la suddetta deroga .
Sulla scia di tale giurisprudenza, il legislatore eurounitario ha, poi, precisato, nell’art. 5, par. 1, direttiva 2001 , i contorni di tale deroga, prevedendo la sua applicazione nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un’autorità pubblica competente.
Dopo un procedimento di infrazione , l’art. 47 L. n. 428/1990 è stato riformulato, con la previsione di un comma 4-bis, interpretato come riferibile ai casi in cui la procedura concorsuale non abbia finalità liquidatoria, nell’ambito del quale è possibile una modifica delle condizioni di lavoro; e con l’eliminazione dal comma 5 del riferimento alle imprese di cui fosse dichiarato lo stato di crisi .
Da ultimo, la norma è stata ulteriormente modificata da parte del c.d. Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, in vigore dal 15 luglio 2022 e, dunque, inapplicabile al caso Alitalia SAI-ITA .
Nel caso che qui ci occupa, Alitalia SAI è sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria e, sul punto, la norma fondamentale è l’art. 56, comma 3-bis, D.Lgs. n. 270/1999, che esclude che costituiscano trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda le operazioni di attuazione dei programmi di cessione dei beni aziendali, ai sensi dell’art. 27, comma 2, lettere a) e b-bis), «in vista della liquidazione dei beni del cedente» .
I problemi di coordinamento rispetto alla disciplina lavoristica sono rilevanti, anche considerando che tale disposizione è precedente rispetto alla riformulazione dell’art. 47 L. n. 428/1990 dovuta al procedimento di infrazione. Vi è, così, chi ritiene che l’art. 56 del D.Lgs. n. 270/1999 debba ritenersi implicitamente abrogato .
In secondo luogo, i dubbi interpretativi derivano dal carattere tutt’altro che perspicuo del discrimen sancito dal diritto eurounitario, relativo alla finalità liquidatoria o meno della procedura, al fine di poter o meno derogare alla regola della continuità dell’occupazione .
Tale criterio, infatti, non è di facile applicazione in una procedura quale l’amministrazione straordinaria – con natura conservativa – e i diversi esiti delle pronunce relative alla vicenda traslativa Alitalia SAI-ITA sembrano da ricondursi – altresì – alla inadeguatezza del principio della finalità liquidatoria della procedura concorsuale a costituire una linea di demarcazione sicura tra casi in cui si può derogare alla continuità dell’occupazione e casi in cui è concessa solo una modifica alle condizioni del lavoro.
In tema di amministrazione straordinaria, peraltro, l’art. 47 L. n. 428/1990 prevede che quest’ultima rientri nella deroga prevista dal comma 4-bis, «in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività», mentre, laddove ciò non sia disposto, si ricade nel comma 5.
Sul punto, è stato osservato che ragionare in termini di continuazione o meno dell’attività nel caso della amministrazione straordinaria è fuorviante, dovendosi, invece, ritenere sussistente la finalità liquidatoria della procedura di amministrazione straordinaria nel caso dell’adozione dei programmi ex art. 27, comma 2, lettere a) e b-bis) del D.Lgs. n. 270/1999 e non in quelli volti ad una ristrutturazione aziendale .
In questo senso si leggerebbe, dunque, l’art. 56, comma 3-bis, come una norma speciale rispetto all’art. 47 L. n. 428/1990, e non contraria rispetto alla normativa eurounitaria .
Così si è pronunciato il Tribunale di Milano nelle decisioni citate relative al caso Alitalia SAI-ITA, in cui: (i) è stata esclusa la contrarierà dell’art. 56, comma 3-bis, alla normativa eurounitaria e la sua implicita abrogazione; (ii) la disposizione è stata considerata norma di disciplina e non di fattispecie e, come tale, compatibile con la mancata applicazione dell’art. 2112 c.c. alle ipotesi di cui si tratta; (iii) la finalità liquidatoria dell’amministrazione straordinaria di Alitalia SAI è stata ritenuta innegabile e, da ultimo, confermata dalla norma che è occasione di questo scritto.
In tali pronunce, nessun rilievo viene dato alla circostanza che la prosecuzione dell’attività aziendale da parte di Alitalia SAI sia durata a lungo.
Sul punto, posizione diversa ha espresso il Tribunale di Roma, che valorizza il fattore della prosecuzione dell’attività da parte di Alitalia SAI, escludendo che parte resistente abbia offerto la prova che ciò «altro scopo non abbia avuto se non quello di evitare il progressivo deterioramento del valore dell’impresa in vista della sua liquidazione» .
Il contrasto interpretativo appena descritto permette di chiedersi se sia opportuno consentire al giudice una valutazione, caso per caso, circa l’effettiva sussistenza della finalità liquidatoria nell’amministrazione straordinaria o se, viceversa, tale finalità debba essere considerata presente in virtù di un automatismo che la ricollega all’adozione dei programmi di cui all’art. 27, comma 2, lettere a) e b-bis).
Probabilmente, sembra preferibile la prima delle opzioni citate, che consentirebbe al giudice un’opera di vero adeguamento dell’art. 56, comma 3-bis, al diritto eurounitario, anche considerando che la disposizione in parola è precedente rispetto alla versione dell’art. 47 L. n. 428/1990 post procedimento di infrazione.
Un’impostazione formalistica – seppur preferibile dal punto di vista della certezza del diritto – potrebbe, infatti, consentire un ricorso strumentale ai programmi previsti dal D.Lgs. n. 270/1999, anche in considerazione del fatto che tali programmi possono avere un contenuto ibrido di cessione o ristrutturazione .
Dal momento che dalla finalità liquidatoria o meno della procedura deriva la disapplicazione di garanzie importanti per il lavoratore, un maggiore controllo giudiziario sul punto non può che essere salutato con favore.
Un argomento spendibile a favore di questa tesi fa leva sulla lettera dell’art. 56, comma 3-bis, il quale, ove richiama i programmi ex art. 27, comma 2, lettere a) e b-bis), per escludere in tal caso l’applicazione dell’art. 2112 c.c., circoscrive il richiamo precisando che deve trattarsi di programmi con finalità liquidatoria. Ove tale ultima finalità fosse da ritenersi immanente nei programmi richiamati, non sarebbe stata necessaria alcuna precisazione.

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